Comunicazione non verbale: stretta di mano

L’importanza della stretta di mano nella selezione del personale

Comunicazione non verbale e stretta di mano

 

Valeria Bafera

 

Qualunque sia il motivo di un’interazione formale, l’apertura avviene sempre con la cosiddetta “stretta di mano”, la quale può influenzare tanto la prima impressione quanto l’andamento di tutto il rapporto. Questo aspetto non verbale ha un’influenza non indifferente in un contesto di selezione, ciò nonostante la ricerca empirica a riguardo risulta carente.

Eppure la sua onnipresenza sia all’inizio che alla fine del colloquio, le modalità caratterizzanti la stretta (troppo forte, troppo lunga, fredda, sudata, ecc.), possono trasmettere importanti informazioni sul candidato, soprattutto sulla sua personalità, influenzandone la valutazione. Come osservato da Chaplin, Phillips, Brown, Clanton & Stein (2000), una buona stretta di mano potrebbe comunicare simpatia, estroversione, nonché dominanza; mentre una stretta di mano debole, povera, sarebbe valutata come indice di introversione, timidezza, nevrosi.

Greg L. Stewart, professore di organizzazione e management all’università di Iowa (USA), insieme ai suoi collaboratori Dustin e Barrick (2008), hanno esaminato il ruolo della stretta di mano nei colloqui di selezione, cercando di capire se essa influenzi effettivamente le valutazioni dell’intervistatore, mirando ad esplorare la natura di ciò che viene trasmesso e a valutare questo aspetto anche nelle differenze di genere.

Lo studio è stato condotto su un campione di novantotto studenti universitari, di cui cinquanta di genere femminile, con un’età media di ventuno anni. Ai partecipanti è stato chiesto di prendere parte ad un’intervista di selezione simulata e, per incitarli a mettere in atto la loro performance migliore, sono stati informati che coloro che avevano partecipato in precedenza a questo genere di esperimento riportando esiti favorevoli, avevano avuto l’opportunità di partecipare a reali colloqui di selezione con una conseguente assunzione.

A condurre i colloqui, sono stati chiamati cinque professionisti nel campo delle risorse umane, cui è stato chiesto di utilizzare lo stesso format d’intervista seguito per valutare candidati effettivi. In una fase precedente l’esperimento, essi sono stati, inoltre, istruiti a prendere in considerazione determinate dimensioni della stretta di mano (modalità di presa, resistenza, durata, contatto visivo, ecc.) e incaricati, una volta a contatto con la mano di un individuo, di rilasciare la presa soltanto dopo avere ricevuto l’input di rilascio da parte del partecipante.

Le variabili che sono state prese in considerazione hanno riguardato anzitutto le valutazioni sulla stretta di mano, la quale è stata giudicata sulla base di cinque caratteristiche, mediante l’utilizzo di punteggi di scala da uno a cinque; è stato chiesto di valutare la completezza della presa (incompleta o piena), la forza della stretta (debole o forte), la durata (breve o lunga), l’energia (bassa o alta) e il contatto visivo contemporaneo alla stretta di mano (assente o diretto). Inoltre, con le medesime procedure, sono stati analizzati i giudizi dei selezionatori inerenti la personalità e l’aspetto fisico (sia in termini di attrattività fisica che di abbigliamento) del candidato, nonché le loro decisioni di assunzione (un esempio: “Pensi che il soggetto sia molto qualificato?”).

Alla base della presente ricerca sono state formulate principalmente tre ipotesi-guida. Secondo la prima ipotesi gli individui con una solida stretta di mano riceverebbero valutazioni maggiormente positive durante i colloqui di selezione. Secondariamente è stata ipotizzata una correlazione positiva tra l’estroversione e le valutazioni sulla stretta di mano, tale per cui quest’ultima risulterebbe un mediatore comportamentale del rapporto tra l’essere affabile e la valutazione circa l’assunzione. Infine, gli autori hanno supposto che stretta di mano delle donne sarebbe valutata meno positivamente rispetto a quelle degli uomini, con un conseguente esito finale basso da parte dell’intervistatore per il genere femminile.

Dai risultati si evince che le prime tre ipotesi sono state significativamente supportate, riportando una relazione di associazione, tra le variabili analizzate, alquanto modesta. Diversamente da queste, invece, l’analisi non ha avvalorato l’ultima ipotesi, infatti, se è vero che le donne ricevono valutazioni sfavorevoli circa la stretta di mano rispetto agli uomini, questo non è stato tradotto in giudizi sfavorevoli da parte dell’intervistatore; le donne possono essere meno abili nello stringere la mano, ma sono dotate di altri punti di forza quali il contatto visivo, la postura, l’espressione del volto che compensano quella specifica carenza. Inoltre, se in media il genere femminile manifesta una debole stretta di mano, vi sono casi in cui è possibile percepire una presa compatta con una conseguente elevata valutazione da parte dei selezionatori rispetto al genere maschile.

Secondo quanto affermato dagli autori, questo sembrerebbe essere stato il primo studio a sostenere empiricamente l’assunto dell’importanza della stretta di mano nei colloqui di selezione: le persone che seguono comuni istruzioni per stringere la mano (come quello di avere una presa forte e allo stesso tempo mantenere un contatto visivo diretto con l’altro), vengono valutati dagli intervistatori come più idonei all’assunzione. Tuttavia occorre precisare una serie di questioni. Anzitutto che i dati qui riportati si riferiscono a un’intervista simulata, mentre ricerche future dovrebbero essere indirizzate a capire se le medesime relazioni si riscontrano anche nei colloqui reali, o se l’effetto differisce in base al tipo di mansione da svolgere.

La maggior parte dei selezionatori di questo studio, infatti, è stato incaricato di intervistare e selezionare per quei lavori che richiedono determinate esigenze sociali, ma potrebbe essere che la stretta di mano non risulti un aspetto fortemente connesso alle valutazioni degli intervistatori per quei lavori in cui l’interazione sociale non risulta fondamentale. Per di più, gli autori hanno scelto di isolare l’effetto della stretta di mano dalle informazioni accumulate in fase di pre-intervista, come i punteggi dei test, i quali possono fornire ulteriori dettagli circa le caratteristiche dell’intervistato.

Perciò, gli studi futuri dovrebbero esplorare se l’inclusione o meno di queste informazioni, possa alterare il rapporto tra la stretta di mano e i processi decisionali; bisognerebbe chiedersi se questo aspetto non verbale rappresenti un dato superficiale o comunichi realmente informazioni importanti sui candidati. Un ulteriore considerazione riguarda la rapidità con cui si arriva alla formulazione di certi giudizi. Una delle preoccupazioni maggiori sta, infatti, nella probabilità che gli intervistatori si creino rapidamente prime impressioni e cerchino in seguito di trovare quelle informazioni che verificano le loro percezioni iniziali (Dougherty, Turbante, & Callender, 1994). Proprio per minimizzare il pervenire di questi meccanismi, gli autori del presente studio si sono avvalsi delle valutazioni sulla stretta di mano provenienti da una fonte diversa di intervistatori; questo ha incrementato la convinzione sul fatto che una certa qualità di stretta di mano, trasmette qualcosa di significativo sull’intervistato che si riflette sul giudizio circa la sua idoneità all’assunzione. Certamente bisognerebbe valutare questo elemento insieme ad altre azioni di carattere non verbale che vengono messe in atto dall’intervistato durante il colloquio e trovare costante il suo effetto anche in altre fasi dell’intervista. Per esempio la correlazione tra l’estroversione e le valutazioni dell’intervista, ha supportato l’ipotesi che gli individui con una solida stretta di mano assumono comportamenti favorevoli anche durante il colloquio; nientemeno, l’estroversione è stata vista come un importante fattore predittivo della prestazione lavorativa e della capacità di svolgere con successo un lavoro.

Riepilogando, i risultati di questo studio danno, dunque, tre contributi specifici per una corretta comprensione della stretta di mano nei colloqui di selezione. Anzitutto forniscono il primo legame empirico tra questo aspetto e le valutazioni dell’intervistatore. In secondo luogo mostrano che una solida stretta di mano media l’effetto di estroversione; questo la rende un’importante elemento non verbale che può effettivamente comunicare informazioni sui candidati. Infine, rivelano che le donne possono ovviare ad una debole stretta di mano influenzando le valutazioni degli intervistatori mediante altri tipi di modalità comunicative.

Pertanto, dal punto di vista pratico, le conclusioni cui perviene questo tipo di studio, suggeriscono che l’effetto della stretta di mano nei contesti di selezione non dovrebbe essere ignorato, in quanto importante rivelatore di informazioni sul candidato. Esse si aggregano ad un’analisi storica di lunga durata sull’effetto di questo particolare aspetto; si pensa, infatti, che la stretta di mano abbia avuto origine nell’Europa medievale dove veniva utilizzata nei confronti dei re e dei cavalieri per segnalare la non intenzionalità a danneggiare l’altro (Hall & Hall, 1983). Quanto finora discusso, mostra che questa antica usanza ha assunto un posto rilevante nelle moderne interazioni di lavoro e, sebbene possa apparire una formalità di contesto, la stretta di mano rivela informazioni e influenza le valutazioni dell’intervistatore.

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