emozioni fanno bene al sistema immunitario

Le emozioni positive fanno bene al sistema immunitario (PNEI)

La psiconeuroendocrinoimmunologia (PNEI), è la scienza che studia il rapporto psicologia ed altri sistemi biologici dell’uomo: la regolazione della produzione degli ormoni, l’attività del cervello e lo sviluppo del sistema immunitario.

emozioni fanno bene al sistema immunitario

Il primo ricercatore ad occuparsene è il precursore del concetto di stress, Hans Selye, che per la prima volta dimostra che una frustrazione psicologica è in grado di produrre costantemente risposte fisiche.

Selye aveva riscontrato che i topi avevano reazioni fisiologiche simili negative quando subivano un’iniezione. Ciò era illogico, sostanze diverse avrebbero dovuto produrre risposte diverse. Eppure la risposta era la stessa, addirittura quando si somministrava una soluzione fisiologica.

Sapete perché?

Perché il topo non reagiva alla sostanza in sé, ma allo stress di subire un’iniezione.

La connessione tra mente e corpo è invece aspetto consolidato nella medicina orientale. Mente e corpo si influenzano tra loro.

Il cervello, lo stress fisico e psicologico può determinare una riduzione dell’efficacia del sistema immunitario, abbassa le nostre difese, rendendoci vulnerabili.

La salute mentale influenza quella fisica e viceversa.

Esistono sostanze nel nostro corpo, i neuropeptidi, che hanno il compito di trasmettere dati tra questi sistemi, sostanze scoperte da Pert.

Questo ricercatore si è reso conto che i neuropeptidi si occupano di gestire le informazioni, le emozioni e di tutte le cellule dei sistemi del corpo (cervello, sistema immunitario ed ormonali).

In altre parole, gli atteggiamenti fisici non sono secondi al sistema corporeo.

Nel passato, la medicina occidentale ha considerato il corpo come unica realtà,

 

Fino a qualche anno fa, il modello umano ufficiale considerava il corpo come unica realtà e la mente un concetto estraneo alla scienza e non indispensabile. In neurofisiologia si riteneva che il cervello “producesse” il pensiero e che il suo funzionamento fosse paragonabile a quello di un computer, basato su una semplice logica di acceso-spento, e la scoperta dei primi mediatori sembrava avvalorare proprio questa concezione puramente meccanicista: un neurotrasmettitore “eccitava” un neurone che “attivava” un muscolo, mentre un secondo mediatore “inibiva” il neurone che “rilassava” il muscolo.

Grazie alle scoperte della Pert questo modello è stato scardinato completamente. I neuropeptidi assumono la valenza di molecole “psichiche”, in quanto non trasmettono solo informazioni tipo rapido. Dopo essersi legati ai propri recettori specifici, i neuropeptidi danno inizio alla cascata di eventi biochimici che porta alla stimolazione o all’inibizione cellulare.

Attualmente si ritiene che il genoma umano contenga circa 90 geni che codificano precursori di neuropeptidi e si conoscono circa 100 diversi neuropeptidi che vengono rilasciati da differenti popolazioni di neuroni nelle aree cerebrali di mammifero, ma il loro numero è destinato ad aumentare. Il dosaggio
radioimmunologico e l’immunoistochimica hanno permesso di disegnare esatte mappe di
distribuzione dei singoli neuropeptidi e dei loro recettori nel sistema nervoso centrale e periferico. ormonali e metaboliche, ma “emozioni” e segnali psicofisici: ogni stato emotivo (amore, paura, piacere, dolore, ansia, ira… ), con le sue
complesse sfumature chiamate sentimenti, è veicolato nel corpo da
specifici neuropeptidi.

Lo psicofisiologo francese Jean-François Lambert, sul concetto di neuromodulazione, variante moderna della precedente visione meccanicista, ha valutato le possibili variazioni di comunicazione in una singola sinapsi neuronica nell’ordine delle centinaia fino alle migliaia di differenti possibilità.

Questo sta a significare che l’intero corpo “pensa”, che ogni cellula o parte del corpo “sente” e prova “emozioni”, elabora le proprie informazione psicofisiche e le trasmette ad ogni altra parte del corpo, attraverso una varia e fittissima rete di comunicazioni. Tutto il corpo è vivo, intelligente e cosciente, ogni cellula prova piacere e dolore ed elabora strategie metaboliche per il benessere collettivo. Su queste basi teoriche e sperimentali, Candace Pert descrive l’essere umano come una complessa “rete di informazioni” e al vecchio concetto divisorio mente-corpo, sostituisce quello di psicosoma (bodymind), nel quale ogni aspetto psicofisico umano è visto come parte di un’unica organica realtà. È stata documentata la presenza di neuropepdidi e dei loro recettori anche negli unicellulari, avvalorando recenti ipotesi sugli organismi unicellulari come unità di coscienza, in grado di sentire ed elaborare informazioni in modo analogo agli animali superiori, anche se su livelli o densità informatiche più semplici e primitive.

Dalla Pert, indi, alla psiconeureimmunoendocrinologia (PNEI). Le recenti scoperte in tale
settore, in accordo con la concezione olistica, evidenziano una profonda interrelazione tra cuore e cervello. Sin dai tempi dei Greci, filosofi e medici avevano discusso e dibattuto sulla supremazia del cuore o del cervello come centro dell’identità degli organismi viventi.

In India il cervello è la sede dell’Atman, la coscienza superiore, il cuore è la sede di Jivatman, la coscienza vitale. Nelle medicine antiche, come la medicina taoista, ogni organo era considerato sede di una certa anima o emozione: lo Shen. Il cuore tuttavia veniva considerato come l’imperatore dell’intero dominio che è il corpo fisico.

Cuore come centro di coscienza e di benessere, ma soprattutto della gioia e dell’amore di vivere che
permettono la nostra stessa esistenza. L’antica saggezza ora riemerge proprio in seno ad una delle branche più avanzate della ricerca medica.

Le emozioni e le sensazioni non solo sarebbero alla base del processo di memorizzazione delle esperienze, ma sarebbero responsabili della maggior parte dei meccanismi neurofisiologici che regolano o bloccano
il funzionamento dell’intero organismo vivente.

Da differenti esperimenti e ricerche emerge che il cuore, da sempre sede delle emozioni, ed il sistema limbico, vero “cuore del cervello”, costituiscono il centro della complessa unità psicosomatica.

L’amigdala e l’ipotalamo, che rappresentano la parte centrale del cervello mammifero e sono deputate alla gestione delle emozioni e delle memorie, sono le aree cerebrali in cui si trova la maggior concentrazione e varietà di neuropeptidi, mediatori delle informazioni e delle emozioni. Al centro della stessa zona si trova l’ipofisi, la ghiandola che gestisce (modula) le attività di tutte le altre ghiandole del corpo.

Molti neuropeptidi sono ormoni e svolgono la loro funzione attraverso il sangue. Il sistema immunitario agisce attraverso i linfociti (globuli bianchi del sangue) che producono e hanno recettori per trasmettere e ricevere gran parte dei neurotrasmettitori, e quindi rappresentano una sorta di “sistema nervoso liquido” circolante nel corpo.

È stato ampiamente dimostrato che, nel cervello mammifero, le emozioni positive favoriscono la produzione di una cascata di reazioni tale da attivare il sistema immunitario ed in particolare i linfociti killer; al contrario, gli stati di depressione emotiva portano ad un’inibizione della resistenza immunitaria (C.B. Pert).

Il timo, la grossa ghiandola situata appena sopra il cuore (esattamente nel punto in cui portiamo la mano sul petto quando, col linguaggio corporeo, vogliamo indicare il nostro “io”), è una primaria stazione linfatica sede del complesso meccanismo di produzione dei linfociti T (timici) e della loro “istruzione” a riconoscere il self (il proprio essere vivente) dal nonself (ogni batterio, virus o entità estranea).

Sono stati scoperti neurotrasmettitori che dal cuore influenzano l’ipotalamo. Le posizioni antiche si confondono: il cuore ha quindi un suo cervello rappresentato dai globuli bianchi e dal sistema immunitario e il cervello ha un cuore che sente e gestisce le emozioni di tutto il corpo.

Se nell’antichità il cuore era visto come imperatore che riceve le informazioni da tutto il regno, prende le decisioni e le rimanda a destinazione, nella moderna neuroscienza l’ipofisi assume esattamente l’identica posizione.

Essa riceve dal sistema nervoso e dal sistema sanguigno le informazioni di ogni distretto del corpo, le elabora, ne valuta in modo altamente equilibrato il senso e secerne nel sangue nuovi messaggeri biochimici,
gli ormoni, che portano a compimento le sue decisioni per il benessere globale.

 

 

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