Come affrontare la genitorialità: consigli dello psicologo

La genitorialità come processo psichico attraverso il quale un uomo e una donna diventano genitori, si fonda sullo spazio che i genitori costruiscono nella loro mente, destinato a contenere l’idea di un figlio e l’immagine di sé come madre e come padre. In questo spazio si confondono aree più antiche, che hanno a che vedere con l’immagine dei propri genitori, il ricordo dei rapporti con loro.

I processi biologici e psicologici sembrano tuttavia dispiegarsi attraverso percorsi diversi nell’uomo-padre e nella donna-madre: per la madre la maternità è inscritta nello spazio cavo del corpo femminile, mentre la paternità si pone fin dall’inizio del concepimento come un evento impossibile da percepire, immateriale ed incorporeo, per cui il primo requisito per la paternità è costituito da una specie di rappresentazione psichica.

Il Parto Naturale: il passaggio dalla gravidanza alla maternità è segnato alla separazione biologica del parto, contraddistinto da un difficile confronto tra il bambino immaginario e bambino reale, fra il ruolo di genitore fantasticato e quello di genitore reale. Il parto è in genere un evento drammatico e violento, spesso complesso ed imprevedibile, soprattutto dal punto di vista dei significati di vita e di morte. È necessario quindi uno scaffolding empatico, non giudicante e non intrusivo, costituito da ascolto, vicinanza, comprensione. La realtà moderna è caratterizzata invece da un processo di medicalizzazione dell’evento parto e dalla mancanza, spesso completa, di un sostegno psicologico alla donna.

Il Taglio Cesareo: questo tipo di parto, ormai praticato anche senza una reale necessità, è diventato il trionfo della medicalizzazione della nascita, imprigionata da una tecnica volontaristica che spesso porta al misconoscimento della complessità psichica dell’evento. Se da un lato ha prodotto il crollo della mortalità materna, per fortuna, dall’altro ha portato ad un aumento ingiustificato dei parti chirurgici, portando a due grossi errori: la trascuratezza degli aspetti emotivi legati al parto, l’applicazione di procedure mediche e chirurgiche anche nella maggioranza dei parti non a rischio.

E anche se la richiesta di taglio cesareo arriva da parte della madre, spesso essa si pone come difesa e come delega alla tecnica della responsabilità delle propria esperienza emotiva, psichica e somatica. In realtà, tanto più le aspettative negative circa il parto sono legate alla percezione del dolore, tanto più è necessaria un’atmosfera di ascolto e attenzione.

Obiettivo della ricerca è porre a confronto donne e uomini durante il periodo della gravidanza e del puerperio, in funzione della modalità di parto (naturale PS, cesareo urgente TC urg., cesareo programmato TC prog.) rispetto alla sintomatologia ansiosa e depressiva e le rappresentazioni materne e paterne.

Risultati: considerando la sintomatologia depressiva, le donne risultano maggiormente depresse rispetto agli uomini, indipendentemente dalla modalità di parto. Ciò evidenzia la maggiore complessità dell’evento psico-biologico gravidanza-parto e quindi del processo di maternalità. Le donne che hanno partorito con parto spontaneo sono maggiormente depresse.

L’evento parto, valutato come evento stressante per il travaglio e l’elaborazione psichica che questo comporta, insieme ai vissuti di separazione del nascituro, può lasciare subito dopo un carico d’ansia e sentimenti depressivi, legati al lutto evolutivo della nascita del bambino e di sé come madre: ma mentre le madri PS dimostrano una maggiore capacità di riflettere e contenere i propri stati mentali, le madri TC urg e prog dimostrano una difesa di opacità che si stende sul tempo della gravidanza e che può lasciare la donna impreparata ad affrontare l’incontro con il bambino reale, portando ad un significativo aumento della sintomatologia depressiva.

Le donne manifestano un maggior livello di ansia globale, rispetto agli uomini; ma il gruppo TC prog presenta livelli eccessivamente rilassati e flemmatici: sembra che la programmazione di un cesareo in anestesia parziale anestetizzi anche il parto psicologico.

Per quanto riguarda le rappresentazioni materne, emerge che tutte le donne rappresentano il bambino in termini più positivi rispetto a sé e al partner, tendendo ad idealizzare il bambino come oggetto-Sè e il partner come contenitore delle paure. In particolare, il parto programmato sembra essere visto come più asettico fa nascere un bambino e una madre più “pasticciati”.

In conclusione, i soggetti considerati, indipendentemente dalla modalità di parto e del sesso, si rappresentano il bambino in termini più positivi rispetto a sé e al partner, e inoltre si immaginano come genitori in termini più positivi rispetto ai propri. Si può pensare a un processo di idealizzazione che funzioni da scaffolding rispetto a identità immaginate e in via di costruzione.

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