Cosa succede nel cervello quando provi un’emozione
Neuroscienze ed emozioni
2.1. L’ipotalamo e il fenomeno della falsa rabbia
Le emozioni implicano l’azione di un gran numero di aree cerebrali. Alla fine degli anni ‘20 Bard scoprì che tra queste aree cerebrali coinvolte un ruolo molto importante era rivestito dall’ipotalamo. Fece degli esperimenti con gatti decorticati ai quali era stata rimossa la corteccia e vide che essi rispondevano in modo aggressivo alla minima sollecitazione. Questa risposta aggressiva dei gatti, eccessiva e generalizzata, venne denominata da Bard “falsa rabbia”. Questa risposta si manifesta in seguito alla rimozione degli emisferi cerebrali escluso l’ipotalamo che riveste perciò un ruolo fondamentale nel determinare risposte aggressive mentre la corteccia al contrario ha un ruolo inibitorio su queste risposte.
Nello stesso periodo Hess, Walter R. realizzò degli esperimenti scoprendo che la stimolazione dell’ipotalamo provocava risposte tipiche della rabbia. Hess denominò questo fenomeno “reazione di difesa affettiva”.
2.2. Il sistema limbico
Nelle emozioni entrano in gioco diversi siti subcorticali che si trovano nella regione del tronco encefalico e nell’ipotalamo, come ad esempio la sostanza grigia periacqueduttale (che coordina le risposte emotive) e l’amigdala.
Nel 1878 il neurologo francese Broca, Paul fece uno studio nel quale venne rilevata l’esistenza di un insieme di aree corticali distinte dalla corteccia che Broca denominò “lobo limbico” poiché costituiva un anello intorno al tronco encefalico e al corpo calloso. Il lobo limbico comprende quindi la corteccia che circonda il corpo calloso, vale a dire il giro cingolato, la corteccia che si colloca sulla superficie mediale del lobo temporale ed infine l’ippocampo. Broca non descrisse l’importanza che queste strutture avevano nell’ambito delle emozioni e solo a partire dagli anni ‘30 si evidenziò il coinvolgimento di queste strutture nell’emozione.
In questo periodo il neurologo americano Papez, James ipotizzò l’esistenza di un sistema emozionale con la funzione di connettere la corteccia e l’ipotalamo, noto come circuito di Papez. In questo circuito la corteccia cingolata raggiunge l’ipotalamo attraverso l’ippocampo e il fornice e l’ipotalamo raggiunge la corteccia attraverso i nuclei talamici anteriori.
Secondo Papez l’ipotalamo governa l’espressione dell’emozione (attribuendo valore emozionale agli stimoli sensoriali e determinando risposte vegetative ed espressive appropriate) mentre la corteccia cingolare è implicata nell’esperienza delle emozioni. Nel circuito l’ipotalamo e la corteccia si influenzano reciprocamente e si possono quindi legare espressione ed esperienza emotiva.
Papez inoltre pensava che l’ippocampo avesse un ruolo importante nell’emozione poiché può essere colpito dal virus responsabile della rabbia, che è caratterizzata da risposte emozionali come paura e aggressività eccessiva e ipotizzò che l’ippocampo fosse in relazione con l’esperienza emotiva.
Successivamente numerose ricerche hanno sottolineato l’importante ruolo svolto dall’amigdala e viene fatta una distinzione tra circuito medio-dorsale (che corrisponde al circuito di Papez) focalizzato sull’ippocampo, avente soprattutto funzioni di tipo mnestico e il circuito baso-laterale centrato sul nucleo amigdaloideo, con funzioni di tipo emozionale. Le ricerche indicano che l’amigdala è il luogo in cui viene dato un significato emozionale alle informazioni esterne; si è evidenziato infatti che dei nuclei talamici proiettano direttamente all’amigdala senza una precedente elaborazione dei dati sensoriali a livello corticale.
Vista la forte somiglianza tra le strutture che costituiscono il lobo limbico e quelle del circuito di Papez, l’insieme di strutture coinvolte nell’espressione delle emozioni prende il nome di sistema limbico, termine che venne diffuso da McLean, Paul che incluse nel sistema limbico altre aree come i nuclei del setto, i corpi mamillari dell’ipotalamo e l’amigdala.
2.3. Il caso di Phineas Gage
I lobi frontali giocano un ruolo importante nelle emozioni e delle lesioni in queste aree cerebrali possono influire sull’espressione emozionale e determinare modificazioni di personalità. Un esempio è rappresentato dal caso di Gage, Phineas capocantiere che nel 1848 fu vittima di un grave incidente. Mentre sistemava una carica esplosiva con un tondino di ferro per far saltare una roccia, probabilmente a causa di una scintilla, ci fu un’esplosione e il tondino di ferro gli colpì il volto, penetrando nella guancia sinistra sotto l’occhio e fuoriuscendo, dopo aver attraversato il lobo frontale, dalla parte superiore del cranio. Gage sopravvisse e venne assistito dal neurologo Harlow, John che ricucì la ferita. Dopo qualche mese Gage era apparentemente normale ma in realtà il danno subito causò un drastico cambiamento di personalità. Mentre prima dell’incidente era una persona responsabile, efficiente e benvoluta, in seguito divenne irascibile, irriverente, capriccioso, tanto che perse il lavoro e condusse una vita da girovago. Morì 12 anni dopo e oggi il cranio di Gage e il tondino di ferro sono esposti presso il Warren Anatomical Medical Museum dell’Università di Harvard.
Nel 1994 gli studiosi Damasio, Hanna e Antonio fecero una ricostruzione computerizzata della lesione cerebrale di Gage. Dopo aver fotografato il cranio da diverse angolazioni, prestando molta attenzione al punto di entrata e di uscita del tondino, costruirono quindi al computer un’immagine tridimensionale del cranio e successivamente costruirono anche un’asta di ferro tridimensionale che venne inserita nell’immagine computerizzata del cervello di Gage. Così gli studiosi scoprirono che il tondino di ferro aveva danneggiato le aree prefrontali mediali, che hanno dunque una funzione importante sia nel ragionamento e progettazione che nelle emozioni.
2.3.1. La lobotomia frontale
Venne scoperto, anche in seguito al caso di Gage, che lesioni cerebrali influiscono sul comportamento emozionale del soggetto e per questo molti clinici iniziarono ad utilizzare la psicochirurgia per il trattamento di disturbi emozionali e per il controllo di comportamenti violenti.
Nel 1949 venne consegnato il premio Nobel a Moniz, Egas per lo sviluppo della tecnica della lobotomia frontale, nella quale si inseriva un bisturi sotto l’osso dell’orbita oculare e lo si oscillava in direzione mediale e laterale per disconnettere i lobi frontali senza la loro rimozione. L’utilizzo di questa tecnica si basava sull’osservazione che lesioni frontali riducevano l’aggressività perché determinavano la distruzione di strutture limbiche; poiché quindi il sistema limbico controlla le emozioni, un problema emozionale può essere risolto distruggendo parte di questo sistema. La lobotomia frontale portava infatti ad una riduzione dell’ansia, dei comportamenti violenti, ma presto comparivano anche diversi problemi. Si registrava un appiattimento e un’alterazione delle risposte emozionali, oltre che difficoltà di pianificazione, di concentrazione, come manifestato da Gage.
2.4. La lateralizzazione delle emozioni e il concetto di emozione inconscia
Diverse ricerche hanno evidenziato la presenza di una lateralizzazione cerebrale delle emozioni che vede l’emisfero destro ricoprire un ruolo di maggior coinvolgimento nelle emozioni rispetto all’emisfero sinistro. L’emisfero destro è dominante per quanto riguarda il riconoscimento e la produzione dell’espressione facciale e la prosodia, che è il tono emotivo della voce. Le espressioni facciali iniziano e si manifestano con maggiore intensità sul lato sinistro del volto, che è infatti controllato dall’emisfero destro e questa asimmetria delle espressioni facciali si manifesta anche nelle scimmie rhesus. Ma questo non significa che l’emisfero sinistro non abbia un ruolo importante; si è rilevato infatti che la percezione dell’espressione facciale delle emozioni è compromessa sia da lesioni temporali e frontali dell’emisfero destro che da lesioni frontali dell’emisfero sinistro.
Emergono effetti di lateralizzazione anche all’interno della stessa corteccia prefrontale in quanto le ricerche indicano che le emozioni negative sono maggiormente controllate dalla corteccia prefrontale mediale mentre le emozioni positive dalla corteccia prefrontale laterale.
Studi più recenti hanno suggerito che gli stimoli sensoriali possono determinare effetti emozionali sul cervello anche in assenza di consapevolezza.
Una dimostrazione di ciò viene da diversi esperimenti condotti da Ohman, Arne e Dolan, Ray. Inizialmente fecero notare che presentando molto velocemente una faccia arrabbiata e poi una faccia inespressiva i soggetti vedevano solo la faccia inespressiva (che sembra costituire lo stimolo che maschera la faccia arrabbiata). Nell’esperimento poi si presentavano ai soggetti una serie di volti e ogni volta che si presentava la faccia arrabbiata veniva somministrata una piccola scossa elettrica sul dito del soggetto. In seguito a questo condizionamento si presentavano nuovamente le facce arrabbiate seguite dallo stimolo mascherante (facce inespressive) e ogni volta che venivano mostrate le facce adirate i soggetti manifestavano la risposta automatica di aumento di conduttanza cutanea nonostante non fossero consapevoli della faccia arrabbiata. I risultati di questo esperimento hanno determinato l’introduzione del concetto di emozione inconscia.
2.5. Il ruolo dell’amigdala
2.5.1. La sindrome di Kluver-Bucy
Nel 1939 i neuroscienziati Kluver, Heinrich e Bucy, Paul notarono che l’asportazione bilaterale dei lobi temporali, detta lobotomia temporale, sulle scimmie provocava un quadro di sintomi che prese il nome di sindrome di Kluver-Bucy. Questa sindrome è caratterizzata da un’aumentata tendenza ad esplorare oggetti, che le scimmie riuscivano ad identificare solo utilizzando la bocca, da cambiamenti nelle abitudini alimentari, con la tendenza ad ingerire qualunque cosa, da un’aumentata attività sessuale ed infine da cambiamenti emotivi, caratterizzati da una diminuzione della paura e dell’aggressività. Normalmente le scimmie sono molto restie a farsi toccare dallo sperimentatore e danno manifestazione di paura e aggressività, mentre le scimmie che presentano questa sindrome si fanno toccare e non mostrano paura neanche in presenza di animali come il serpente che normalmente induce loro terrore. Infine si registra una diminuzione della vocalizzazione e dell’espressione facciale relativa all’emozione della paura. I lobi temporali che vengono rimossi determinando questa sindrome comprendono non solo la corteccia ma anche strutture sottocorticali come l’ippocampo e l’amigdala e si ritiene che nei primati la sindrome di Kluver-Bucy sia determinata proprio da una lesione all’amigdala.
L’amigdala ha quindi un ruolo critico nell’emozione della paura e dell’aggressività e nel riconoscimento delle espressioni facciali della paura. È importante anche per l’aggressività che caratterizza il mantenimento di una posizione sociale all’interno di una gerarchia. In un esperimento eseguito da Pribam, Karl alcune scimmie che vivevano insieme stabilirono una gerarchia sociale. Vennero praticate delle lesioni all’amigdala della scimmia dominante e questo determinò la perdita della posizione dominante in gerarchia perché divenne meno aggressivo e più facile da sfidare.
2.5.2. L’anatomia dell’amigdala
L’amigdala è situata nel lobo temporale ed è composta di diversi nuclei: i nuclei basolaterali, i nuclei corticomediali e il nucleo centrale. I nuclei basolaterali ricevono le informazioni provenienti da tutti i sistemi sensoriali dirette all’amigdala. Le informazioni vengono poi trasmesse al nucleo centrale, che è la principale zona efferente dell’amigdala. Attraverso le due maggiori vie che connettono l’amigdala all’ipotalamo, che sono la via amigdalofuga ventrale e la stria terminale, il nucleo centrale proietta le informazioni all’ipotalamo laterale che media le risposte del sistema nervoso autonomo e al nucleo paraventricolare dell’ipotalamo che regola le risposte neuroendocrine agli stimoli di paura. Dunque la stimolazione elettrica del nucleo centrale determina l’aumento della frequenza cardiaca, della pressione che si osservano nel condizionamento della paura, mentre al contrario una lesione impedisce queste risposte del sistema nervoso autonomo. Il nucleo centrale proietta anche ad aree corticali associative quali la corteccia orbitofrontale e il giro del cingolo e svolge un ruolo importante nella regolazione del livello di vigilanza.
Per riassumere quindi l’amigdala viene attivata dagli stimoli provenienti dai vari sistemi sensoriali e determina risposte del sistema nervoso autonomo ed endocrino che vengono regolate dall’ipotalamo. Lesioni all’amigdala portano ad un appiattimento emozionale e ad una riduzione della paura e dell’aggressività, come si verifica nella sindrome di Kluver-Bucy.
Nei pazienti affetti da epilessia del lobo temporale è visibile a volte la presenza di comportamenti violenti e del sentimento di paura che accompagna le crisi epilettiche. Il sentimento di paura è visibile nell’espressione del volto e nel tono della voce e questo stesso sentimento può attivarsi stimolando direttamente l’amigdala.
L’amigdalectomia bilaterale o rimozione dell’amigdala è stata usata per ridurre l’aggressività e la paura. La conseguenza principale di questa lesione è l’incapacità di riconoscere l’espressione facciale della paura. Un esempio è rappresentato dal caso di S.M., una donna con danni bilaterali all’amigdala dovuti alla malattia di Urbach-Wiethe, un disturbo genetico che causa la calcificazione bilaterale dell’amigdala e della parte mediale del lobo temporale. S.M. aveva un QI nella norma e non aveva difficoltà ad identificare le persone in fotografia e neanche a riconoscere le espressioni facciali di felicità, disgusto, tristezza; tuttavia aveva molte difficoltà nel descrivere e riconoscere la paura. Oltre alla difficoltà di riconoscimento delle espressioni facciali negative (paura) i soggetti trovano difficile anche riconoscere altri stimoli meno preferiti.
2.5.3. Il caso di Charles Whitman
L’amigdala e la corteccia prefrontale sono le due aree cerebrali più importanti per le emozioni e una loro lesione può modificare radicalmente la personalità e il comportamento dell’individuo. Accanto al caso di Gage, P. un altro importante caso è rappresentato dal texano Whitman, Charles che ad un certo punto della sua vita decise di scrivere una lettera d’addio in cui spiegava di avere molte idee di tipo compulsivo e in cui emergeva la consapevolezza di avere un problema, tanto che nella lettera chiedeva che una volta morto gli venisse fatta un’autopsia per comprendere la ragione dei suoi comportamenti compulsivi.
Il 1° agosto del 1966 Whitman uccise la moglie e la madre e il mattino dopo salì sull’edificio dell’Università e iniziò a sparare ai civili. Whitman venne ucciso e nell’autopsia emerse un tumore all’amigdala, la ragione dei suoi comportamenti.
Le memorie per gli eventi emozionali associati alla paura possono persistere a lungo e l’amigdala influisce arricchendo i ricordi di contenuto emozionale.
L’amigdala ha delle connessioni con le reti della MLT, come il sistema ippocampale e aree corticali connesse all’ippocampo, coinvolte nei ricordi a lungo termine e connessioni con la corteccia orbitale, coinvolta invece nei ricordi a breve termine.
2.5.4. Amigdala e paura condizionata: la teoria di Joseph LeDoux
Numerose ricerche si sono concentrate sullo studio della paura condizionata, ossia quella paura che può essere indotta associando la presentazione di uno stimolo condizionato inizialmente neutro ad uno stimolo incondizionato negativo. In un esperimento di Kapp, Bruce e colleghi si presentavano a dei conigli diverse tonalità di suono. Uno di questi toni (SC) veniva accompagnato da una scossa elettrica (SI) al contrario dell’altro. Dopo diverse associazioni suono-scossa i conigli sviluppavano una paura condizionata e rispondevano con un aumento della frequenza cardiaca al suono che era stato seguito dalla scossa.
LeDoux, Joseph ha identificato i circuiti neurali implicati nel condizionamento uditivo della paura. Inizialmente ha scoperto che le manifestazioni di paura condizionata vengono impedite da lesioni bilaterali del nucleo genicolato mediale del talamo, mentre lesioni bilaterali della corteccia uditiva non producono nessun effetto. Ciò evidenzia che l’instaurazione della paura condizionata richiede che lo stimolo uditivo giunga al talamo mentre non è necessario che arrivi alla corteccia. Questo è possibile perché il nucleo genicolato mediale proietta anche ad un’altra struttura diversa dalla corteccia ossia l’amigdala, che valuta il significato emozionale degli stimoli e permette di esperire lo stato emotivo. Lo stimolo viene condotto poi dall’amigdala ad altre strutture neuronali che mediano le risposte emotive come l’ipotalamo, che evoca risposte del sistema nervoso simpatico (ad esempio aumento della pressione sanguigna) e il grigio periacqueduttale, che evoca risposte comportamentali e difensive appropriate. Anche la corteccia uditiva svolge una funzione importante nel fenomeno della paura condizionata. Infatti secondo LeDoux esistono due circuiti attraverso cui gli stimoli giungono all’amigdala:
-una via diretta, dal talamo all’amigdala, rapida, che fornisce una valutazione immediata ma anche piuttosto approssimativa sulle caratteristiche dello stimolo;
-una via indiretta, dal talamo alla corteccia uditiva all’amigdala, più lenta, ma che fornisce invece una valutazione dettagliata dello stimolo.
La via sottocorticale o diretta permette all’amigdala di individuare rapidamente gli stimoli pericolosi provenienti dall’ambiente, di indurre uno stato di attivazione e di innescare una risposta emotiva consentendo di rispondere agli stimoli pericolosi prima di sapere esattamente cosa siano (come sostiene LeDoux è meglio reagire a delle circostanze potenzialmente pericolose come se lo fossero che non reagirvi affatto), mentre è necessario l’intervento della corteccia per controllare le risposte fisiologiche e attivare reazioni difensive specifiche in quanto la corteccia analizza dettagliatamente le caratteristiche dello stimolo, a differenza dell’amigdala che effettua un’analisi più superficiale.
Anche un contesto ambientale, se viene a contatto con stimoli paurosi, può acquisire la proprietà di indurre emozioni come la paura. Questo processo in cui il contesto provoca paura in seguito all’associazione a stimoli paurosi prende il nome di paura condizionata contestuale. Per studiare questo fenomeno si sono utilizzate procedure di condizionamento contestuale, ad esempio: un ratto viene posto all’interno di uno specifico ambiente dove è condizionato a prevedere la somministrazione di una scossa elettrica contemporaneamente alla presentazione di un suono. Dopo il condizionamento il ratto manifesterà paura non solo al suono (SC) ma anche a quell’ambiente in assenza del suono.
L’ippocampo svolge un ruolo fondamentale nella paura condizionata contestuale: lesioni bilaterali prodotte prima dell’addestramento impediscono lo sviluppo di risposte contestuali di paura mentre non interferiscono sul condizionamento ad uno stimolo specifico. Lesioni bilaterali prodotte dopo l’addestramento impediscono il mantenimento delle risposte di paura contestuale senza avere effetto sul mantenimento delle risposte ad uno stimolo specifico. Dunque ad esempio i ratti con lesioni dell’ippocampo riescono ancora a reagire agli stimoli specifici ma non al contesto; al contrario i ratti con lesioni all’amigdala non reagiscono né agli stimoli sensoriali specifici né a quelli contestuali.
Articolo di Giulia Onnis
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