Come uscire da una setta e liberarsi dal controllo mentale

Autrice: Nidja Fico

E’ possibile per un individuo, coinvolto in una setta satanica, uscirne?

Ed è possibile farlo, liberandosi dal pesante fardello delle credenze, degli atti commessi e della paura di eventuali ritorsioni?

Per rispondere a queste domande si deve approfondire un altro aspetto del problema, cioè: che cosa accade nella realtà psichica dell’adepto tanto da spingerlo a manifestare nei confronti del gruppo un atteggiamento assolutamente dipendente, di obbedienza cieca e irrazionale, di passiva accettazione verso qualunque regola, con la conseguenza di annichilirsi davanti alla figura carismatica del capo della setta.

Quando il satanismo esce dall’oscurità per occupare le prime pagine dei giornali, la maggior parte delle persone pensa che gli individui coinvolti siano quasi sicuramente vittime di un <<lavaggio del cervello>>. Il lavaggio del cervello è una tecnica di manipolazione mentale tipicamente coercitiva, in cui l’individuo sa fin da subito di essere una vittima, nel caso del satanismo, però, l’adepto non viene forzato in maniera esplicita ad entrare nella setta, dunque non è possibile parlare di <<lavaggio del cervello>>, ma dobbiamo far riferimento a una strategia di manipolazione mentale meno evidente: il controllo mentale.

Per aiutare qualcuno a uscire da una setta satanica occorre conoscere la filosofia satanista, le caratteristiche delle sette, cosa è e come agisce il controllo mentale, in che modo e in che misura tutti questi fattori condizionano la psiche di una persona.

L’Exity Stategy Theraphy (E.S.T.) è una strategia terapeutica non coercitiva, che consente di aiutare le persone a uscire dalle sette distruttive.

Nelle fasi iniziali, questo metodo terapeutico si avvale della collaborazione degli amici e dei familiari dell’adepto. Il coinvolgimento di persone che hanno fatto parte della vita dell’adepto, anche prima dell’affiliazione, serve per avere informazioni affinché si possa pianificare una strategia d’aiuto, che tenga conto della sua personalità.

La famiglia ha un’importanza fondamentale nell’aiutare una persona a uscire da una setta satanica.

In genere, quando qualcuno entra in una setta ciò si ripercuote su tutti i suoi cari, pertanto è necessario insegnare loro delle tecniche di comunicazione, in modo che, ogni volta che comunicano con l’adepto, lo facciano con la massima efficacia, sfruttando le leve emozionali e personali che possono indirlo a collaborare.

Questo tipo di approccio è totalmente centrato sul paziente, il terapeuta deve capire a fondo la persona che ha di fronte: quali sono i suoi valori, i suoi bisogni, cosa vuole e come pensa, in modo da aiutarla a fare ciò che realmente è meglio per lei.

La prima fase della terapia non consiste nell’allontanamento repentino della setta, perché il rischio potrebbe essere quello di rappresentare una minaccia troppo pericolosa per un adepto, che è ancora invischiato nei meccanismi di manipolazione mentale della congrega. Si rischierebbe di mettere seriamente in pericolo la possibilità di aiutare l’adepto a uscire dalla setta.

La strategia più efficace, invece, consiste nel non attaccare il sistema di credenze a cui aderisce e nel mostrargli, a poco a poco, rispettando i suoi tempi di elaborazione, l’imbroglio psicologico di cui è stato vittima.

Quindi bisogna mostrare al soggetto che è caduto in una trappola, vale a dire che si trova in una situazione in cui è psicologicamente inerme e da cui non può uscire; inoltre deve essere reso consapevole del fatto che non ha mai scelto volontariamente di entrare in una trappola; infine, occorre far nascere in lui la consapevolezza che, se vuole, può uscire dalla trappola.[1]

Il percorso per sbloccare il controllo mentale

I passi fondamentali da seguire per aiutare un individuo a uscire da una setta, secondo l’E.S.T., sono:

  • Costruire un rapporto di fiducia;
  • Sviluppare un modello di identità sano;
  • Entrare in contatto con l’Io pre-cultista;
  • Fornire prospettive diverse da cui guardare la realtà.

Costruire un rapporto di fiducia è fondamentale perché si crei l’alleanza terapeutica, cioè terapeuta e paziente si alleano per aiutare il paziente a risolvere il problema. Il terapeuta, a poco a poco, diventa un punto di riferimento importante, da cui il paziente si sente accettato e accolto, e a cui vale la pena affidarsi. Questo è un aspetto fondamentale per l’efficacia della terapia, perché solo se si sviluppa una buona alleanza l’adepto riesce a sperimentare un rapporto valido, che rappresenti una sana alternativa a quello vissuto con gli altri membri della setta. L’adepto, così, comincia a sviluppare la convinzione che il suo valore come essere umano non dipenda dall’appartenenza al gruppo settario.

Quindi, se la persona tende ad attribuire al satanismo tutto ciò che è di positivo gli è capitato ed è riuscito a fare nella propria vita, è importante fargli capire che il merito è suo e non del demonio o dell’energia della setta.

Si va così a modificare gradualmente il modo in cui la persona pensa al proprio stato prima di entrare nella setta. Ovviamente far raggiungere all’adepto questo livello di consapevolezza non è semplice e non viene quasi mai ottenuto in tempi brevi, perché per arrivare a questo punto bisogna capire la persona <<dal suo interno>> ed entrare delicatamente nei suoi processi di pensiero, nei disagi che vive ma che non vuole ammettere neanche a se stessa, nelle sue emozioni e nelle sue paure, spezzare la regola della segretezza imposta dalla setta e aggirare le procedure di autoinganno, che mette in atto per mantenere la coerenza della personalità satanista.

L’aiuto da parte dei familiari o di altre persone affettivamente significative in questa fase è fondamentale per entrare in contatto con la personalità precultista dell’adepto. Questa strategia consente di confrontare la personalità cultista con l’identità reale e rendere consapevole l’adepto della differenza presente quando agisce da satanista o con il suo vero Io.

Portarlo a sperimentare questa alternanza di identità consente a far emergere una discrepanza, rispetto al concetto di sé che ha strutturato da quando è diventato un satanista, che sarà fondamentale per sbloccare il suo vero Io.

A questo punto, nell’adepto inizia a emergere il ricordo realistico delle esperienze precedenti all’adesione alla setta, sicché egli è pronto a riesaminare i pensieri e i sentimenti che hanno accompagnato ogni singola fase del suo reclutamento.

Il seguace di una setta satanica è talmente condizionato psicologicamente che blocca tutti i pensieri negativi sulla dottrina, sull’organizzazione e sulla setta e crede che il suo gruppo sia superiore e diverso da tutti gli altri. Questo processo di blocco del pensiero interviene soprattutto quando l’adepto sente che qualcuno sta attaccando la scelta che ha fatto. In questo senso, il blocco del pensiero funziona come uno scudo da alzare contro chiunque sia ritenuto un nemico, perché contrario alla setta o al satanismo. Ovviamente, quando l’adepto non percepisce questo <<pericolo>>, il blocco del pensiero non viene messo in atto. Il terapeuta quindi deve essere bravo nel meritare credibilità agli occhi dell’adepto e non deve mai attaccare o criticare la setta o la dottrina.

Buona parte della strategia terapeutica fa in modo che il soggetto abbia più prospettive da cui osservare la situazione.

Quando l’adepto ha raggiunto un grado di consapevolezza adeguato, è pronto a lasciare la setta. A questo punto, il lavoro terapeutico consiste nel fargli elaborare e superare la paura di lasciare la setta. Forse questo è uno degli scogli maggiori della terapia perché, quando l’adepto vuole abbandonare la setta, subisce diverse minacce e ricatti, anche contro i suoi familiari, che determinano in lui sensi di colpa e paura ad abbondonare il gruppo.

Superato anche questa fase, l’adepto può lasciare la setta, perché questa non ha più alcun controllo sull’identità dell’adepto, che può decidere liberamente di non farne più parte.

 

Il trattamento sugli adolescenti

Gli adolescenti si avvicinano al satanismo per tentare di sperimentare una maggiore sensazione di potere e di controllo sulla propria vita, in quanto spesso possiedono una bassa autostima e provano sentimenti di alienazione e solitudine.

Affinché l’E.S.T. abbia esito favorevole anche con i più giovani, è necessario utilizzare delle accortezze che tengano conto dell’età delicata e dei bisogni legati alla fase dello sviluppo che sta attraversando.

Innanzitutto l’adolescente si deve sentire accolto e compreso dal terapeuta. L’ambiente terapeutico, inteso come il clima emotivo che caratterizza la relazione la relazione, è molto importante nel trattamento dei giovani coinvolti nel satanismo. Esso, infatti, fornisce una cornice all’interno della quale il giovane può sperimentare modi di interazione che non siano basati sull’abuso, ma sulla reciprocità e sul sostegno.

L’adolescente, inoltre, deve essere rassicurato riguardo al fatto che né lui, né la sua famiglia dovranno temere ripercussioni dalla setta satanica. Allo scopo di costruire un rapporto di fiducia e d’incoraggiarlo a credere nel processo terapeutico, il clinico deve stabilire un clima d’intimità.

Non appena l’adolescente si sente sicuro, l’esperienza clinica ci consente di affermare che potrebbero essere necessario settimane o mesi prima che un adolescente si senta pronto a rivelare i dettagli intimi del suo coinvolgimento, nel culto satanico, il terapeuta può iniziare a focalizzare la terapia della separazione, sia fisica che emozionale, dalla setta o dalla figura adorata.

Prima di aderire al satanismo gli adolescenti generalmente provano un forte senso di alienazione e di impotenza, il culto satanico invece dà loro la sensazione di possedere un potere superiore rispetto agli altri, aumentando l’autostima. Il terapeuta, dunque, deve aiutarli ad avere fiducia in se stessi, fare loro capire che hanno il controllo della propria vita e che hanno il potere di influenzare il proprio futuro, senza ricorrere ai rituali satanici.

Una volta che il giovane abbia sviluppato una motivazione personale al cambiamento, può essere inserito in un contesto terapeutico di gruppo.

I gruppi psicoterapeutici sono particolarmente utili per la terapia degli ex adepti, perché insegnano loro ad esprimere in modo adeguato i propri sentimenti, li aiutano a ridurre i sentimenti di solitudine e infine consentono loro di sviluppate delle abilità di problem-solving.

Gli ex adepti: psicologia e psicoterapia

Uscire da una setta è indubbiamente un fatto positivo, ma il processo di rinserimento nel <<mondo reale>> per queste persone può essere estremamente difficoltoso. Se, una volta lasciata la setta, gli ex adepti non intraprendono una buona terapia, le paure e i condizionamenti, che si portano dentro, indotti dal culto satanico continuano ad essere presenti nella loro vita psichica e a influenzare tutta una serie di aspetti della loro vita pratica, spingendoli spesso a rientrare nella setta dopo qualche tempo.

Se le persone che hanno fatto parte di una setta satanica non ricevono una psicoterapia adeguata, sono destinate a soffrire molto tempo per gli effetti dell’apparenza al gruppo e difficilmente riusciranno vivere una vita libera e serena. Dopo aver lasciato una setta il soggetto va incontro a una serie di disagi psicologici, che, se non vengono trattati in maniera adeguata, possono trasformarsi in disturbi mentali importanti, quali ansia, depressione, disturbi psicotici, deliri. Questi disturbi scaturiscono dal fatto che, una volta usciti da una setta, il proprio Io è ancora diviso fra la personalità pre-cultista e la personalità di setta. Infatti, tutti gli ex adepti vivono continuamente dei momenti in cui sentono riemergere la personalità di setta; questo fenomeno può accadere ina maniera automatica, oppure in presenza di uno stimolo esterno che ricorda loro l’appartenenza alla setta.

Questo stato di profondo malessere può determinare disturbi del sonno, come insonnia, incubi ricorrenti, ripetuti svegli notturni. Di conseguenza, se il condizionamento non viene trattato con psicoterapia adeguata, la persona, quando si trova in una condizione di particolare vulnerabilità, può vivere dei momenti terribili, in cui si sente estremamente in colpa o impaurita, temendo che le possa accadere qualcosa per aver lasciato la setta.

Un altro serio problema è rappresentato dai profondi sensi di colpa per quanto la persona ha fatto mentre era nel gruppo. Alcuni ex satanisti hanno partecipato ad azioni criminali e immorali quali lesioni, maltrattamento di animali, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, profanazione dei cimiteri, minacce, attività sessuale perversa. Le ferite di relazioni basate sulla dissacrazione del proprio corpo e di stessi sono difficili da sanare senza l’aiuto di un esperto.

Lo scopo finale di questo lavoro terapeutico è quello di aiutare chi ha fatto parte di una setta a liberarsi da qualunque forma di condizionamento, e di integrare in modo consapevole nella propria storia di vita il significato dell’esperienza vissuta nella setta.

[1] Hassan S., Mentalemte liberi, Avverbi, Roma 1999.

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