Come riconoscere il Disturbo Post-Traumatico da Stress (DPTS)

Il disturbo post-traumatico da stress è inteso come un disturbo che ha una causa esterna evidente in un evento macroscopicamente elevato; nel DPTS i fattori di personalità assumerebbero una rilevanza minore, anche se ci sono alcuni autori che ritengono che la personalità incide sul DPTS in diversi modi, influenzando sia la vulnerabilità dell’individuo a sviluppare questo disturbo sia il decorso o l’espressione del DPTS stesso. Chi ci ha parlato inizialmente di disturbo post-traumatico e si è interessato al suo insorgere sono Pierre Janet, Abraham Kardiner e Henry Krystal. Secondo Janet, l’evento traumatico provoca un eccesso di attivazione neurologica tale da superare la capacità di adattamento emozionale e cognitivo e da produrre un insieme di fenomeni quali dissociazione della coscienza, amnesia e ottundimento emotivo, iper-responsività agli stimoli e possibile riattivazione dell’esperienza traumatica[1].

Kardiner, psichiatra che studiò a lungo gli effetti patogeni dei traumi di guerra, riprendendo il concetto di nevrosi traumatica proposto da Freud, affermò che il nucleo della nevrosi è una fisionevrosi. Questa si riscontra nel campo di battaglia e durante l’intero processo di organizzazione; sopravvive a qualsiasi espediente di adattamento intermedio e persiste nelle forme croniche. Kardiner si accorse che coloro che avevano avuto uno shock traumatico riportavano un’alterazione della concezione di sé e del mondo, una ricorsività dei ricordi che riguardavano l’evento traumatico, una maggiore suscettibilità agli stimoli collegati al trauma, un’intensa attivazione fisiologica (iperarousal)[2]. Krystal ha costruito la sua teoria del trauma su un’ampia ricerca clinica condotta soprattutto sui sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti. Egli distingue tra un tipo di trauma in cui la personalità è minacciata, ma non sopraffatta e un tipo di trauma definito catastrofico che aggredisce l’intera personalità e causa uno stato di impotenza completa.

Krystal ha avuto l’importante compito di revisionare alcuni aspetti della teoria psicoanalitica sul trattamento del trauma, ponendo l’accento sugli stati soggettivi nella patogenesi traumatica; questi stati coinvolgono sentimenti di impotenza e perdita di speranza derivanti dal confronto con una situazione soggettivamente sperimentata come una minaccia alla vita, qualunque potente emozione viene vista come una minaccia del ritorno del trauma originario; questi pazienti tendono quindi a somatizzare gli affetti, oppure cercano di controllarli attraverso un’eccessiva assunzione di farmaci, inoltre ha notato che negli stati post-traumatici questi soggetti possono presentare una ridotta capacità di trovare calma e conforto in se stessi, non sono più in grado di addormentarsi naturalmente e fanno difficoltà a manifestare a parole i propri stati emotivi, sia per quanto riguarda l’esperire il proprio corpo sia nelle relazioni con l’ambiente esterno[3].

Il DPTS è stato inserito ufficialmente nel manuale diagnostico dell’ American Psychiatric Association (DSM) nel 1980, ma già nella letteratura del Novecento è stato descritto con dizioni differenti (es. nevrosi da guerra, cuore del soldato, shock post-traumatico) per indicare una patologia che insorge acutamente in conseguenza dell’esposizione ad eventi stressanti di gravità estrema. Mentre nella letteratura dei primi anni Ottanta si faceva riferimento prevalentemente alle conseguenze psicologiche di soggetti esposti a operazioni di guerra,  da parecchi anni le situazioni potenzialmente in grado di portare allo sviluppo del DPTS sono aumentate, mantenendo nel DSM IV il riferimento alla “gravità oggettiva estrema” della situazione.[4] Un’importante tappa dello sviluppo del DPTS è stata l’esplicita menzione, nel DSM-III-R(1987), della comparsa clinica del DPTS nei bambini. Dopo una serie di riformulazioni, il DPTS, oltre ad essere descritto nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali ( DSM-IV-TR; APA,2001)è stato inserito anche nella Classificazione Internazionale delle Malattie e dei Problemi Correlati-10 ( ICD-10; OMS,1995). Sia per l’ICD-10 che per il DSM-IV-TR, il DPTS si presenta in conseguenza ad uno stressor traumatico in grado di mettere a rischio l’integrità psicofisica del soggetto, se non la sua stessa vita. C’è da sottolineare che nei due sistemi diagnostici ci sono delle differenze sostanziali nel descrivere questo disturbo.

Diversamente dal DSM-IV-TR, l’ICD-10 delinea la possibilità che vi siano fattori predisponenti, come tratti di personalità (ad esempio compulsiva, astenica) o una precedente storia patologica nevrotica, capaci di abbassare la soglia dello sviluppo della sindrome o aggravare il suo decorso. Per l’ICD-1O il distacco emotivo non è necessario per la diagnosi della sindrome. Altra differenza con il DSM-IV-TR è la preferenza di una sola diagnosi piuttosto che un’associazione di comorbidità con altri disturbi psichiatrici.[5]

 

 


[1]              Lingiardi, V. (2004) “La personalità e i suoi disturbi” Milano: Il Saggiatore

[2]              Craparo, G. (2013) “Il disturbo post-traumatico da stress” ,Roma: Carocci Editore

[3]              Gabbard, G.O, (2007) “Psichiatria psicodinamica”, quarta edizione, Milano: Raffaello Cortina Editore

[4]              Fullerton, C.S., Ursano, R.J., (2001), “Disturbo post-traumatico da stress. Le risposte acute e a lungo termine al trauma e al disastro.” Torino: Centro Scientifico Editore

[5]              Craparo, G. (2013) “Il disturbo post-traumatico da stress” ,Roma: Carocci Editore

di Ilaria Tabarretti

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