Come riconoscere un ragazzo psicopatico

Disturbo di Personalità Antisociale (APD) e Psicopatia I criteri diagnostici del Disturbo Antisociale di Personalità, secondo il DSM-IV-TR, sono i seguenti (APA, 2000, pp. 889-890).

Un quadro pervasivo di inosservanza e di violazione dei diritti degli altri che si manifesta fin dall’età di 15 anni, come indicato da tre (o più) dei seguenti elementi.

  1. Incapacità di conformarsi alle norme sociali per ciò che concerne il comportamento legale, come indicato dal ripetersi di condotte suscettibili di arresto.
  2. Disonestà, come indicato dal mentire, usare falsi nomi, o truffare gli altri ripetutamente, per profitto o per piacere personale.
  3. Impulsività o incapacità di pianificare.
  4. Irritabilità e aggressività, come indicato da scontri o assalti fisici ripetuti.
  5. Inosservanza spericolata della sicurezza propria e degli altri.
  6. Irresponsabilità abituale, come indicato dalla ripetuta incapacità di sostenere un’attività lavorativa continuativa, o di far fronte ad obblighi finanziari.
  7. Mancanza di rimorso, come indicato dall’essere indifferenti o dal razionalizzare dopo avere danneggiato, maltrattato o derubato un altro.

psicopatia

Raine e colleghi (2000) hanno condotto uno studio su individui a cui è stato diagnosticato Disturbo di Personalità Antisociale che avessero commesso atti di violenza. Hanno rivelato che questi soggetti presentavano una significativa riduzione (11%) del volume di materia grigia nelle aree prefrontali, importanti nel circuito responsabile della regolazione delle emozioni (Raine, Lencz, Bihrle, LaCasse, & Colletti, 2000). Ci sono pochi dubbi riguardo al fatto che i disturbi di personalità siano relativamente comuni, e che la gestione clinica di questi individui sia particolarmente difficile. Mentre esiste un dibattito considerevole riguardo al migliore approccio per diagnosticare questi disturbi, è universalmente riconosciuto che un comportamento incostante, eccentrico, emotivo, imprevedibile sia la caratteristica più importante che accomuna i quattro disturbi del Cluster B del DSM-IV-TR (APA, 2000), cioè disturbi di personalità istrionico, narcisistico, borderline e antisociale (Newhill & Mulvey, 2002). Pattern di comportamento violento sono stati individuati come particolarmente caratteristici del disturbo di personalità antisociale (Blair, 2001) e di quello borderline (Grosz et al., 1994). Newhill e Mulvey (2002) identificano due costrutti centrali nei disturbi di personalità del Cluster B, la disregolazione emotiva e la psicopatia, che sembrano essere buoni candidati per esaminare i fattori responsabili dell’aumentato rischio di violenza. La disregolazione emotiva è una caratteristica fondamentale in entrambi i disturbi considerati, sebbene si esprima in modi diversi. Linehan (1993) teorizza che essa abbia tre dimensioni: 1. una bassa soglia, o alta sensibilità/vulnerabilità agli stimoli emotivi; 2. una grande ampiezza di risposte emotive; 3. un lento ritorno a uno stato emotivo di base. La disregolazione emotiva è generalmente pensata come il risultato di una combinazione di predisposizioni biologiche e di risposte emotive apprese in esperienze precoci. Con il tempo, alcuni individui possono sviluppare meccanismi disadattavi per affrontare esperienze affettive molto intense. Per esempio, la letteratura clinica testimonia che la violenza verso altri o l’auto-mutilazione possono svolgere una funzione di regolazione delle emozioni in individui con disturbi di personalità (Linehan, 1993). Invece, la psicopatia è caratterizzata da distacco emotivo, fascino superficiale, intelligenza manipolativa, egocentrismo patologico, incapacità di provare amore e affetto, mancanza di senso di colpa, uso patologico di menzogne, scarso rimorso e scarsa vergogna, sentire che le regole sociali non valgono per se stessi, mancanza di empatia e insight, deficit nel controllo degli impulsi, tendenza alla criminalità e fallimento nell’apprendere dall’esperienza (Cleckley, 1988; Hare, Hart, & Harpur, 1991). Essa è di solito associata al disturbo di personalità antisociale. L’associazione tra violenza e psicopatia può, per esempio, trovare origine nei meccanismi fisiologici e neuropsicologici e nei processi psicologici che guidano le interazioni sociali (Scarpa & Raine, 1997). Infatti, sia gli individui con Disturbo di Personalità Antisociale che quelli con psicopatia riportano un’ipoattivazione nelle aree prefrontali: in particolare, negli psicopatici è stata riscontrata un’insufficiente attivazione dell’area orbitofrontale (Veit et al., 2002). Hare, Hart e Harpur (1991) hanno formulato un modello della psicopatia basato su due fattori (Figura 1.3): si distinguono tratti di insensibilità e anaffettività (Fattore 1) da tratti antisociali e uno stile di vita instabile e deviante (Fattore 2). Il Fattore 1 è caratterizzato da tratti di anaffettività radicati nel temperamento dell’individuo e da alti livelli di irritabilità (Viding, Blair, Moffitt, & Plomin, 2005). Il Fattore 2 è caratterizzato da disturbi affettivi (basso controllo comportamentale e impulsività) che si pensa abbiano origine da insegnamenti psicosociali (Blair & Mitchell, 2009).

I processi emotivi nella psicopatia costituiscono un’importante area di studio perché i deficit associati sono strettamente legati ad un comportamento violento e possono diventare i target di trattamento. Si pensa che le caratteristiche del Fattore 1 siano più resistenti al trattamento rispetto a quelle del Fattore 2 (Poythress et al., 2010). Casey e colleghi (2013) hanno condotto uno studio su un campione di persone violente con diagnosi di psicopatia per indagare i processi di regolazione emotiva nella psicopatia. Ai partecipanti è stata fatta vedere una serie di immagini, ognuna preceduta dalle istruzioni: ‘Guarda’, ‘Fai esperienza’ o ‘Sopprimi’. Le istruzioni iniziali hanno chiarito che ‘Guarda’ indicava che i partecipanti avrebbero dovuto guardare la figura in modo naturale; ‘Fai esperienza’ indicava che sarebbero dovuti entrare nell’atmosfera dello stimolo proposto, immaginando di essere coinvolti nella figura mostrata; ‘Sopprimi’ indicava che avrebbero dovuto guardare la figura con il distacco prospettico di un fotografo. In particolare, le loro analisi hanno riportato una specifica relazione tra i punteggi del Fattore 1 della psicopatia (Fattore affettivo) e le risposte emotive ad immagini negative. Gli individui più insensibili e anaffettivi hanno mostrato un minore aumento del battito cardiaco quando dovevano provare a entrare nell’atmosfera di immagini negative. Questo risultato suggerisce che la capacità di esperire emozioni negative è più compromessa ad alti livelli del Fattore 1. Gli individui con alti livelli del Fattore 1 falliscono nello sperimentare i segnali psicologici di cui gli individui con bassi livelli del Fattore 1 riescono a fare esperienza quando sono totalmente impegnati in processi emotivi negativi. Se gli psicopatici con alto Fattore 1 fossero meno capaci nel regolare le loro emozioni secondo le istruzioni, uno si dovrebbe aspettare che questo dovesse risultare chiaro almeno quando veniva chiesto loro di riferire come si sentivano in differenti condizioni di regolazione. Il fatto che i dati analizzati non mostrarono alcuna differenza nel livello di Fattore 1 limita questa spiegazione. Il fallimento nello sperimentare una risposta emotiva di fronte a materiale negativo conduce inevitabilmente ad una ridotta valutazione e comprensione della negatività, che a sua volta potrebbe gettare le basi per l’assenza di empatia che caratterizza il Fattore 1 della psicopatia (Casey, Rogers, Burns, & Yiend, 2013). In conclusione, lo studio sulla regolazione emotiva nella psicopatia di Casey e colleghi (2013) rivela una risposta cardiovascolare amplificata nell’elaborare immagini emotive negative rispetto a quelle positive in individui con alti livelli di psicopatia. È possibile che ciò rifletta un anomalo aspetto gratificante di materiale normalmente spiacevole nel caso di individui psicopatici. Inoltre, quando si tenta di sperimentare una risposta emotiva, ‘entrando nell’atmosfera’ delle emozioni trasmesse dall’immagine, i soggetti con Fattore 1 più alto mostravano una responsività ridotta, indicando che erano meno abili a fare ciò. In generale, ciò significa che mentre i soggetti psicopatici hanno una risposta cardiovascolare maggiore di fronte a materiale negativo rispetto a quello positivo, il sottoinsieme di soggetti che presentano alti livelli del Fattore 1 sono meno capaci di regolare intenzionalmente questa risposta. Questi risultati potrebbero essere usati per implementare i trattamenti clinici mirati alla modifica dei processi di regolazione emotiva nei soggetti violenti psicopatici (Casey et al., 2013). Comunque, spesso il Disturbo Borderline di Personalità e il Disturbo di Personalità Antisociale risultano molto associati tra loro e spesso si presentano in quadri di comorbilità (Howard, 2015). In particolare, il Modello dei Cinque Fattori di Personalità spiega questa associazione: entrambi i disturbi sono caratterizzati da bassi livelli di Gradevolezza (fiducia, franchezza, altruismo, condiscendenza, modestia, sensibilità) e da bassi livelli di Coscienziosità (competenza, ordine, rispettosità, impegno e riuscita, autodisciplina, considerazione), ma in più il Disturbo Borderline di Personalità è correlato in modo significativo e positivo con il fattore del Nevroticismo (ansia, ostilità rabbiosa, depressione, autoconsapevolezza, impulsività, vulnerabilità) (Samuel & Widiger, 2008).

di Martina Micheli

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