Come non ricadere nella droga

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Nel percorso normalmente effettuato da un tossicodipendente la ricaduta successiva ad un trattamento di detossificazione è un evento naturale, da ritenersi un aspetto usuale nel trattamento della tossicodipendenza.

Infatti l’OMS definisce come usualmente recidivante la tossicodipendenza e sottolinea come il percorso del suo superamento sia solitamente lungo e contraddistinto da momenti di astinenza e da momenti di ricaduta nell’utilizzo di sostanze stupefacenti o tossiche[1].

Per attenuare i sensi di colpa connessi alle successive ricadute il tossicodipendente tende normalmente a ricercare responsabilità esterne, casuali o relative a specifici contesti o persone, che hanno condotto alla ricaduta.

Ciononostante le usuali ricadute non sono quasi mai generate da un fatto specifico, bensì sono caratterizzate da un percorso molto più complesso supportato da diverse motivazioni psicologiche e fisiologiche articolate e profonde.

Di seguito saranno approfonditi i vari aspetti connessi alle ricadute nell’alcolismo, l’attuale approccio alla loro prevenzione, e la connessione delle dimensioni psicologiche e fisiologiche che le supportano con il cosiddetto approccio motivazionale.

Tra gli autori che hanno sistematicamente approfondito questi aspetti e ne hanno favorito la loro comprensione possiamo ricordare Marlatt e Gordon. Questi autori hanno confermato le loro tesi con diversi studi effettuati nel corso del tempo[2]. Secondo questi autori le ricadute non sono connesse ad un singolo evento scatenante, bensì sono caratterizzate da un percorso molto più complesso composto da singoli momenti che orientano progressivamente verso la ricaduta dell’alcolista[3].

Sebbene gli stimoli legati al contesto ambientale siano a volte determinanti nel causare la ricaduta, la risposta ai quali è caratterizzata da una forte variabilità personale, molto spesso la ricaduta è favorita da una situazione psicologica precaria o da un malessere provocato da uno stato di eccessivo stress, ancorché distinto dall’utilizzo delle sostanze stupefacenti o dall’alcol.

Ciononostante, se gli stimoli legati al contesto ambientale assumono un carattere sistematico il soggetto alcolista è condotto in forti situazioni di rischio.

Queste ripetute occasioni possono attivare stati psichici di significativa sofferenza, con alternanza di situazioni emozionali fortemente negative o positive con conseguenti situazioni psico-fisiologiche precarie e negative.

Se le barriere erette per il superamento degli stimoli legati al contesto ambientale sono inadeguate, e l’alcolista inizia a bere, esperimenta il fallimento della rottura dell’astinenza creando una situazione negativa e spesso incontrollabile; spessissimo a questo primo evento segue la sistematica ricaduta.

La caduta delle barriere per la gestione delle occasioni negative è sempre connessa alla precaria situazione psico-emozionale del soggetto più che alla efficacia ed alla forza degli stimoli legati al contesto ambientale[4].

Questi stimoli sono spesso evocati dai soggetti che sono ricaduti perchè di più facile evocazione e comprensione, mentre hanno difficile accesso e consapevolezza delle loro condizioni psico-emozionali.

Nel processo di supporto del paziente al superamento delle sue ricadute assume pertanto una notevole importanza l’aiuto alla comprensione e gestione dei loro conflitti psico-emozionali.

Questo aiuto alla comprensione è particolarmente importante poiché il processo di ricaduta del soggetto è normalmente ripetitivo, seguendo un percorso in contesti usuali, ad alto rischio, nei quali il soggetto, sebbene gli aspetti contingenti possano essere distinti,  esperimenta i medesimi conflitti psico-emozionali[5].

I conflitti psico-emozionali descritti nel paragrafo precedente sono spesso accompagnati ed accresciuti da un forte ed incontrollabile desiderio fisiologico di bere alcol.

Il rafforzamento di questo desiderio fisiologico è spesso legato alla vicinanza fisica dell’alcol e psicologicamente ha un incremento esponenziale quando il soggetto esperimenta il fallimento della rottura dell’astinenza.

Il desiderio compulsivo per l’alcol è alimentato dai ricordi delle esperienze condotte personalmente in passato, legate alla sua forte e sistematica assunzione, e può essere all’origine della crisi di astinenza.

Il desiderio compulsivo è spesso provocato anche da forti elementi di contesto che evocano l’alcol, ma a volte può comparire senza alcuno stimolo effettivo con una genesi connessa alle esperienze pregresse che riaffiorano e che possono riproporsi anche dopo lunghi intervalli di tempo di mancata assunzione della sostanza[6].

Sono stati effettuati notevoli progressi nello studio e nella definizione delle origini genetiche nel desiderio dell’alcol, e delle sostanze psicoattive in genere, e della conseguente struttura della parte della mappa neuronica preposta alla gestione del desiderio dell’assunzione dell’alcol ed all’apprezzamento dei suoi effetti.

Questi studi hanno consentito di approfondire e prevedere la trasmissione genetica tra le generazioni di questi desideri neurologici all’assunzione di alcol.

Le sperimentazioni condotte in particolare sui ratti sulle origini genetiche nel desiderio dell’alcol, sono applicabili alla specie umana perchè hanno origine filogenetica molto remota, e non sono pertanto affette dalle successive evoluzioni della mappa neuronica umana[7].

L’origine filogenetica molto remota del desiderio compulsivo di alcol è confermata dalla incerta collocazione tra psiche e corpo delle sofferenze correlate a questo desiderio, che si contraddistingue per una difficile gestione verbale ma più consono ad essere affrontato con cure essenzialmente fisiologiche.

La sistematica riproposizione di un forte desiderio compulsivo alla sostanza tende a sostituire e sopprimere le esigenze connesse alle normali esperienze di vita. Ne deriva l’impossibilità di mantenere un corretto equilibrio psico-emozionale, poiché il desiderio compulsivo e l’attesa gratificazione altera completamente l’assetto psicologico del soggetto.

Ed è anche per questo che in situazioni di intenso desiderio compulsivo gli interventi di assistenza psicologica tendono ad essere inefficaci e devono essere quasi sempre affiancati, se non sostituititi, da necessari interventi farmacologici[8].

Articolo di Linda Rago

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[1] M. FERRI, ‎A. SAPONARO, ‎M. SANZA, Cocaina e servizi…, op. cit., pp. 60 ss.

[2] A. LUCCHINI, ‎F. NAVA, ‎E. MANZATO, Buone pratiche e procedure terapeutiche nella gestione del paziente, F. Angeli, Milano, 2008, pp. 78 ss.

[3] Ibidem.

[4] www.sostanze.info

[5] A. LUCCHINI, ‎F. NAVA, ‎E. MANZATO, Buone pratiche…, op. cit., pp. 78 ss.

[6] www.sostanze.info

[7] www.sostanze.info

[8] Ibidem.

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