Madri che distruggono i figli: i drammatici sintomi del Complesso di Medea

 

Il Complesso di Medea e le sindromi associate.

Jacobs (1988) definisce il Complesso di Medea come il comportamento materno finalizzato alla distruzione del rapporto tra padre e figlio dopo le separazioni conflittuali: così l’uccisione diventa simbolica e ciò che si mira a sopprimere non è più il figlio stesso ma il legame che ha con il padre.

Il Complesso di Medea deriva il suo nome dal mito greco che descrive la storia di Medea e il termine è usato, in criminologia, per indicare una donna che uccide i propri figli per risolvere i conflitti con il coniuge e vendicarsi di un suo abbandono, temporaneo o permanente (Mastronardi & De Luca, 2014).

Da un punto di vista psicologico, nel momento dell’uccisione del figlio, la madre raggiunge l’apice del delirio di onnipotenza (tipico delle crisi psicotiche), e si autonomina giudice di vita e di morte (Virduzzo & Verrastro, 2015). I figli vengono usati dalla madre come arma di ricatto nei confronti del coniuge per non essere abbandonate o come oggetto di vendetta per mettere in atto quell’aggressività rancorosa che non si riesce a manifestare contro il proprio compagno. Secondo la moderna psichiatria, il Complesso di Medea presenta nuove sfumature, in particolare la cancellazione della memoria del crimine, l’omissione della propria partecipazione e della propria presenza, un’auto-proclamazione di innocenza ed una dichiarazione di protezione verso le proprie vittime.

Nell’ambito dell’argomento trattato, meritano particolare attenzione alcune patologie poco conosciute e controverse, ma direttamente coinvolte nel fenomeno, che spiegano le ragioni che conducono a una più generale sottovalutazione del figlicidio.

Esse sono la Battered Child Syndrome e la Sindrome di Münchausen per Procura (Virduzzo & Verrastro, 2015).

La Battered Child Syndrome è una condizione clinica riscontrata nei bambini piccoli che hanno ricevuto gravi abusi fisici dalla madre, che ne provocano la morte o un’invalidità permanente (Kempe, Silverman, Steele, Droegemueller, & Silver, 1985). Le manifestazioni cliniche variano molto in base al caso specifico, dai casi in cui il trauma è leggero ed è spesso non riconosciuto a quelli in cui il bambino presenta chiare prove di lesioni ai tessuti molli e allo scheletro. I sintomi dei pazienti possono essere considerati il risultato di un fallimento dello sviluppo o essere stati prodotti da un disturbo metabolico, da un processo infettivo o da altri disturbi.

La Battered Child Syndrome può verificarsi a qualsiasi età, ma, di solito, i bambini colpiti hanno meno di 3 anni. Fattori psichiatrici sono probabilmente di primaria importanza nella patogenesi del disturbo, ma la conoscenza di questi fattori è limitata. I medici hanno il dovere e la responsabilità verso il bambino di richiedere una valutazione completa del problema per garantire che il trauma non si verifichi di nuovo (Kempe et al., 1985).

Nel 2010, negli Stati Uniti, è stato riscontrato che 695.000 bambini (lo 0.9% di tutti i bambini nel Paese) avevano avuto esperienze di maltrattamento: circa il 78% aveva subito incuria, il 18% abuso fisico, il 9% abuso sessuale e 1.560 bambini (con meno di 5 anni di età) sono morti per maltrattamento, sebbene probabilmente questo numero sia sottostimato (Leventhal & Krugman, 2012).

La Sindrome di Münchausen per Procura è un disturbo psichiatrico secondo cui la madre attribuisce al bambino sintomi e malattie di cui non soffre realmente, e lo sottopone ad inevitabili cure ed accertamenti, nella condizione delirante che sia affetto da qualche patologia fisica. Alcune madri simulano soltanto una patologia nel figlio, ma non gli recano niente di dannoso. Altre madri producono la patologia nel figlio (che può portare alla morte), danneggiandolo seriamente: per esempio, una madre può soffocare ripetutamente il figlio e affermare che soffre di episodi di apnea (Mastronardi & De Luca, 2014) o può somministrargli delle droghe provocandogli un’intossicazione (Jacobi, Dettmeyer, Banaschak, Brosig, & Herrmann, 2010). Inoltre, è possibile che, nel caso in cui il bambino soffra di una malattia cronica come asma o allergie, la madre ometta il trattamento medico allo scopo di peggiorare le condizioni del figlio, e le prove della presenza della sindrome sono la cronicità della contraffazione e la premeditazione nell’omissione della cura.

Questo comportamento viene messo in atto spesso per attaccare il partner, che è rappresentato di solito come un padre emotivamente distante e fisicamente assente, ed è questo l’elemento che accomuna la Sindrome di Münchausen per Procura al Complesso di Medea, poiché la crisi matrimoniale dà alla madre la giustificazione di vendicarsi dell’uomo che ha vicino e con il quale ha avuto un figlio, attaccando proprio il bambino (Virduzzo & Verrastro, 2015). Di solito, nelle coppie in cui si verifica la patologia, il padre è l’elemento passivo, e la madre appare come la persona a capo della famiglia. Spesso è presente all’interno della coppia un’asimmetria a livello intellettivo, culturale e sociale a favore della donna: infatti di solito la madre è colta ed ha avuto una formazione medica o infermieristica senza essere necessariamente laureata o diplomata, è un soggetto affascinato dalla medicina, segue programmi medici in tv o legge riviste e giornali di approfondimento (Virduzzo & Verrastro, 2015). In Inghilterra, l’incidenza riportata varia da 0.5 a 2.0 ogni 100.000 bambini che abbiano meno di 16 anni. Ricerche e trattamenti invasivi e inappropriati, inclusa la somministrazione di droghe, sono inflitti al 93% dei casi riportati in cui il bambino abbia più di due anni. Le percentuali di mortalità variano dal 6% al 9% (Flaherty et al., 2013). In Germania, l’incidenza di tale sindrome è stimata di 2.5 casi ogni 100.000 bambini nel primo anno di vita. Risulta fatale dal 6% al 33% dei casi; una manifestazione frequente ne è appunto l’asfissia di un bambino sotto le coperte, che può inizialmente essere confusa con la diagnosi di Sudden Infant Death Syndrome (SIDS) (Jacobi et al., 2010).

di Martina Micheli

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