Analisi Psicologica di Ted Bundy: il serial killer che ha innorridito gli USA
Ted Bundy nasce il 24 novembre del 1946 a Burlington con il nome di Theodore Robert Cowell, poco dopo la sua nascita, la madre, essendo Ted un figlio illegittimo, torna a casa per definire chi dovesse prendersi cura di lui, affidandolo a persone fuori dalla famiglia. Dopo alcuni mesi, i nonni decidono di mantenere il bambino, lasciando intendere che si tratti di un figlio adottivo, al fine di non creare discussioni o imbarazzi. Probabilmente Ted Bundy aveva già al tempo capito la verità, tuttavia, per gli altri la madre sarebbe stata definita come sorella maggiore.
A livello psicologico, Bundy, si identifica con il padre, che è la sua principale figura di riferimento, in quanto il nonno muore quando Ted è ancora piccolo e questo rappresenta un trauma che Bundy dovrà affrontare. È qui che si avvia un processo di scissione del soggetto. È curioso notare che sebbene Ted Bundy racconti la sua infanzia come fortemente positiva, caratterizzata dalla buona presenza del nonno, non era così per gli occhi degli sconosciuti, che descrivono il nonno come arrogante e violento. La nonna era affetta a depressione caratterizzata da eventi depressivi così accentuati da necessitare spesso dell’elettroshock. Quando Ted diventa più grande, la verità non gli viene più nascosta e assieme alla madre si sposta nello stato di Washington assieme ad altri parenti, trova lavoro e si incontra un cuoco che sposa quando Ted Bundy ha l’età di 6 anni. Quando inizia a frequentare la scuola si distingue per il suo alto livello di intelligenza, sebbene spesso subisca delle note a causa del comportamento gravemente violento. I ragazzi che frequentavano la sua stessa scuola lo definiscono come una persona che evita i conflitti, ma pronto a rapide ed esplosive scariche di violenza. I risultati scolastici non mancano e la sua vita infantile ed adolescenziale sembra essere nella media – ad eccezione degli episodi di violenza – si tratta di un ragazzo che frequenta la chiesa e fa lo scout. In termini di sviluppo sessuale, sembra un po’ indietro rispetto agli altri ragazzi della sua età. All’età di 21 anni incontra una studentessa di nome Stephanie Brooks che idealizza e assorbe completamente la sua energia mentale. In qualche modo, era la persona più importante per lui. Dopo una prima frequentazione, Ted Bundy viene lasciato, Stephanie non lo riteneva un uomo di successo. Altro evento significativo avviene all’età di 23 anni, quando i suoi sospetti circa la natura della sua nascita vengono riconfermati dal ritrovamento del suo certificato di nascita. Era figlio illegittimo di un ex pilota d’aerei. Questo evento ha impattato sulla vita di Ted, che si caricava di un forte senso di rabbia nei confronti della madre, che anche a seguito della scoperta non gli darà informazioni sul padre. Dopo la scuola superiore si laurea in psicologia, inizia a studiare legge ed inizia una carriera in politica. Inizia a fare un uso massiccio di pornografia. In seguito al suo arresto per omicidio, durante la maggior parte delle interviste, Ted Bundy ha spesso fatto riferimento alla pornografia in legame all’omicidio.
Ted Bundy è un serial killer che tipizza le vittime, tende cioè a ricercare vittime che condividano le stesse caratteristiche. Si tratta infatti spesso di studentesse universitarie, alto livello di intelligenza, magre, single, di bell’aspetto, con la pelle chiara, i capelli lunghi e lo stesso tipo di capigliatura.
Quando uccide, rivive la sua relazione con la fidanzata, è come se agisse nuovamente per rivivere il conflitto e vincerlo. In questo modo, di fatto agisce come l’omicida caratterizzato da attaccamento evitante, descritto nel paragrafo 1.2., rivive un conflitto, cambiandone il finale, in quanto non solo non viene abbandonato, ma assume un controllo assoluto.
Il suo modus operandi era caratterizzata da sadismo e controllo assoluto sulle vittime. Agisce sempre allo stesso modo, attira l’attenzione della vittima tramite conversazioni e stratagemmi, la stordisce con un colpo alla nuca, la legava e la portava in luoghi sconosciuti. Fingeva talvolta di essere stato il suo salvatore, di averla salvata da sconosciuti. Le forti reazioni della vittima lo divertivano fortissimamente. A volte fotografava la vittima con certi vestiti o certe posizioni prima di ucciderle, si tratta di modalità che gli consentivano di rivivere la sue fantasie erotiche. Conservava con se queste fotografie. In alcuni casi Bundy violentava le sue vittime e le uccideva con strangolamento, era solito tagliare la testa e le mani della vittima, portando con sé queste parti del corpo per alcuni giorni. Un altro stratagemma classicamente utilizzato da Ted Bundy è quello di fingersi un poliziotto usando un travestimento per catturare l’attenzione della vittima. Viene arrestato per la prima volta all’età di 31 anni, ma riesce a sfuggire di prigione e successivamente commette altri omicidi. Il sadismo sessuale è spesso accompagnato da recidività. Viene quindi arrestato definitivamente l’anno dopo e condannato alla pena capitale. L’ordine viene eseguito il 24 gennaio 1989. Non ha mai ammesso di aver ucciso delle persone fino a poco tempo prima dell’esecuzione. Non è mai stato definito il numero esatto di vittime di Ted Bundy.
Il profilo psicologico di Ted Bundy è certamente caratterizzato da alcuni tratti tipici della vita del serial killer:
- famiglia multiproblematica
- numerosi traumi infantili e adolescenziale
- perversioni sessuali
- tipizzazione della vittima
- uso di stratagemmi e conversazioni per adescare la vittima
Uno degli elementi caratterizzati è sicuramente l’utilizzo massimo della pornografia. Sono numerosi gli studi che hanno indagato la relazione tra un certo tipo di pornografia e i comportamenti omicidiari. Una delle classificazioni originali della pornografia risale al 1984 e può essere così riassunta:
- pornografia sessualmente violenta: si tratta di pornografia che ritrae delle vittime che subiscono dolore
- pornografia disumanizzante non violenta: in questo caso la violenza è di tipo psicologico, le persone vengono ritratte in modo umiliante, poco umano, di fatto sono oggetti sessuali che seguono le indicazioni del soggetto di sesso maschile
- materiale erotico: si tratta di immagini esplicite dove c’è una relazione alla pari, si tratta di una relazione consenziente, non c’è nessun cenno di aggressione, violenza verbale o di altro tipo
La relazione di tali elementi e l’omicidio sussiste solo nei primi due punti e cioè quando la vittima viene tipizzata come “oggetto”. Questa relazione è discussa da molto tempo, alcune ricerche dimostrano che l’esposizione a stimoli pornografici non sia di per sé uno strumento che si connette alla violenza stessa, soprattutto nei casi in cui la persona che ne fa uso, non abbia una qualche forma di devianza pregressa. Un altro tipo di pornografia, ovvero quella sadomasochista, ha invece un ruolo diverso e certamente può far sorgere delle domande. In quanto in questi casi si tratta di persone che subiscono dolore, e questo può far attivare soggetti che vivono già alcuni conflitti sessuali. In questi casi, la pornografia s/m ha proprio il ruolo di giustificare e rafforzare tale comportamento. Questo tipo di pornografia ha certamente inciso sulla vita di Ted Bundy, che, come abbiamo visto era fortemente convinto di tale correlazione. Nella celebre intervista rilasciata prima di morire, Bundy afferma:
“è successo per gradi, mica tutto in una volta. Quando ero un ragazzo di dodici-tredici anni, trovai casualmente davanti casa un giornaletto pornografico. Di tanto in tanto, a noi ragazzi del quartiere, ci capitava di trovare riviste pornografiche, dalla grafica sempre più forte ed esplicita, di un tipo assai più esplicito di quella che avremmo potuto trovare nel negozio di alimentari vicino casa o anche nelle riviste poliziesche.
I tipi più pericolosi di pornografia sono quelli che coinvolgono la violenza e gli atti di violenza sessuale, perché l’unione di queste due forze porta ad azioni davvero terribili da descrivere. Secondo la mia esperienza, una volta che ti sei abituato alla pornografia che associa il sesso alla violenza, non ne puoi più fare a meno e diventa una specie di dipendenza come quella dalle droghe. Io cercavo continuamente nuovi materiali, più forti, più esplicite, con descrizioni più dettagliate. Come in una dipendenza sei sempre alla ricerca di qualcosa di più stimolante che aumenti il tuo stato di eccitazione. Finché non raggiungi quel punto in cui guardare non ti basta più e inizi a chiederti come saprebbe realizzare veramente alcune di quelle immagini che hai guardato un numero infinito di volte”.
Le affermazioni di Bundy in qualche misura possono apparire una sorta di modalità per spostare l’attenzione su fattori esterni, per deresponsabilizzarsi, tuttavia è possibile affermare che l’osservazione di comportamenti violenti, rafforza nel tempo la probabilità di mettere in atto effettivamente comportamenti violenti.
Non è possibile affermare che ci sia una relazione tra la visione di stimoli pornografici e il comportamento violento, tuttavia è possibile che questa rafforzi la condotta violenta già presente nel soggetto. La riesposizione allo stimolo, inoltre, porta ad uno degli effetti più gravi nelle dipendenza: la desensibilizzazione. Reifler et al. (1971) in questo senso parla di un vero e proprio processo di assuefazione alla pornografia, lo stesso soggetto ha quindi bisogno di stimoli sempre più forti nel tempo. Tale schema è sempre frequente nell’omicida seriale, inoltre, maggiore è il livello di aggressività del materiale pornografico, più è probabile che le fantasie pornografiche siano poi tradotte in azione.
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