Psicologia del bambino adottato

Nel 2013, invece, i ricercatori Jordan e Dempsey hanno condotto uno studio qualitativo mirato, come i precedenti, ad esplorare i fattori influenti per lo sviluppo dell’identità adottiva, ma cercando di assumere la prospettiva dei veri protagonisti di questa tematica, ossia delle persone con alle spalle un’esperienza di adozione (Jordan & Dempsey, 2013). Anziché cercare di confermare un’ipotesi di partenza, infatti, gli autori hanno sottoposto un campione di 14 adulti adottati (12 femmine e 2 maschi), di età compresa fra i 18 e i 58 anni, ad un’intervista semi strutturata dalla cui analisi sono stati ricavati gli aspetti più centrali e salienti nel determinare l’identità di queste persone. Attraverso tale metodologia, sono stati individuati quattro punti fondamentali

● fasi dello sviluppo cognitivo nel comprendere l’adozione (stages in cognitive understanding of adoption): tutti i partecipanti, infatti, hanno riferito che la propria esperienza come figli adottivi ha assunto diversi significati e implicazioni nel corso della loro vita, passando da una fase infantile in cui non comprendevano appieno cosa significasse essere adottati a momenti di insicurezza e rabbia in adolescenza. Tristezza, sensazione di essere stati abbandonati e difficoltà nelle relazioni sono state riscontrate all’inizio dell’età adulta; inoltre, i partecipanti più anziani hanno riportato sensazioni di rabbia e disappunto nel realizzare come la propria storia di bambini adottati fosse l’origine delle principali difficoltà e sofferenze incontrate nella loro vita.
● negoziazione nella formazione dell’identità (negotiating identity formation): questo aspetto ha a che fare con le difficoltà riscontrate dai partecipanti nello sviluppare una visione di sé coerente a causa delle poche informazioni riguardo alla propria storia. La mancanza di conoscenze intorno alle proprie origini costituirebbe infatti un ostacolo nel costruire la propria identità, come se, nel libro della propria vita, alcune pagine fossero state strappate con violenza e rese irrecuperabili.
● impatto dell’adozione sulle dinamiche relazionali (the impact of adoption on relational dynamics): tutti i partecipanti hanno riscontrato cospicue difficoltà nell’instaurare relazioni intime, caratterizzate da mancanza di fiducia nell’altro e paura dell’abbandono. A volte queste insicurezze si sono tradotte nel bisogno di formarsi una famiglia molto precocemente, mentre in altri casi hanno comportato un evitamento delle relazioni per timore di essere respinti e rifiutati.
● Supporto e strategie di coping delle persone adottate (adopted individuals’ support and coping processes): la maggior parte dei partecipanti ha riferito di non aver richiesto un aiuto psicologico o un supporto esterno, a causa anche dell’inconsapevolezza, in giovane età, del fortissimo impatto di questi aspetti nella loro vita. Molti hanno ammesso di aver fatto uso di droghe e alcool come rimedio alle loro insicurezze e paure; anche il sostegno fornito dai genitori adottivi e la possibilità di esprimere le proprie emozioni con loro sembra fondamentale, anche se alcuni hanno riscontrato numerose difficoltà nel parlare di questi temi in famiglia.
A mio parere, il punto di forza di questo studio consiste nel tentativo di guardare l’adozione attraverso gli occhi di chi l’ha vissuta, dando voce alle sue considerazioni ed emozioni. Inoltre, è interessante notare come riemergano alcuni aspetti messi in luce anche nelle precedenti ricerche riportate in questo elaborato: il fatto che la consapevolezza di essere adottati non sia una conquista che si acquisisce una volta per tutte, ma piuttosto un processo che, in linea con lo sviluppo cognitivo, attraversa diverse fasi evolutive e comporta l’esperire di differenti emozioni, sembra in accordo con quanto affermato nello studio di Rosenberg e Horner del 1991; la mancanza di informazioni sulle proprie origini in quanto difficoltà principale nel costruire una visione di sé coerente sembra in linea con il modello narrativo dell’identità abbracciato da Grotevant e Van Korff secondo cui la capacità di costruire una storia su di sé che tenga conto di passato, presente e futuro sia fondamentale in questo processo: non conoscere alcuni avvenimenti della propria vita potrebbe rendere questa storia incompleta e frammentata; molto curioso inoltre è il fatto che, se lo studio di Grotevant e colleghi condotto nel 2000 abbia messo in rilievo l’influenza delle dinamiche relazionali sullo status adottivo, quest’ultimo studio consideri l’altra faccia della medaglia, ossia l’influenza dello status adottivo sulle dinamiche relazionali: adozione e relazioni sembrano quindi essere strettamente connessi e reciprocamente correlati; infine, l’importanza di affrontare discussioni a questo proposito con i genitori adottivi sembra configurarsi anche in questa ricerca come un tassello fondamentale nel rinegoziare la propria identità come persone adottate: tuttavia, mentre Grotevant e colleghi identificavano nelle caratteristiche dei genitori, come il disagio nel parlare di questi temi e l’accettazione della peculiarità della propria famiglia, come variabili cruciali per l’opportunità di effettuare comunicazioni di tal genere, i partecipanti selezionati da Jordan e Dempsey hanno mostrato come anche i figli adottivi stessi possano esperire disagio e insicurezza nel discutere in famiglia della loro storia, mostrando così come questo aspetto sia ancora più complesso. Tuttavia, bisogna riconoscere che questo studio presenta fortissimi punti di debolezza: il campione raccolto è assai ridotto e il fatto che sia composto principalmente da donne lo rende poco rappresentativo; anche in questo caso sono state considerate solamente esperienze di adozione nazionale e la mancanza di dati quantitativi rende la ricerca difficilmente replicabile.

Articolo di Laura Castellan

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