Neuroscienze della Menzogna

Articolo di Cecilia Marchese

La menzogna “invisibile”

La ricerca di applicazioni sempre più sofisticate ha continuato e nella sua perseveranza ha dato i suoi frutti. Proprio per ovviare a limite delle tecniche poligrafiche, basate sulla rintracciabilità dell’alterazione degli indici corporei, le neuroscienze hanno infatti spostato il focus di analisi dalla periferia del corpo al centro, concentrandosi sullo studio dei correlati neurologici sottostanti la menzogna ed indagando quali strutture sottocorticali si attivino nell’attuazione di un comportamento menzognero.

neuroscienze menzogna

Oggi le Neuroscienze studiano la menzogna secondo nuove tecniche e prospettive concentrandosi sui corrispettivi centri neuronali responsabili del comportamento menzognero.

Le nuove prospettive neuroscientifiche

Per anni, le neuroscienze si sono dedicate a studi i cui obiettivi sono stati prevalentemente indirizzati a scoprire come funzionano il linguaggio, la memoria, l’attenzione, le funzioni esecutive, la cognizione spaziale, ecc. Ad oggi, invece, essi sono tesi ad identificare i processi cerebrali che sottendono esperienze e concetti quali il libero arbitrio, l’agire, il giudizio morale, la consapevolezza del “Sé”, la personalità, l’attitudine a mentire, ecc. (Baratto, 2015).

Queste nuove complesse tecniche morfologiche e funzionali con cui conoscere meglio il funzionamento del cervello, sono oggetto di sperimentazione sull’uomo.

Oggi, grazie alle recenti nuove tecnologie neurologiche ed agli strumenti di neuroimaging funzionale, è possibile, con interventi a bassa invasività fisica, visualizzare l’attività cerebrale durante lo svolgimento di determinati comportamenti su soggetti sani. In alcuni esperimenti gli scienziati chiedono ai soggetti di svolgere un determinato compito al fine di potere – mediante la tecnologia ad immagini – studiare i complessi meccanismi cerebrali e la corrispondenza tra area del cervello attivata, pensiero ed emozione suscitata e compito eseguito (Palazzani, 2013).

Si tratta dunque di ricercare e visualizzare, nel nostro caso, quali elementi neurali consentono di distinguere l’affermazione vera dalla quella menzognera.

La correlazione tra dato neurologico e dato psicologico: dalla struttura cerebrale al comportamento

Soltanto pochi anni fa, gli studi intorno all’origine biologica del pensiero e del comportamento umano, erano circondati da un diffuso alone di scetticismo presso la comunità degli studiosi di psicologia, come una sequenza di possibili ma non dimostrati fondamenti organici o biochimici della funzione cognitiva del cervello.

Nel 2000, però, accade qualcosa che rappresenta un punto di svolta per le scienze, per la Psicologia e per il Diritto. Eric Kandel, docente e direttore del Center of Neurobiology and Behavior della Columbia University, vince il premio Nobel per la Medicina grazie alle sue ricerche sui meccanismi biochimici che portano alla formazione della memoria nelle cellule nervose. Con questo riconoscimento le Neuroscienze sigillano la fondatezza delle teorie che indicano il pensiero e la memoria come “prodotto” dei legami e delle connessioni delle cellule neurali nel cervello.

Le Neuroscienze Cognitive definiscono così i metodi di indagine dei processi mentali alla base della conoscenza tramite il ricorso a
tecniche di scannerizzazione del cervello. La capacità di indagare i correlati neuronali delle diverse funzioni cognitive, emotive e comportamentali ha spinto alcuni ricercatori a chiedersi se sia possibile identificare differenze misurabili di attività cerebrali associate al mentire.

L’assunzione alla base di questi studi cerebrali è che mentire, rispetto a dire la verità comporti processi mentali qualitativamente e/o quantitativamente diversi. Quando mentiamo dobbiamo inibire la risposta veritiera e fabbricarne una fasulla che dobbiamo ripetere fedelmente ogni qualvolta ci venga proposta la stessa domanda. Da un punto di vista cognitivo questo comporta uno “sforzo mentale“ straordinariamente maggiore e difficilmente “invisibile” alle tecniche neuroscientifiche che indagano il cervello di un mentitore (De Cataldo Neuburger, 2007). Con lo sviluppo di tale attitudine, sembra che le neuroscienze stiano aprendo nuove frontiere non solo in campo medico, ma anche in vari altri ambiti della vita umana, espandendosi quindi ben oltre la ricerca clinica e di laboratorio.

Andiamo ad approfondire quelle tecniche che, avvalendosi delle scoperte neuroscientifiche, hanno dato il loro apporto nello smascherare le menzogne e cerchiamo di capire perché sono importanti e quali sono gli ambiti di applicazione che hanno o che potrebbero avere (Baratto, 2015).

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