Come sviluppare fiducia in se stessi con la Mindfulness

Articolo di Olga Pagano

Fidati di te: ogni cuore vibra a quella corda. Ralph Waldo Emerson,

Provenire dalla psicoterapia
Per chi, come me, è uno psicoterapeuta, questo passaggio è un grande cambiamento e un grande sollievo. Ho passato la vita a
studiare e quando mi sono accorta che non avevo davvero mai studiato me stessa, con uno sguardo non condizionato, mi sono
sciolta dalla gioia e dalla compassione.

Avevo una tale sete di questa conoscenza che all’inizio praticavo in qualsiasi momento. Da buona orale iniziavo subito ad essere troppo assorbita dalle pratiche.

Nello stesso tempo quell’entusiasmo era un segno della sete che tanta trascuratezza primaria aveva generato.

Ma il sollievo non era solo per il fatto di potermi conoscere. Era anche il fatto di potermi sentire finalmente in diritto di amare le
persone che curavo. Siamo stati educati, come psicoterapeuti, alla neutralità affettiva, alla riservatezza, al rigore. Siamo cresciuti
professionalmente con un lungo elenco di regole di astinenza: non avere rapporti personali, non avere rapporti esterni, non avere
rapporti intimi, non avere attività condivise (il circolo di tennis, piuttosto che lo stesso insegnante di yoga), non toccare il corpo, non dare del tu.

E nella mindfulness percorriamo una strada più semplice ed essenziale: con rispetto e dignità includiamo la condivisione affettiva, un clima di amichevolezza e un’attenzione affettuosa, pur rimanendo nel proprio ruolo.

Questo può avvenire perché, oltre alla fiducia nell’esperienza, il percorso è accompagnato dalla fiducia nella condivisione. E questo ha cambiato radicalmente il mio modo di fare psicoterapia. Alla forza e alla libertà della bioenergetica – che da sempre si è collocata in una fascia maggiormente friendly di trattamento  si è accompagnata la profondità dell’esplorazione condivisa.

 

“Incontri gli altri proprio come sono, loro ti incontrano proprio come sei. La tua fiducia è esposta, così come la tua conoscenza e la tua cura, perché insegnare mindfulness è praticarla e praticarla significa portare tutto ciò che sei in ogni momento e tutto ciò che sei è tutto ciò di cui hai bisogno: il tuo sé reale è sufficiente.”
Donald McCown e Diane Rebel

La seconda accezione della fiducia: la fiducia nella condivisione

Il protocollo mindfulness si basa su una regola implicita ed esplicita: quella della condivisione. Un processo che trasforma la
classe di mindfulness in un apprendimento collettivo, in una co-creazione, in cui le esperienze dell’uno arricchiscono, nutrono e
sostengono le esperienze dell’altro.

La condivisione è totale anche nella pratica: ogni istruttore pratica, quotidianamente, e ogni giorno si incontra con le stesse risorse e le stesse difficoltà di ogni persona.

La fiducia nella condivisione si basa anche su un senso di interconnessione che si sviluppa mano a mano che pratichiamo
insieme. Se nei contenuti possiamo essere l’uno diverso dall’altro, sul piano dei processi la diversità non è più un elemento rilevante.

Nel processo prevale un senso di intimità e vicinanza che è il tessuto della condivisione.

“L’atteggiamento che l’insegnante porta nella stanza…influenza, di fatto, ogni cosa nel mondo. Una volta che hai preso l’impegno che Kabir chiama “l’essere stabile in ciò che sei” per stare, come asse centrale, nel tuo essere umano, l’intero universo appare diverso.” Jon Kabat Zinn

La co-creazione fa sì che ogni protocollo sia unico, arricchito dai contributi di ciascuno, proprio come questo progetto di scrittura collaborativa.

Ho dato, come nel protocollo, degli stimoli settimanali, che hanno attivato processi riflessivi, e, per alcuni, processi comunicativi, di scrittura. Questo ha creato un legame e un prodotto: questo piccolo libro che con altre persone sarebbe stato diverso, proprio come ogni protocollo è diverso perché diverse sono le energie, le caratteristiche, le qualità delle persone che lo compongono.

Rivoluzionario quindi nei modi tanto come nei processi che attiva, silenziosi e non difensivi. Democratico perché sia chi ha condiviso i propri scritti, sia chi ha silenziosamente letto è stato parte del processo di trasformazione che è avvenuto. E che richiedeva un tempo in cui svolgersi: otto settimane, per l’appunto.

La fiducia nella condivisione inoltre fa sì che il primo strumento che offriamo non sia la tecnica o la pratica della mindfulness: il primo strumento è la nostra presenza e la nostra disponibilità ad essere presenti. Acquistiamo credibilità quindi non per un saper fare, come tradizionalmente avviene nei processi di apprendimento, ma per un saper essere che mostriamo in tutta la sua vulnerabilità e vitalità.

La terza accezione della fiducia: l’autonomia La fiducia però non può essere tale se non si accompagna all’autonomia e alla padronanza dei propri mezzi. La passione che ogni istruttore mette nel protocollo è quella dell’insegnare a camminare sulle proprie gambe, accogliendo e sostenendo i momenti di inevitabile incertezza. E’ lo stesso sguardo timoroso, trepido e soddisfatto di quando ho visto mio figlio staccarsi dalla libreria alla quale si teneva saldamente aggrappato per muovere i primi passi: lontano da me.

Questa autonomia e il suo maturarsi e svolgersi è per me la parte più commovente del percorso: la mindfulness è lo strutturarsi di una relazione intima e profonda e, in qualche modo, più funziona e meno le persone avranno bisogno di te. Questo mi permette una costante pratica del non aggrapparsi. Una costante pratica del gustare la bellezza del conoscersi e del salutarsi.

Dell’incontrarsi di nuovo e, soprattutto, dell’essere fratelli e compagni di viaggio. Un viaggio che ognuno porterà avanti nei propri termini e nei propri modi.

“La mia vita non è un’apologia ma una vita. Non è uno spettacolo ma ha valore in se stessa. Anche se questo può sembrare di qualità più bassa lo preferisco per quella genuinità e uguaglianza che lo rendono scintillante e instabile.”
Ralph Waldo Emerson, Self-Reliance

L’autonomia come fiducia nell’apprendimento

Il continuo riferimento allo strutturarsi dell’autonomia, alla cura verso l’apprendimento, si sviluppa durante ogni settimana. Lo
scopo dei compiti a casa – e forse anche la causa del fatto che non sono amati – è questo: ci parla del nostro andare liberi nel mondo.

Un andare liberi che si compie al settimo incontro. Quello in cui, senza CD, la pratica diventa pratica silenziosa. E continua
nell’ottavo incontro, quando, tradizionalmente diciamo che finisce il protocollo e inizia la pratica.

Esiste nell’autonomia un punto di bellezza insostituibile: quando riconosciamo quello che sentiamo e in quel riconoscimento
abbiamo lo spazio perché non sorga la reazione automatica. L’autonomia infatti è libertà; e libertà è poter scegliere che direzione prendere senza essere ripetitivi. Questa è la vera base della fiducia nell’autonomia.

Quando l’onda dello sforzarsi, del giudicarsi, del non accettare le cose per come sono si placa nella spiaggia del respiro e in uno spazio breve e infinito diventa scelta.

Allora siamo veramente autonomi perché non ci attaccheremo più come se fossimo il nostro peggior nemico ma guarderemo agli inevitabili errori e fallimenti con lo sguardo e la tenerezza dei primi tentativi di un bambino.

“Rimani te stesso; non imitare mai. Il tuo dono può essere presente in ogni momento con la forza cumulativa che l’ha coltivato nella vita intera. Adottare il talento di un altro è solo un estemporaneo possesso a metà. In cui ognuno può fare del proprio meglio, ma solo chi è l’Autore può insegnarlo.”
Ralph Waldo Emerson, Self-Reliance

La fiducia nell’apprendimento e la disciplina

Per quanto l’esperienza che stiamo vivendo sia difficile è una opportunità di apprendimento alla quale Jon Kabat Zinn fa
continuamente riferimento con la sua frase, “fino a che respiriamo c’è in noi molto più di buono che di negativo”. In questa grande fiducia nell’infinita possibilità di apprendimento possiamo collocare il senso della disciplina nei protocolli mindfulness.

La parola disciplina non ha una grande fama: spesso l’associamo alla noia e al rigore, alla severità e alla rigidità. L’etimo di questa parola però ci illumina sul suo significato: è l’atto con cui impariamo e cambiamo.

Quando esploriamo noi stessi ci ritroviamo di fronte ad abitudini che abbiamo consolidato nella ripetizione per anni e anni. Forse
vorremmo cancellare tutto con un colpo di spugna. Invece possiamo cambiare tutto con la fiducia nell’apprendimento e nella ripetizione.

La goccia scava la pietra: è la tenera forza della mindfulness.

“Il paradosso, però, è che potete cambiare voi stessi o il mondo soltanto se uscite per un attimo dai vostri soliti percorsi, se vi
abbandonate e vi fidate e lasciate che le cose siano come sono già, senza cercar di realizzare niente, meno che mai obiettivi che non sono altro che il prodotto della vostra mente.”
Jon Kabat Zinn

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