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La comunicazione non verbale in psicologia: il metodo per capire la personalità degli altri

Articolo di Alessandra Errichiello

La comunicazione costituisce una caratteristica propria degli esseri viventi ed assume un ruolo fondamentale nello sviluppo degli uomini.

Il fenomeno della comunicazione è stato spesso al centro di studi psicologici: sulla base di osservazioni ed esperimenti, in molti hanno descritto la comunicazione umana, distinguendola da quella animale e cercando di delinearne le caratteristiche specifiche.

Nello specifico, l’argomento è stato oggetto di studio fin dai primi decenni del Novecento da parte di studiosi di varie discipline, che hanno concettualizzato questo processo in maniera prettamente schematica, definendolo come il passaggio di informazioni da un emittente ad un ricevente. Il modello matematico, introdotto da Shannon e Weaver (1949), costituì una delle prime elaborazioni del processo comunicativo.[1]

Tuttavia, questa definizione apparì come eccessivamente riduzionista, non tenendo in considerazione altri processi che entrano in gioco e limitando il concetto di comunicazione a due passaggi: quello di codifica e di decodifica delle informazioni.

Studi successivi colmarono i limiti di tale teoria; un esempio riguarda gli studi effettuati dalla scuola di Palo Alto nella quale si riunirono, nella seconda metà del Novecento, un gruppo di studiosi provenienti da diverse discipline (antropologia, filosofia, psichiatria, linguistica,etc…) ed effettuarono studi sulla comunicazione umana, mettendo in evidenza le differenze tra comunicazione verbale e non verbale.

  1. Watzlawick e colleghi postularono i cinque assiomi della comunicazione umana; il secondo di tali assiomi afferma che “ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto ed uno di relazione” (Watzlawick, 1970). Il livello di relazione può essere assimilato a tutte quelle informazioni che non sono classificabili come “comunicazione verbale”, infatti oltre al livello verbale, esiste anche un livello non-verbale ed uno paraverbale nel processo comunicativo. [2]

La comunicazione verbale riguarda quindi la produzione dell’enunciato, tuttavia, per quanto complessa, la comunicazione verbale da sola non può considerarsi uno strumento sufficiente per l’esercizio di una interazione comunicativa completa.

La comunicazione paraverbale e non verbale conferisce quindi a quella verbale una caratteristica “denotativa”, cioè concretezza a ciò che si esprime verbalmente ed una “connotativa” cioè la funzione di trasmettere emozioni, sentimenti, che vanno oltre la semplice denotazione di realtà.

La comunicazione paraverbale si riferisce a tutto ciò che è al di fuori del contenuto verbale delle parole pronunciate, e quindi il timbro, il tono, le pause ed il volume della voce, che contribuiscono a significare, completare o contraddire il contenuto verbale.

Le modalità di comunicazione non verbale sono invece definite dallo sguardo, dall’espressione del volto , la gestualità, i movimenti del corpo, la postura, il comportamento spaziale e l’aspetto esteriore.

La comunicazione non verbale e paraverbale offre una ricchezza straordinaria di segni sul piano emozionale e rappresenta il  canale principale per esprimere e comunicare le emozioni.

La nascita della comunicazione non verbale quale settore di studi sistematici della psicologia, si deve alle prime ricerche effettuate alla fine degli anni sessanta, da A. Mehrabian, uno psicologo statunitense di origini iraniane

Egli  fu uno dei primi ad effettuare numerosi studi sull’efficacia dei canali comunicativi ed a evidenziare come non tutti i tipi di canali hanno lo stessa influenza nei processi riguardanti la comunicazione. Infatti, secondo l’autore, i movimenti del corpo (quindi i gesti, la postura e le espressioni facciali) raggiungevano il 55% di efficacia comunicativa, il paraverbale (volume, tono e ritmo della voce) il 38% mentre la comunicazione di tipo verbale (le parole) solo il 7%. Questi primi studi ebbero  il merito non solo di sottolineare l’importanza di una parte della comunicazione (quella non verbale) che la psicologia aveva fino a quel momento tralasciato, ma anche di dare avvio ad ulteriori filoni di ricerca.

Corso Comunicazione Non Verbale

 

[1]Shannon C.E. “A matematical theory of communication”, Bell System Technical Journal, Blackwell Publishing Ltd 1948 pp. 379-423

[2]Watzlawick P. , Beavin J.H., Jackson D.D. “La pragmatica della comunicazione umana” 1970

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