Come funziona il ragionamento dei giudici

La psicologia dei processi cognitivi ci consente di definire uno schema funzionale del ragionamento giudiziario, inteso tecnicamente come processo mentale di raccolta ed elaborazione delle informazioni e generazione di ipotesi sottoposte a verifica.

Nella prima fase, in cui si utilizza il ragionamento abduttivo, fase abduttiva, viene generata l’ipotesi iniziale esplicativa di un evento significativo.
Nella fase di abduzione, basata su massime di conoscenza precedenti ovvero su associazioni cognitive, vengono formulate le congetture iniziali.

Nella fase deduttiva vengono invece esplorate e suffragate le conclusioni che sono state generate dalla ipotesi iniziale.
Il giudice è obbligato a verificare l’enunciato fattuale avvalendosi delle evidenze probatorie acquisite al processo, revisionando così l’iniziale fiducia riposta nella/e ipotesi esplicativa/e.
Questa della revisione è la fase induttiva.

La fase induttiva deve essere tenuta distinta dalla fase di formulazione dell’ipotesi: “data un’ipotesi, conosciamo le leggi logiche che dovrebbero guidare il suo controllo (ad esempio, la regola di Bayes). Al contrario, la generazione di un’ipotesi, cioè quel “venirci in mente” di una qualche congettura ove prima non ve n’era alcuna, è extralogica” (P. CHERUBINI, Fallacie nel ragionamento probatorio, cit., p. 271). La generazione di nuove richiedono l’attivazione di processi basati su associazioni e analogie.

L’abduzione procede, in realtà, a partire dalla conclusione; si tratta quindi di un procedimento logico incerto, poiché formula soltanto un’ipotesi, frutto di una precomprensione.
In questa fase si annida il pericolo di non riconoscere nella precomprensione una semplice ipotesi, creando in questo modo una falsa coscienza del problema. Quando ciò accade, la precomprensione si tramuta in pregiudizio.

Il processo di dimostrazione che, attraverso l’esplorazione e l’interpretazione degli elementi di prova raccolti, accredita una congettura è valido solo se se sono state esaminate tutte le conclusioni rilevanti.
Solo se l’ipotesi, ossia un’ipotesi inizialmente formulata come possibile, cioè la congettura iniziale della fase della abduzione, appare come la più probabilmente vera nel senso di massima verosimiglianza empirica, solo allora l’evidenza scientifica consente al giudice di giungere alla prova, cioè all’epilogo del processo, reputato come concludente della verifica.

Il ragionamento forense deve necessariamente essere dotato di coerenza, completezza e robustezza del modo in cui i diversi elementi di prova sono interpretati e concatenati.
La qualità scientifica dell’elemento di prova dipende dall’accuratezza e precisione del metodo usato nel raccoglierlo e validarlo (e dalla perizia di chi lo applica), la scientificità della dimostrazione dipende invece dalla bontà del ragionamento messo in atto dal giudice che legge, interpreta, concatena questi elementi di prova.
Tuttavia le conclusioni generate sulla base della congettura iniziale sono logicamente molteplici.
E molte dovranno essere le evidenze raccolte e interpretate, ogni volta revisionando opportunamente il grado di fiducia nell’ipotesi iniziale.

E, dopo aver raccolto ed esaminato tutte le evidenze disponibili, qualora non si riuscisse a raggiungere un grado di massima fiducia in una delle ipotesi generate, si dovrebbero abbandonare le ipotesi considerate e, se possibile, procedere con la generazione di altre ipotesi o con la sospensione del giudizio.
Infatti in condizione di simile incertezza scientifica il giudice non è in grado di assumere decisioni che vadano al di là di ogni ragionevole dubbio; procedere in giudizio in condizioni di incertezza produce sentenze frutto dell’intimo, anziché del libero convincimento del giudicante.

Il ragionamento forense o probatorio si basa quindi su una logica induttiva che, come tutti i processi di ragionamento di tal genere, può arrivare a produrre conclusioni false, pur partendo da premesse vere; la possibilità di errore infatti è intrinseca al ragionamento induttivo.
In questo modo si compromette lo stesso paradigma cognitivo del giusto processo, fra i cui presupposti essenziali sul piano processuale si pone principalmente proprio la verificabilità o falsificabilità delle ipotesi accusatorie in forza del loro carattere assertivo, e la loro prova empirica in forza di procedure che consentano sia la verificazione che la falsificazione.

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