Aggressività femminile ed aggressività maschile: le differenze

Gli studi sull’aggressività sono andati sviluppandosi nel corso del tempo. Tali studi si sono a lungo concentrati sull’origine dei comportamenti aggressivi, chiedendosi se l’aggressività fosse generata da fattori innati o dall’apprendimento. Altre ricerche, invece, hanno cercato di sottolineare l’importanza delle variabili situazionali o del vissuto di ciascun individuo. Proprio questo aspetto ha permesso di esaminare le differenze sessuali di coloro che compiono atti aggressivi.

Molto spesso, i comportamenti aggressivi agiti dalle donne colgono impreparati. Essi, infatti, non fanno parte delle credenze comuni, inclini a considerare le donne come il genere che si prende cura degli altri, cooperative e benigne.[1] Proprio una visione stereotipata dei due sessi ha fatto sì che l’aggressività femminile fosse considerata come una caratteristica atipica. Infatti, se agli uomini sono solitamente affidate le caratteristiche di attività, ambizione, autonomia e decisione, le donne emergono per le loro qualità legate all’ambito interpersonale, come emotività, gentilezza, cordialità, sensibilità e, allo stesso tempo, passività e dipendenza.[2]

Per tale motivo, si è soliti pensare che le donne siano capaci di manifestare atteggiamenti aggressivi quasi esclusivamente per legittima difesa. I dati del Ministero dell’Interno per gli anni 1992-2006 sembrano confermare la visione di una donna meno aggressiva dell’uomo. Secondo tali dati, il 92,9% degli omicidi è commesso da uomini, mentre il restante 7,1% è agito da donne.[3]

Nonostante questi studi, tuttavia, occorre sottolineare come molti sono gli eventi di vita quotidiana in cui sono le donne a dar sfogo alla propria aggressività. Le indagini sull’aggressività hanno però il limite di sottolineare le differenze, più che le somiglianze, tra l’aggressività femminile e quella maschile.

Ad esempio, mentre i maschi, all’età di 2-3 anni, mostrano un comportamento più spiccatamente aggressivo, mediante lotta e lancio di oggetti quando sono arrabbiati, le femmine sembrano prediligere il pianto. Maccobby e Jacklin (1980) hanno inoltre sottolineato che i maschi preadolescenti esprimono la loro aggressività con un numero nettamente maggiore di spinte, strattoni o colpi.[4] Tuttavia, è soprattutto nelle bambine tra i quattro e sette anni che si riscontra una modalità diversa di aggressività, meno visibile: quella indiretta.[5] Con questo termine ci si riferisce in particolar modo ad un’aggressività che si manifesta a livello verbale mediante pettegolezzi, diffusione di voci false o svelamento di segreti, con l’intenzione di far del male o danneggiare qualcuno.

Dunque, le donne non sono meno aggressive degli uomini, sebbene questi ultimi mostrino livelli più elevati di aggressione fisica. Tuttavia, sia gli stereotipi comuni, sia la determinazione di ruoli sociali precisi, impediscono di considerare l’aggressività femminile come un fenomeno diffuso quanto quella maschile. Si pensa,però, che studi più moderni e meno attaccati a tale visione stereotipata dei generi possano far luce su un fenomeno sottovalutato e spesso ignorato.

 

 

 


[1]Salerno Alessandra, Giuliano Sebastiana (a cura di), La violenza indicibile, L’aggressività femminile nelle relazioni interpersonali, Milano, Franco Angeli, 2012, p. 31.

[2]Ibid.,Ibidem, p. 31.

[3]Ibid.,Ibidem, p. 31.

[4]Salerno Alessandra, Giuliano Sebastiana (a cura di), La violenza indicibile, L’aggressività femminile nelle relazioni interpersonali, Milano, Franco Angeli, 2012, p. 32.

[5]Coté et al. (2007) in Salerno Alessandra, Giuliano Sebastiana (a cura di), La violenza indicibile, L’aggressività femminile nelle relazioni interpersonali, Milano, Franco Angeli, 2012, p. 32.

di Giorgia Bonelli

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