Trauma Psicologico: come funziona e come eliminarlo

Articolo di Alessandra Serio

Dal momento che la resilienza si configura come capacità dell’individuo di affrontare e superare i traumi, è imprescindibile soffermarsi sul concetto di trauma.

Il termine trauma deriva dal greco, e significa “colpo, lesione, ferita sul corpo e/o sull’anima; in psicopatologia, con tale termine si indica una ferita dell’organismo psichico a causa di eventi che fanno irruzione bruscamente, in modo distruttivo, nella vita dell’individuo.

Secondo la definizione del DSM-5, il trauma si configura come una situazione in cui “la persona ha vissuto, ha assistito o si è confrontata con un evento o con eventi che hanno implicato morte, o minaccia di morte, gravi lesioni, o una minaccia all’integrità fisica propria o di altri. La risposta della persona deve comprendere paura intensa, sentimenti di impotenza o di orrore” (APA, 2013).

Nell’ambito psicologico, i primi a parlare di trauma furono Pierre Janet e Sigmund Freud.

Nell’800 Pierre Janet definì il trauma psicologico come un evento che non può essere integrato nel sistema psichico pregresso dell’individuo, restando pertanto separato dal resto dell’esperienza psichica.
Secondo Freud la caratteristica principale del trauma è la percezione, da parte dell’individuo che lo sperimenta, di non poterlo affrontare e controllare con le risorse consuete.

Ciò accade in quanto il trauma è connotato non solo dall’evento in sé, il cui impatto induce la rottura dell’omeostasi dell’organismo, ma anche da quella che è la rappresentazione soggettiva dell’evento, e delle sofferenze da esso derivanti.
Tra gli eventi psicologici che inducono uno stress traumatico, riscontriamo: disastri naturali, come terremoti o alluvioni; maltrattamenti e abusi all’infanzia; tumori o patologie invalidanti; patologie gravi di familiari; gravi indicenti, episodi di guerra, attacchi terroristici.

L’ippocampo rientra tra i centri coinvolti nell’elaborazione delle esperienze emotive, pertanto, la riduzione volumetrica ippocampale comporta un difetto nella codifica e nell’immagazzinamento della memoria esplicita concernente le informazioni spaziali, temporali e semantiche.

Di fronte ad una situazione eccessivamente stressante, i circuiti più complessi del cervello presentano un’alterazione del funzionamento classico: l’amigdala, coinvolta nell’elaborazione sensoriale, è deputata alla valutazione di un amalgama sensoriale, mentre l’ippocampo, non riesce ad integrare le informazioni nella memoria esplicita, per renderle consapevoli. Ciò fa sì che le informazioni siano registrare in un registro più primitivo, e non vengano tradotte simbolicamente, per cui, l’emozione diviene memoria dello stesso evento traumatico, di cui resta una traccia sul piano biofisico, da integrare nella memoria autobiografica. Finché ciò non accade, grazie all’elaborazione del trauma, chi ha subito un evento traumatico, non riuscirà a fornire un resoconto autobiografico di ciò che è accaduto, probabilmente manifestando amnesia e somatizzazione rispetto agli eventi esperiti (Zennaro, 2012).

Una ricerca, condotta da Sacco e Sacchetti (Sacco & Sacchetti, 2010) eseguita sui ratti, ha messo in evidenza come, nel corso di un’esperienza emotiva, l’individuo tenda ad associarvi gli stimoli sensoriali concomitanti, e che, i vissuti dolorosi vengono registrati nelle aree della corteccia secondaria uditiva, visiva ed olfattiva, la cui attività si intensifica di fronte agli stimoli sensoriali sopra descritti.

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