Disturbi del comportamento alimentari nello sport: come sconfiggerli

Articolo di Daniela Moschetto

Fa che il cibo sia la tua medicina

e la medicina sia il tuo cibo.”

Ippocrate

 

Il cibo ha un’importanza fondamentale nella nostra vita, influenza i nostri comportamenti, i nostri ritmi e le nostre abitudini. Il cibo tocca da vicino i nostri sensi, le nostre debolezze ed i nostri bisogni.

È assodato da dati scientifici che carenze di proteine, Sali minerali, grassi, carboidrati ed altri nutrienti preziosi per l’organismo provocano nell’individuo effetti di indebolimento  manifestandosi a volte minacciosi per la salute.

Nell’atleta l’esito di una malnutrizione si manifesta in periodi brevi, molte atlete, per una distorta necessità di dimagrimento, si sottopongono a regimi dietetici non compatibili con il dispendio energetico derivato dall’attività sportiva attuata.

Si parla dunque di anoressia e bulimia in campo sportivo ed anche se tali disturbi affondano le loro radici in fattori altri, lo sport aggrava sulla scelta del rifiuto del cibo.

Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (DA) sono complesse patologie che portano chi ne è affetto a vivere con l’ossessione del cibo, del peso e dell’immagine corporea.

I DA colpiscono soprattutto il sesso femminile; sono un fenomeno di frequente riscontro nella pratica clinica e possono compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e apparati del corpo, fino a portare alla morte nei casi più gravi.

Il centro delle problematiche nei DA è costituito dalla paura di ingrassare, determinata da una distorta e insoddisfacente percezione della propria immagine corporea, cui si affianca la volontà di controllare l’introduzione del cibo e la perdita di tale controllo da cui, spesso, derivano condotte compensatorie con lo scopo di neutralizzare l’introduzione eccessiva di cibo.

Negli ultimi trent’anni numerosi studi hanno mostrato un numero maggiore di disturbi alimentari tra gli atleti rispetto ai non atleti e, in particolare, una maggior incidenza tra gli atleti di élite rispetto agli atleti di livelli inferiori.

Alcune pratiche sportive richiedono un peso e una forma del corpo particolari e un allenamento estenuante, al fine di ottenere una performance adeguata.

In molti sport un basso peso corporeo è un importante vantaggio per ottenere una prestazione di successo; tuttavia, dietro un apparente vantaggio agonistico, ci possono essere seri svantaggi clinici.

Per alcune donne atlete la pressione a raggiungere e mantenere un basso peso corporeo può portare ad assumere condotte alimentari restrittive o a sottoporsi a diete croniche e comportamenti alimentari scorretti.

Gli sport predisponenti sono quelli in cui è enfatizzata la magrezza e dove è richiesto un fisico snello e leggero: ginnastica artistica, danza, pattinaggio artistico, tuffi dal trampolino, ciclismo, atletica.

Sebbene non si tratti di un vero e proprio disturbo alimentare, esistono molti casi di atleti che fanno uso di metodi non salutari per il controllo del peso: pasti irregolari, assenza di carne, carboidrati o prodotti caseari nella dieta, ricorso a diete d’urto, digiuni, uso di lassativi e diuretici.

Questi atleti presentano tratti della personalità comuni ai pazienti affetti da disordini alimentari.

Per molte atlete, il disturbo coincide con la stagione agonistica e diminuisce al suo termine.

La preoccupazione per il peso corporeo potrebbe non riflettere una patologia sottostante ma piuttosto il desiderio di raggiungere la migliore funzione fisiologica e prestazione competitiva.

Per altre atlete invece la stagione “non finisce mai” e sviluppano un vero e proprio disturbo alimentare.

In tale contesto, è importante la figura dell’allenatore, soprattutto chi ha a che fare con ragazzine giovani in età maggiormente critica (11-15 anni): in diversi studi è risultato essere l’allenatore stesso a consigliare o imporre una dieta ferrea alle atlete al fine di migliorare la performance sportiva.

Sarebbe importante educare e istruire l’allenatore e l’intero staff tecnico, i genitori e le atlete stesse, sull’esistenza dell’anoressia atletica e sui danni che può determinare.

L’alimentazione è sicuramente fondamentale ai fini della performance sportiva e ad alto livello l’equilibrio dei nutrienti è indispensabile per un’efficace disponibilità energetica e un corretto recupero: l’alimentazione è alla base di un buon risultato.

Aspirare a un’eccessiva magrezza per un fine agonistico, non solo mette in pericolo la salute fisica , ma rischia di sotterrare quello che dovrebbe essere lo spirito dello sport, soprattutto per i giovani.

Nel caso specifico dell’anoressia il soggetto rifiuta con fermezza psicologica il cibo a differenza del bulimico che periodicamente cede ad abbuffate compulsive, ponendo rimedio, talvolta, attraverso eliminazione come il rigetto indotto.

Le correlazioni tra anoressia e sport risiedono anzitutto nelle caratteristiche di personalità, caratteristiche che nei confronti dello sport risultano funzionali, come: all’ossessione, la precisione, l’autodisciplina.

Il malessere può derivare da squilibri psichici e fisici.

Segnali di un disturbo del comportamento alimentare sono, fra gli altri: mancanza di tono muscolare, occhiaie, piccoli depositi di grasso localizzati e sintomi legati ad una cattiva attività del fegato e dell’apparato digerente.

Risoluzione al problema sarebbe dunque un attento lavoro psicologico che punti anche alla rieducazione alimentare, e nel caso dello sportivo anche alla comprensione del valore del cibo in quanto fonte di energia per il movimento, una corretta informazione su ciò che accade al corpo che non si nutre è un punto di forza verso il raggiungimento di un sano stile alimentare.

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