Come funziona la mediazione sociale e interculturale

La mediazione sociale ed  interculturale è una professione che ha l’obiettivo di facilitare le relazioni tra gli autoctoni ed i cittadini stranieri, con l’intento di promuove la reciproca conoscenza e comprensione, al fine di favorire un rapporto positivo fra soggetti di culture diverse. Gli elementi che maggiormente caratterizzano i mediatori culturali sono la competenza comunicativa, l’empatia, l’ascolto attivo e la conoscenza sia del Paese di accoglienza, sia del Paese di provenienza (cultura, leggi, tradizioni, ecc.).

Il fenomeno migratorio sta assumendo anche in Italia, come già è avvenuto in altri paesi dell’Unione europea, una dimensione più marcatamente strutturale. Questa maggiore stabilita viene resa evidente dall’aumento continuo delle presenze, dall’avanzato processo di ricomposizione di nuclei familiare, dal notevole numero di minori figli di immigrati (in prevalenza nati in Italia)i e dal crescente inserimento della manodopera immigrata nel mondo del lavoro.Per i nuovi arrivati deve essere reso più agevole l’accesso ai servizi pubblici, da rimodellare in maniera tale da poter rispondere anche alle esigenze di questa nuova utenza. Resta pero il fatto che l’utente immigrato si trova in una più accentuata situazione di bisogno e di maggiore insicurezza per la scarsa conoscenza dei meccanismi della nuova società. Ciò esige, da un lato, un forte impegno di semplificazione amministrativa e, dall’altro, la messa a disposizione di una figura facilitatrice, che si adoperi per decodificare e raccordare i codici della società di accoglienza e di quella di arrivo, e all’occorrenza si faccia carico di tradurre, interpretare e anche riempire la modulistica, evitando i malintesi, le lungaggini e nei casi estremi la perdita dei diritti. Questa e una funzione conosciuta in molti paesi di immigrazione, dove si parla di interpretariato di contatto e di conversazione o di interpretariato sociale, comunitario e culturale, accentuando cosi la valenza tecnico-professionale nel primo caso e quella socio-culturale nel secondo.

La mediazione culturale, da considerare un vero e proprio ponte tra le due parti, serve ad agevolare il processo di integrazione degli immigrati e di mutamento della società italiana che li accoglie in un comune impegno di reciproco adattamento.
L’utilizzo di mediatori culturali immigrati presso gli uffici pubblici contribuisce a rimuovere gli ostacoli che impediscono o intralciano la comunicazione con gli utenti immigrati, specie di recente inserimento, prevenendo le situazioni conflittuali e favorendo il conseguimento dei loro diritti.

Ma il compito della mediazione culturale non si esaurisce nel facilitare le pratiche amministrative ai nuovi venuti, il che porterebbe a qualificarla come emergenziale. Nel senso più pieno la mediazione culturale consiste in un’azione d’insieme che favorisce l’integrazione culturale degli immigrati residenti in Italia e la loro accettazione da parte degli italiani su un piano di pari dignità. Accanto alla dimensione personale della mediazione vi e quindi quella collettiva, che coinvolge gruppi e associazioni e favorisce una vera e propria integrazione societaria. Il mediatore culturale e un operatore, dotato di una specifica preparazione, che nel processo di integrazione che si sviluppa a livello territoriale si inserisce nel territorio come figura “ponte” e interattiva tra gli immigrati, da una parte, e i servizi pubblici e la societa, dall’altra, al fine di interpretare le esigenze in campo e favorirne il raccordo.

Il riconoscimento professionale del mediatore culturale implica di per sé una sua istituzionalizzazione che, seppure secondo criteri di flessibilità, richiede un’adeguata messa a punto.

Le conoscenze di base, indispensabili all’esercizio della professione:

  • Padronanza della lingua madre e dei codici culturali sottesi del gruppo immigrato di riferimento.
  • Ottima conoscenza della lingua italiana.
  • Competenze relazionali, comunicative, di decentramento emozionale e culturale.
  • Buona conoscenza dell’organizzazione sociale e istituzionale italiana.
  • Accanto a queste, il mediatore interculturale, deve possedere conoscenze specialistiche sui settori in cui opera o andrà a operare, secondo la complessità dei campi d’intervento in cui si misura, “specializzandosi in quel settore e aggiornandosi continuamente”. Il mediatore interculturale è solitamente un immigrato o comunque una persona che, per esperienze pluriennali di vita, conosce i codici linguistici e culturali della popolazione migrante di riferimento.

Ambiti di intervento

Il mediatore interculturale, organizzato in associazioni o cooperative, opera in contesti ad alta densità d’immigrazione e interviene nei differenti ambiti della realtà sociale:

  • Nelle istituzioni pubbliche:
  • educative di ogni ordine e grado,
  • sanitarie (ospedali, consultori, ambulatori, pronto soccorso),
  • sociali (uffici per l’immigrazione e sportelli per il pubblico, servizi sociali, centri e
    comunità di accoglienza, servizi culturali, del lavoro e della formazione
    professionale),
  • giudiziarie (carcere, tribunali),
  • amministrative (Comuni, Province),
  • della pubblica sicurezza ( questure, prefetture, CTP).
  • Nelle agenzie, associazioni e cooperative che operano nel sociale nei contesti migratori.
  • Negli ambiti produttivi (imprese) e commerciali (banche), nelle organizzazioni sindacali di
    categoria, dove sono presenti immigrati.
  • Presso le famiglie e la popolazione immigrata

di Tanya Georgieva

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