Analisi psicologica del linguaggio politico sui social network
I social network hanno trasformato l’uso della grammatica e del linguaggio, che è diventato quello della rete. Nulla sarà più come prima.
Entrare in una libreria e trovarsi davanti interi scaffali di testi che si occupano di comunicazione digitale, è cosa che oggi non ci stupisce più.
E’ cambiato il modo di rappresentare la realtà e dunque anche quello di esprimersi.
Del resto, come afferma l’antropologo Marino Niola nel suo libro “#Hashstag“, i grandi passaggi epocali hanno sempre prodotto un sobbalzo nella lingua, un cambio di regime e di destinazione delle parole, nonché del loro rapporto con la realtà; in breve “le parole vengono ormai a noi, per parlare in nostra vece”49[1].
La nostra mente si adegua, per riformattare il senso di quello che s’intende dire su forme e spazi che diventano i motori del moderno modo di comunicare.
E’ l’Italia di Facebook, Twitter, Linkedin, del nuovo linguaggio, con le sue regole, i suoi vantaggi ed anche gli inevitabili pericoli.
La stessa comunicazione digitale, infatti, non è ancora stata metabolizzata. E’ necessario insegnarla e renderla “commestibile” ed utilizzabile e, soprattutto, liberarla dal suo potenziale di credulità assoluta, che è il rischio attuale; poiché siamo all’inizio dell’evoluzione dell’homo digitalis e l’avvio di un processo di “civilizzazione” e regolamentazione della rete, è solo questione di tempo.
Ben venga, dunque, l’inevitabile era dell’hashtag, ma come è sempre stato e cosè sarà, davanti ad ogni grande trasformazione e per affrontarla al meglio, è innanzi tutto necessaria una buona istruzione. Informarsi, confrontarsi, imparare le simbologie e farne pratica, sono dunque azioni necessarie per poter instaurare una corretta ed efficiente comunicazione sul web.
Ma a che punto siamo realmente? Come la “verbalizzazione digitale” ha cambiato il modo di informare ed ha trasformato i connotati del linguaggio?
La comunicazione in rete formatta il linguaggio e, di conseguenza, formatta il pensiero. Questo è vero per qualsiasi forma di comunicazione. Perché in una certa misura il mezzo modifica sempre il messaggio.
È stato così per la scrittura, per la stampa e tutte le altre rivoluzioni in ambito comunicativo.
Si acquista qualcosa e, inevitabilmente, si perde qualcos’altro. Il problema è di calcolo costi-benefici. Se bisogna attenersi dentro i 140 caratteri di twitter, ad esempio, la riduzione a slogan è quasi fisiologica.
La questione di fondo non riguarda questo o quel social network in particolare; quella che si profila è la possibilità di una progressiva digitalizzazione della mente, con la contrazione degli spazi che diventa contrazione del senso. E il 2.0 che da dispositivo comunicante si trasforma in modo di pensare, di sentire e di essere.
Incentivare l’istruzione, alfabetizzare i migranti digitali, insegnare, per quanto è possibile, a orientarsi nel mare del web, diventano pratiche necessarie al fine di costruire un sano e corretto utilizzo di questo potente strumento interattivo.
Tale processo di rinnovamento si è innescato anche per la sfera politica la quale, dopo la sua ufficiale entrata in rete, ha dovuto stravolgere il linguaggio, il modo di trasmettere messaggi agli elettori, la tipologia dei dibatti e le modalità di creare consensi.
Quello politico, però, è un linguaggio particolare, settoriale, quasi uno strumento di controllo e di persuasione delle masse, che si diffonde velocemente attraverso i social media e che va ad incidere sul linguaggio comune.
Il politico che si affaccia sul web, spesso sprovvisto di un lessico proprio, tende ad utilizzare terminologie appartenenti ad altre discipline, influenzando il linguaggio comune con termini a volte scorretti o svuotati del significato originale.
Analizzare la comunicazione politica, rimane quindi un atto fondamentale, per capire la società, il rapporto che esiste tra i cittadini e chi li governa ed anche per smontare la macchina di persuasione e di gestione del consenso.
Per molti anni il discorso politico è stato soprattutto un discorso orale, magari sotto forma di dibattito televisivo, caratterizzato, dal punto di vista comunicativo, da aspetti legati alla presa del turno, alla preminenza accordata alle componenti prossemiche, cinesiche, di intonazione, insomma a tutte quelle componenti che sono importanti quando ci si occupa di analisi della conversazione.
Ma sul web le cose sono radicalmente cambiate, il personaggio politico ed i suoi seguaci sono risucchiati da un “modus operandi” che ha regole molto diverse da quelle riscontrabili nel mondo reale; qui si deve imparare nuovamente a parlare, a stabilire una connessione comunicativa attraverso l’uso di linguaggi densi di simbologie, punteggiature, spazi ed abbreviazioni. Grazie ad un monitor, una tastiera e soprattutto all’acquisizione delle terminologie dei social network, il leader politico può comunicare in tempo reale con i suoi elettori, aggiornandoli su tutti gli sviluppi dell’azione politica, fare campagna elettorale e cercare di favorirsi sempre una maggiore fetta di voti. L’opportunità di utilizzare questo spazio, gestito in prima persona e senza mediazioni esterne, in cui attraverso uno scambio diretto soggetti politici e cittadini si incontrano e discutono sulle questioni di interesse comune, ci conferma l’espressione di una progressiva trasformazione dell’ecosistema mediale; insomma il web con il suo linguaggio e le sue espressioni è diventato parte essenziale del nostro vivere in società. Ed alle molteplici finalità, sulle quali si basano gli incontri virtuali sui social, si rispecchiano altrettante soluzioni comunicative diverse in base al partito politico, alla personalità specifica, alle caratteristiche peculiari e i diversi stili di ognuno. Da quando i politici hanno fatto il loro trionfale ingresso su Twitter, primo fra tutti il leader americano Barack Obama, nell’ormai lontano 5 marzo 2007, immediatamente l’interesse degli studiosi si è concentrato sul linguaggio da essi impiegato che è risultato essere, sotto diversi aspetti, molto innovativo. Tra gli studi fondamentali che hanno accresciuto il corpus delle ricerche linguistiche merita di essere menzionato quello della scrittrice Cristina Zaga la quale, ha eseguito un’analisi linguistica dell’italiano scritto nella piattaforma sociale di Twitter, cercando di definirne la tipologia testuale e di individuare i tratti sintattici e lessicali salienti del microblogging.50[2] Sara Bentivegna, invece, indaga la centralità della piattaforma della comunicazione in 140 caratteri nell’ambito della dimensione politica. I benefici che la studiosa individua sono sostanzialmente tre: connettere i parlamentari ai cittadini in modo diretto e a basso costo, la possibilità dei cittadini di esprimersi, la mancanza di intermediari come giornalisti o partiti politici.
Un’occasione molto interessante e per presentare le novità del nuovo linguaggio politico è stata offerta dal convegno biennale dell’Associazione per la Storia della Lingua Italiana, tenutosi a Napoli nel novembre 2014 e dedicato appunto a“L’italiano della politica e la politica per l’italiano”. In particolare è stata presa in esame l’opera di Stefania Spina “Openpolitica. Il discorso dei politici italiani nell’era di Twitter” che rappresenta, al momento, l’unico studio aggiornato e realizzato in volume su questo argomento. La studiosa dimostra le differenze rilevanti tra le strategie linguistiche e discorsive usate su Twitter e quelle impiegate in televisione, il mezzo considerato ancora dominante nella comunicazione politica.
Per questa analisi si è deciso di prendere in considerazione due personalità politiche molto in vista al momento e che detengono il primato di presenze on line: Matteo Salvini, deputato, europarlamentare e segretario della Lega Nord; Matteo Renzi, Presidente del Consiglio in carica.
Sono due personaggi molto presenti sui social networks e con personalità nettamente differenti, ma l’analisi si baserà esclusivamente sullo stile comunicativo dei loro rispettivi post su Facebook e Twitter, poiché questione centrale di questo studio è comprendere le dinamiche di conversazione e linguaggio.
Twitter, in effetti, rappresenta la piattaforma maggiormente usata dagli attori politici per formulare risposte, esprimere opinioni e scandire le proprie idee con semplici e telegrafici messaggi, ricorrendo all’utilizzo dei 140 caratteri per gestire la fan community e raggiungere i più svariati obiettivi.
La disponibilità di un account Twitter, nel corso di una campagna elettorale, risulta quasi indispensabile per rispondere a numerose esigenze comunicative. E’ di facile intuizione che la forza e l’impatto di un messaggio affidato ad un tweet, a tutti immediatamente visibile, sono difficilmente raggiungibili da altri canali.
In ogni caso, che si pubblichino tweet per rilanciare un hashtag, diffondere notizie, prendere posizione o attaccare un altro candidato o un partito, ricordare appuntamenti e sollecitarne la partecipazione, è difficile dissentire da chi sostiene che i soggetti politici utilizzano spesso lo spazio sui social come un canale pubblicitario privato.
Per questo le espressioni linguistiche, delineate nei caratteri della nuova simbologia digitale, assumono “tratti somatici” propri del personaggio che le utilizza; tutto assume sembianze che caratterizzano e vanno a sottolineare la personalità dell’autore del messaggio.
La piattaforma diventa allora strumento ideale di divulgazione e promozione, nella quale alienarsi dalla tradizionale mediazione dei giornalisti ma attivandone, al tempo stesso, l’attenzione ed ottenendo, molto spesso, una presenza nei media mainstream.51[3]
Paradigmatico, in tal senso, il tweet pubblicato da Matteo Renzi il 26 gennaio 2015 a commento del talk show televisivo “Piazzapulita” in onda su La7:
“@matteorenzi (26/1/2015, 22:45): Trame, segreti, finti scoop, balle spaziali e retropensieri, basta una serata alla TV e finalmente capisci la crisi dei talk show in Italia.”
Andando oltre il contenuto del giudizio espresso nel messaggio, si è trattato di un tweet che è stato commentato non solo nel corso del programma televisivo che continuava ad andare in onda, innescando un inedito cortocircuito tra tv e Twitter, ma che ha continuato a far discutere nei giorni successivi i maggiori quotidiani d’informazione italiani.
Matteo Renzi ha usato un linguaggio molto chiaro, semplice, pochissime parole, ben scandite, focalizzando un suo pensiero e mostrandolo al pubblico in rete in modo tanto diretto quanto incisivo, tant’è che ha suscitato una eco esorbitante a livello non solo televisivo ma anche giornalistico.
Citando una analoga situazione di ibridazione tra tv e Twitter, si può far riferimento al caso di Matteo Salvini che, nel corso di un programma televisivo dedicato all’elezione del Presidente della Repubblica e del quale era ospite, ha esordito pubblicando tweet molto critici nei confronti del programma stesso, provocando in tal modo la stessa scia di visibilità creata da Renzi nell’esempio precedente.
In entrambi i casi il messaggio ha riscosso popolarità, consensi e reclami ma, ciò che più importa, è che sia arrivato direttamente ed in tempo reale, all’attenzione del pubblico. Semplice, conciso, forte, chiaro, il linguaggio scandito nei messaggi di Renzi e Salvini appare, in tutte e due le circostanze, unito da un comune denominatore: arrivare subito all’utente.
L’equiparazione tra Twitter ed un’agenzia di stampa personalizzata, teorizzata dal alcuni, sembra essere decisamente convincente e tale da spiegare una parte significativa dell’attività dei politici sulla piattaforma. Soprattutto, poi, se si considera che, oltre a diffondere dichiarazioni, Twitter è ampiamente utilizzata per fare attività di self-promotion, attraverso pubblicazione dell’agenda politica, interviste e foto.
Oltre queste omonimie sporadiche di casi, la dialettica e le strategie dei due leaders, sono molto diversificate se si prendono in considerazione i periodi elettorali.
I due, infatti, oltre a contendersi la scena politica, giocano un derby nell’arena dei social network. L’obiettivo a cui tendere c’è ed ha un nome e un cognome: Beppe Grillo. Il volto del Movimento Cinque Stelle ha scritto con il suo blog e la successiva discesa in campo una delle pagine più importanti della Rete italiana. Una delle poche, a dire il vero, se si prova a fare un bilancio in occasione dei trent’anni dall’arrivo del Web nei nostri confini.
Renzi e Salvini hanno un’attività più canonica ed approfittano del filo diretto con gli elettori messo sul piatto d’argento dall’esplosione dei social newtork.
Il premier Renzi si è concentrato inizialmente su Twitter, facendo quello che l’analista di “Blogmeter”52[4] Vincenzo Cosenza definisce “un errore strategico storico”.
Il microblog è la piazza di politici e giornalisti, quella che forse agevola maggiormente il rimbalzo sui telegiornali della sera, ma a rappresentare gli italiani e la loro pancia, è soprattutto Facebook.
Su Twitter Renzi ha superato persino Grillo, raggiungendo 2,3 milioni di follower contro i 2 del comico genovese prestato alla politica.
Guadagna, secondo i dati raccolti da Blogmeter per la Digital Edition del Corriere della Sera, circa 1.400 follower al giorno e negli ultimi mesi ha fatto registrare poco più di un milione di interazioni. Lo strumento gli è congeniale ed ha iniziato a utilizzarlo fin dai tempi della “Leopolda”. La foto del suo profilo, con una informale t-shirt e rimasta immutata nel tempo, conferma la familiarità del leader con il sociale Twitter.
Matteo Salvini ha una strategia perfettamente speculare a quella del premier. L’arma affilata con cura è la pagina Facebook, che ad oggi conta quasi un milione e mezzo di fan.
Il leader del Carroccio è secondo solo a Beppe Grillo, che ha circa due milioni di seguaci.
“Si pone, non solo online, senza mezze misure: se stai con me bene, altrimenti niente”, come ha affermato il sociologo e saggista italiano Giovanni Boccia Artieri.
Salvini intercetta perfettamente il linguaggio preferito dagli italiani sui social network: quello dell’esaltazione o della critica senza se e senza ma, fa uso di molti punti interrogativi e fotografie, generando molte interazioni. Provoca, stimola e risponde ai commenti e, soprattutto, non lesina attacchi diretti al rivale omonimo ed al suo partito.53[5]
La maggior parte dei politici usa Twitter come mezzo di comunicazione personale e lascia a Facebook il compito di megafono più “istituzionale”. Matteo Salvini, al contrario, utilizza Facebook nel migliore dei modi; una scelta, ovviamente, non dettata dal caso ma frutto di una strategia ben precisa poiché, molto semplicemente, si è reso conto che in Italia il popolo viaggia su Facebook.
E in effetti è proprio così: Twitter sarà anche più alla moda, più facile nell’utilizzo su smartphone, più adatto a un utente socio-economicamente elevato ma quanto è effettivamente utilizzato dal popolo che poi si reca alle urne a votare?
Basti pensare che gli utenti di Facebook, in Italia, erano 26 milioni nel gennaio 2014; nello stesso periodo su Twitter erano attivi tra i 3 e i 4 milioni di utenti (a seconda della fonte). Ma la differenza non è solo quantitativa, è anche qualitativa: su Twitter si trova un elettorato mediamente più istruito e questo social sarà anche più adatto per le comunicazioni tra politici, giornalisti, blogger e quant’altro; ma è su Facebook che si ha la reale possibilità di comunicare con l’elettorato che si vuole conquistare. Questo, Salvini l’ha capito benissimo.
Ed è nella comunicazione con gli elettori e nel linguaggio decisamente più semplice di Facebook che la strategia di Salvini si allontana da quella degli altri politici.
I suoi post non sono delle semplici dichiarazioni, contengono quasi sempre al loro interno una domanda rivolta a chi quei post li legge. Arriva al cittadino e-lettore, lo esorta, lo include nel dibattito, lo fa sentire “importante”.
Nel corso delle campagne, infatti, i politici utilizzano i media digitali per aprire canali diretti con i propri sostenitori, attivando flussi comunicativi e proponendo linguaggi identificativi nell’intento di costruire e dare visibilità alle proprie proposte.
A livello di dialogo diretto con il cittadino è sicuramente Facebook ad instaurare un flusso partecipativo maggiore ma Twitter rimane, comunque, quello più utilizzato per i messaggi che raggiungono in modo altrettanto immediato il popolo digitale.
Motivo di tanto successo è l’alta densità e ricchezza lessicale di cui risultano essere caratterizzati i tweet; essi si concentrano sulle parole piene come i sostantivi, gli aggettivi, i verbi, gli avverbi, che hanno un proprio contenuto semantico autonomo ed indipendente, in contrapposizione alle parole grammaticali o funzionali, dette anche parole vuote, che tendono più facilmente ad essere eliminate.54[6]
La deissi55[7] temporale, largamente presente nei messaggi scritti sul social, è affidata ad avverbi ed espressioni avverbiali (ora, allora, fa), ad alcuni aggettivi (prossimo, futuro, scorso), ai dimostrativi questo e quello ed ai tempi della flessione verbale. Molto frequente nelle interazioni su questo social è l’occorrenza di su per localizzare dove seguire in diretta gli eventi o per rinviare a un sito in cui approfondire i contenuti accennati nei tweet.
I pronomi personali, che identificano i partecipanti allo scambio comunicativo, hanno una massiccia presenza sempre su Twitter.
I due pronomi maggiormente ricorrenti, soprattutto in Renzi e Salvini, sono proprio il noi ed il voi, che tendono a sottolineare una contrapposizione netta tra due operati politici diversi e di cui uno, corrispondente sempre al pronome di prima persona singolare o plurale, ritenuto indubbiamente il migliore. Deve essere notato anche l’uso esclusivo di “io” da parte dell’attuale premier che si contrappone, con questo pronome, non solo ai rappresentanti dell’opposizione ma anche ai membri del suo stesso partito intraprendendo un percorso del tutto personale.
Dal punto di vista sintattico, invece, notiamo la quasi totale assenza di un rapporto gerarchico di subordinazione come se si trattasse di un processo additivo in cui ogni breve frase aggiunge un’informazione nuova man mano che si va avanti nella lettura. Le subordinate implicite maggiormente presenti sono introdotte dal gerundio o dalla costruzione “per + infinito”, mentre troviamo un solo caso di tweet articolato in proposizioni principali e ben due subordinanti causali esplicite introdotte dalla congiunzione perché. Quest’ultimo è stato scritto da Alessandro Di Battista, rappresentante del Movimento Cinque Stelle, che dimostra ancora una volta la maggiore destrezza della nuova classe politica nel sapersi adeguare alle convenzioni di scrittura del social.
Indagare le risorse del discorso valutativo diventa una caratteristica fondamentale poiché esprimere posizioni personali e manifesta la propria soggettività, accresce la possibilità di creare comunità di utenti che condividono idee, valori ed emozioni.
Nonostante la valutazione venga più spesso espressa attraverso le categorie grammaticali degli aggettivi e dei verbi, anche l’impiego del carattere maiuscolo, che nel web equivale ad urlare, della ripetizione dei caratteri e degli emoticon56[8] risultano essere frequentemente utilizzati dai politici per intensificare il contenuto dei loro messaggi in mancanza dei tratti paralinguistici tipici del parlato.
In conclusione, nel sostanziale tentativo di avvicinarsi ai cittadini, il linguaggio dei politici sembrerebbe sforzarsi di acquisire immediatezza, semplicità e chiarezza sostituendo, grazie all’iscrizione su Twitter, le modalità verticali e monodirezionali tipiche del tradizionale discorso politico con una comunicazione orizzontale basata su una più efficace interazione tra pari.
49 Niola M., #Hasthtag – cronache da un paese connesso, Edizioni Bompiani, Roma, 2014, pp. 192-195.
50 Fonte: http://linguaggiodelweb.blogspot.it/2012/07/zaga-twitter.html.
51 Bentivenga S., A colpi di #tweet – La politica in prima persona, Edizioni il Mulino, Bologna, 2015, pp. 9-10.
52 Blogmeter è un marchio della società Me-Source Srl. Fondata nel 2007, è un’azienda specializzata nel fornire soluzioni di social media monitoring, analytics e management ad agenzie e aziende. Fonte: www.blogmeter.it.
53 Fonte: Fonte http://www.corriere.it//matteo-contro-matteo-sfida-social/.
54 Fonte: HYPERLINK “http://scintillediunarisata.blogspot.it/2015/10/il-linguaggio-dei-politici-italiani-su.html”http://scintillediunarisata.blogspot.it/2015/10/il-linguaggio-dei-politici-italiani-su.html/.
55 In linguistica, il ricorso, da parte del parlante, a particolari elementi linguistici, come i pronomi personali, gli aggettivi dimostrativi (questo, quello, ecc.), gli avverbî di luogo e di tempo (qui, adesso, ecc.), detti elementi o fattori deittici, necessarî per precisare chi sia il soggetto parlante e chi il suo interlocutore, e per situare l’enunciato nello spazio e nel tempo. Fonte: www.treccani.it.
56 Espressione simbolica realizzata tramite determinate combinazioni di caratteri (parentesi, due punti, punto e virgola, numeri, ecc.), con la quale un utente esprime il proprio stato d’animo negli sms, nei messaggi di posta elettronica o mentre dialoga in rete con un altro utente. Fonte: www.wikipedia.com.
Articolo di Debora Porfili
Corsi GratisScrivi a Igor Vitale