psicologia dell'essere

Psicologia dell’essere contro psicologia del fare

Articolo di Olga Pagano

Alla base della ruminazione vi sarebbe una funzione del Sè chiamata “rilevatore di discrepanza” (Segal Z, Mark J., G.Williams, John Teasdale, 2004) che ha la funzione di valutare la situazione attuale rispetto a ciò che è desiderato, atteso o temuto.

Quando il rilevatore trova una discrepanza porta la mente a rimuginare su quel determinato problema allo scopo di trovarvi soluzione; cosa che purtroppo non è sempre possibile; quando ciò accade la mente rimane bloccata sul problema, “intasando” il flusso di coscienza con contenuti inerenti la discrepanza.

 

Per chiarire il funzionamento del rilevatore di discrepanza gli autori distinguono due modalità di funzionamento della mente definite “modalità del fare” e “modalità dell’essere”: La modalità del fare è strettamente correlata con la funzione cognitiva del problem solving, nel momento in cui viene rilevata una discrepanza la mente entra in questa modalità nel tentativo di ridurla o eliminarla; se possono essere messi in atto comportamenti in grado di farlo, la mente può uscire dalla modalità del fare, altrimenti, se la soluzione della discrepanza è complessa, impossibile o non può essere raggiunta immediatamente, la mente stagnerà in questa modalità fino a quando la discrepanza non verrà risolta o finché non interviene un compito più urgente a distogliere, solo temporaneamente, l’attenzione da essa.

In questo caso, la modalità del fare, è spesso accompagnata da contenuti emotivi sgradevoli, come insoddisfazione e ansia, e da un continuo monitoraggio dei successi e degli insuccessi che riguardano la risoluzione del problema, questo comporta un rimugino sul passato (ciò che ha causato la discrepanza e su quello che si sarebbe potuto fare per evitarla) e sul futuro (come risolverla), tralasciando il presente; in realtà, l’individuo è consapevole del presente, ma solo in modo ristretto.

La modalità del fare non è di per se patologica, in quanto, abbiamo detto, sta alla base del problem solving cioè, quando viene attivata per problemi immediatamente risolvibili, effettivamente li risolve.

Il problema nasce nel momento in cui non è possibile risolvere immediatamente la discrepanza e la mente si arrovella nel tentativo di trovare la soluzione a questioni complesse del tipo: essere felici o meno infelici.

La modalità del fare è quindi correlata al pensiero concettuale (necessario per il problem solving); ciò comporta che i pensieri vengono caricati di un peso eccessivo, cioè vengono percepiti come un rispecchiamento valido della realtà, classificati come “buoni” o “cattivi” e selezionati di conseguenza. Per quanto riguarda la “modalità dell’essere”, per molti aspetti, è l’opposto di quella “del fare”, non è orientata ad uno scopo preciso, come può essere quello di ridurre o eliminare la discrepanza, e non è motivata a raggiungere determinati obiettivi.

In questa modalità di funzionamento l’attenzione è maggiormente orientata sul momento presente, tende all’accettazione e al “lasciar essere”, la mente è più libera di concentrarsi in maniera obiettiva sul momento presente poiché non è impegnata a cercare di ridurre la discrepanza. Un’altra differenza tra modalità del fare e dell’essere sta nel modo in cui la  mente percepisce il tempo, inteso come continuità tra passato
presente e futuro; i pensieri, compresi aspettative per il futuro o traumi del passato vengono “osservati” per ciò che sono in realtà:

“eventi mentali che sorgono, diventano oggetto della consapevolezza e poi svaniscono” (D.J. Siegel, 2005).

La modalità dell’essere non va intesa come assenza di attività ma come un atteggiamento mentale aperto all’esperienza del presente, che consente di regolare il proprio approccio alla realtà rispetto a pensieri, sentimenti ed esperienze.

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