Brain Derived Neurotrophic Factor (BDNF): dove si trova e come funziona
Tra le neurotrofine, la molecola maggiormente diffusa nel cervello dei mammiferi è il Brain-derived neurotrophic factor (BDNF). Recenti studi hanno modificato la loro tradizionale visione, suggerendo un inaspettato ruolo per tali fattori, ossia come
regolatori della trasmissione e della plasticità sinaptica (Thoenen, 2000; Poo 2001; Lu 2004). Infatti sia l’aumento che la riduzione nella secrezione cerebrale di questa proteina sono funzionalmente legati ai principali fenomeni di adattamento neuronale in differenti
aree cerebrali come trofismo o ipotrofismo, neurogenesi, LTP, aumento delle spine dendiritiche osservati in conseguenza ad arricchimento ambientale, comportamento motorio o interazioni sociali (Nithianantharajah e Hannan, 2006; Strasser et al., 2006; Yasuhara et al., 2007; Branchi, 2009; Baroncelli et al., 2009; Boger et al., 2010; Fredriksson et al., 2010; Cowansage et al., 2010).
Vari esperimenti hanno dimostrato che la sintesi di BDNF viene incrementata dai livelli fisiologici dell’attività sinaptica (Patterson et al., 1992; Dragunow et al; 1993; Rocamora et al; 1996), suggerendo un probabile feedback positivo da parte di BDNF.
La rilevanza fisiologica di questa azione è basata sull’osservazione che il BDNF è in grado di mediare le modificazioni attività-dipendenti dell’efficacia sinaptica, attraverso processi di LTP e LTD suggerito dal danneggiamento del potenziale di lunga durata (LTP) ippocampale osservato in topi knock-out per BDNF (Korte et al., 1995; Patterson et al., 1996).
La perdita del legame di BDNF attraverso TrkB nel cervello adulto di roditore mostra invece un deficit nella generazione dell’LTP (Xu et al., 2000).
In particolare, è stata data attenzione alla loro implicazione nella regolazione dell’LTP ippocampale, dimostrando una capacità di aumentare la forza delle connessioni sinaptiche implicate nei processi di memoria e apprendimento (Leal et al., 2014). Diverse
ricerche hanno infatti mostrato che una riduzione di livelli di BNDF o di recettori TrkB in topi causano una ridotta regolazione nell’aerea CA1 dell’ippocampo nelle varie fasi dell’LTP (Korte et al., 1995, 1996, 1998; Minichiello et al. 1999), correlata ad una diminuzione delle capacità di apprendimento in alcuni compiti (Linnarsson et al., 1997; Minichiello et al., 1999; Pozzo-Miller et al., 1999; Xu et al., 2000; Gruart et al., 2007).
In aggiunta a questi risultati è emerso che un’alterazione di alcuni geni che codificano per il BDNF, oltre a causare un deficit di rilascio dello stesso, avrà implicazioni anche nella memoria episodica (Egan et al., 2003; Ninan et al., 2010). In concomitanza con alti livelli
dell’attività sinaptica, i segnali di BDNF e del suo recettore TrkB influenzano inoltre la crescita dendritica e la densità delle spine dendritiche (Horch et al., 1999; Shimada et al., 1998; Yuste et al., 2001; Danzer et al., 2002).
Recenti studi ipotizzano che il precursore di BDNF e BDNF maturo attivano differenti segnali intracellulari (Woo et al., 2005; Matsumoto et al., 2008; Yang et al., 2009), in particolare pro-BDNF mostra una maggiore affinità per il recettore p75, probabilmente coinvolto nei processi di apoptosi (Roux e Barker, 2002; Lessmann et al., 2003), mentre il BDNF maturo ne ha una maggiore per il recettore Trk.
Gli effetti immediati del BDNF possono essere osservati nella modificazione di molecole già disponibili nelle sinapsi, come ad esempio nella fosforilazione proteica e nel lungo termine nelle modificazioni dell’attività sinaptica e nella trascrizione genica (Bramham e Messaudi, 2005; Lu et al. 2008; Minichiello, 2009; Cowansage et al., 2010; Santos et al., 2010; Park e Poo, 2013).
di Cinzia Governatori
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