Come Aumentare la Creatività

Cambiamento e creatività

 

“L’atto creativo deve produrre

qualcosa di unico e diverso

da tutto ciò che abbiamo visto finora.”

 Brewster Ghiselin, “The creative process” (1954)

 

Nella dimensione del coraggio che ha a che fare con la rottura del precedente schema, e quindi col cambiamento, ecco che subentra il concetto di creatività.

La creatività può essere considerata una modalità di organizzazione dei precedenti vissuti, della realtà percepita e dei significati. Un tentativo di creare nuovo ordine anche dove non veniva percepito, rivolgendosi verso il progresso e il cambiamento. Infatti, secondo Riccioni, una caratteristica peculiare delle modalità creative è il superamento delle dicotomie. In sostanza si tratta di un atteggiamento verso la realtà sociale che induce l’individuo a sviluppare la capacità di integrare gli “opposti” senza le limitazioni delle aporie culturali (I. Riccioni, 2007).

Tuttavia ci si può ancora chiedere quale rapporto intercorra tra la creatività e il coraggio. Davanti a questo quesito ci viene in aiuto Ferrarotti, che pone l’attenzione sull’epifenomeno dell’integrità della persona e dell’accettazione dell’ambiguità del vissuto, centrali nel processo creativo. Infatti sostiene che: “La creatività è la capacità di creare connessioni di senso tra fenomeni ed esperienze apparentemente lontani, trascendendo così la paura datità” (Ferrarotti, 2008). La paura cui fa riferimento Ferrarotti è l’emozione che richiede direttamente coraggio.

Il coraggio ha insita, nella sua dimensione di disaccordo delle tradizioni culturali, una componente creativa.

A tale proposito Riccioni considera due livelli di interpretazione della creatività: un livello sociale e un livello individuale, entrambi in grado di incidere sul comportamento. Se ne deduce che la creatività è un modo di guardare il mondo che comporta un diverso modo di collegare fenomeni e fatti sociali, e può essere considerata una via per l’innovazione nelle società organizzate – come quelle occidentali – unendo l’esperienza razionale a quella sensibile (Riccioni, 2007). La creatività è quindi anche una forma di socializzazione che segue connessioni e significati che non sono necessariamente in accordo con le tradizioni condivise di una comunità. Di conseguenza la sua rilevanza sociale è direttamente connessa con la sua capacità di creare nuove strutture di significati che appartengono in maniera sensibile alla comunità, e con l’abilità di dare forma a questioni vitali profonde che sono esperienza condivisa di una comunità (I. Riccioni, 2007). La rottura con un precedente schema cognitivo o con l’abitudine culturale può andare a discapito della socializzazione personale, e portare quindi al noto fenomeno dell’artista emarginato; tale rottura può essere attribuita al costrutto sottostante del coraggio. Il coraggio sembrerebbe essere, anche secondo la stessa definizione, un possibile fattore incentivante dello sviluppo della creatività o di un atto creativo.

 

“Courage is essential in the first place during the intellectual process that leads thinking individuals to arrive at conclusions contrary to the status quo, contrary, that is, to conventional wisdom” Schwebel (2001)

 

Rollo May, famoso psicologo statunitense, nel suo saggio dal titolo “The Courage to Create”, sostiene che il coraggio è necessario alla creatività, definendo quattro tipi di coraggio di cui uno, per l’appunto, creativo. Questo tipo di coraggio è costituito dalla scoperta di nuove forme e nuovi simboli (R.May, 1994). A questo concetto sostiene di ispirarsi Lissette Hall nello sviluppo della sua creative arts therapy.

Il lavoro di J. P. Guilford, strettamente connesso all’atto creativo, ci suggerisce il termine “pensiero divergente” in quanto capacità essenziale della creatività. Guilford asserisce che il pensiero divergente è la capacità di produrre una gamma di possibili soluzioni per un dato problema. Questo si differenzia dal pensiero convergente, in cui gli individui convergono – invece che discostarsene – sull’unica risposta accettabile a un problema e producono più o meno efficacemente la soluzione. Talvolta si afferma che i test di intelligenza si concentrino solamente sul pensiero convergente. Il concetto di pensiero divergente era velleitario.

È interessante notare come la capacità del pensiero divergente, misurata tramite appositi test (J. Land, B. Jarman, 1992), vede il suo picco durante l’età prescolare e viene gradualmente meno durante la scolarizzazione. Si potrebbe supporre che, in questo caso, nelle vite dei soggetti che preservano i maggiori punteggi nei test sul pensiero divergente il coraggio sia stato necessario per preservare un minimo di emancipazione dal sistema scolastico.

di Erica Boiano

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