La Relazione Padre Figlio nell’Ottocento: psicologia

Il ruolo del padre nel periodo dell’industrializzazione

 

L’industrializzazione ha risucchiato il padre in un vortice di silenzio , caratterizzato dalla mancanza di interazioni con la famiglia e dalla pesante monotonia del lavoro che spoglia dell’interesse e della fantasia lui e i figli[1]. Il figlio per la prima volta si vergognerà del padre , che è ora un uomo depresso, svuotato, assente, che ha perso i suoi riferimenti e in parte i suoi valori, che si rifugia spesso nell’alcol e ,dietro compenso, nelle braccia di un’altra donna che non è la moglie. Nascerà così il problema dei ragazzi che non vogliono diventare grandi. Compare per la prima volta nella storia della società occidentale il padre indegno[2].

 

Il padre povero, urbanizzato ,privato della sua campagna , delle sue tradizioni e della sua identità, perde il rispetto degli altri e di se stesso. Il padre torna ad esistere quando si sente parte di una massa e sull’onda di questa compensazione alimenterà il sindacalismo e supererà la povertà. Ma ,come padre, la sua condizione rimarrà misera. Anche nei ceti medi il padre si allontanerà sempre di più dalla famiglia[3]. Anche in questo caso i padri sono assorbiti da attività che essendo sempre più complesse tolgono tempo alla famiglia e alle interazioni con i figli. La laicizzazione della famiglia procede senza fermarsi e se sul piano filosofico, la morte di Dio è discussa per la prima volta da Nietzsche alla fine del XIX secolo ,sul piano dei simboli essa coincide con la morte del re e insieme ad essa compone la grande metafora della scomparsa del padre[4].

[1] Ibidem

[2] Ivi, p. 214

[3] Ibidem

[4] Ivi, p. 216

di Carlotta Sabbatini

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