Come Riconoscere la Bulimia Nervosa – Psicologo Bologna

Bulimia è una parola che deriva dal greco e significa “fame da bue“.

La definizione di bulimia nervosa risale al 1979 con Russel.

È una sindrome che si presenta in soggetti di sesso femminile tra la tarda adolescenza e la primissima giovinezza. Secondo il DSM-IV i criteri diagnostici sono:

  1. ricorrenti abbuffate, dove l’abbuffata è definita dalle seguenti caratteristiche:
  • mangiare in un definito periodo di tempo una quantità di cibo significativamente maggiore di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili;
  • sensazione di perdere il controllo durante l’episodio;
  1. ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie, per prevenire l’aumento di peso (vomito autoindotto, diuretici, digiuno, eccessiva attività fisica…);
  2. le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano in media almeno 2 volte a settimana per 3 mesi almeno;
  3. i livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporeo;
  4. l’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa.

I due sottotipi della bulimia nervosa sono:

  1. con condotte di eliminazione: vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici, ecc.;
  2. senza condotte di eliminazione: il soggetto utilizza altri comportamenti compensatori inappropriati quali digiuno e esercizio fisico eccessivo.

Il DSM-IV, come per l’anoressia, esclude da questa sindrome quelli che definisce “ disturbi dell’alimentazione non altrimenti specificati”, cioè sindromi che non soddisfano appieno i criteri diagnostici specificati per il disturbo. Rientrano in questi “ altri disturbi” sindromi in cui la frequenza di abbuffate e delle condotte compensatorie è inferiore a 2 episodi a settimana per 3 mesi, oppure le ricorrenti abbuffate in assenza delle condotte compensatorie, ecc.

Il soggetto bulimico avverte il bisogno di assumere grandi quantità di cibo ma con la spiacevole sensazione del binge eating, cioè di non essere capace di controllare il proprio comportamento. È frequente l’assunzione di cibi ricchi di calorie come dolci e pasta, ma ciò che caratterizza l’episodio bulimico è l’atteggiamento compulsivo con cui il cibo è ingerito e non il desiderio verso un determinato alimento. L’episodio bulimico può essere scatenato da alterazioni dell’umore, situazioni di ansia e stress. I soggetti riferiscono un’incapacità di controllarsi e di interrompere l’assunzione di cibo per una scelta volontaria. Queste abbuffate solitamente avvengono in solitudine a causa della vergogna che prova il soggetto per il suo comportamento abnorme; inoltre, alla sensazione del binge eating seguono depressione e preoccupazione per l’aumento di peso e, quindi, le condotte di eliminazione. Il vomito all’inizio è indotto volontariamente, ma poi segue spontaneamente, condotta che, con l’eccessivo esercizio fisico o l’uso di diuretici, portano il soggetto, magari inizialmente sovrappeso, a diventare sottopeso. Non è rara anche l’assunzione di farmaci antidepressivi o anfetamine, o alcol fino a diventarne dipendenti.

La bulimia nervosa può esordire in soggetti di peso normale, ma soprattutto in soggetti in sovrappeso o obesi.

Anche se non ci sono tratti della personalità caratteristici delle persone bulimiche, si tratta di frequente di soggetti borderline con impulsività, o con personalità ossessiva, isterica; spesso è presente la “personalità falso sé” caratterizzata da soggetti che appaiono ben realizzati, efficienti a scuola e nel lavoro, capaci di ottenere successi, dietro, invece, si celano sentimenti di scarsa autostima e di dipendenza. Spesso queste caratteristiche si riscontrano anche nella famiglia: in queste famiglie, a differenza di quelle delle anoressiche, la conflittualità emerge più facilmente e si tratta di situazioni patologiche come depressione, dipendenza da alcol, ecc. E’ proprio come risposta a queste realtà che il soggetto si isola, si lascia andare tra abbuffate e vomito: spesso la situazione non è solo passeggera ma si cronicizza e la terapia (farmacologica o psicoterapia) è molto difficile, considerando anche l’instabilità sei soggetti.

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