Counselor Familiare: empatia, ruolo, tecniche

Counselor-familiare

La problematica sociale che si manifesta nelle separazioni e nei divorzi rappresenta un settore di lavoro per diverse categorie di professionisti: avvocati, psicologici, assistenti sociali, sociologi, tutte figure che da tempo si incontrano e si scontrano costruttivamente per trovare la risoluzione di questo contenzioso. La figura professionale più idonea ad occuparsi di tale problematica appare il  counselor familiare, che ha una formazione specifica. Un professionista capace di liberarsi degli irrigidimenti e delle ortodossie delle diverse discipline d’appartenenza[9], nel rispetto di alcuni principi generali, come il rispetto per gli altri, per la propria libertà, e l’indipendenza da qualsiasi autorità. Nell’ambito del percorso della mediazione il mio lavoro si basa su alcune premesse teoriche, quali:

               capacità di empatia nei confronti dei genitori separati, comprendendo la sofferenza di chi si ha di fronte senza lasciarsi coinvolgere emotivamente; ma neppure troppo distaccati altrimenti verrebbe a mancare il senso dell’impegno;

                riservatezza del  counselor;

               visione dei figli come fonte costruttiva, i minori devono essere un incentivo per cercare la comunicazione;

               considerazione della conflittualità come mezzo per superare l’incomunicabilità, il conflitto può essere moderato, contenuto, canalizzato, utilizzato positivamente;

               consapevolezza della mediazione come metodologia dalle proprie caratteristiche, il counselor deve semplicemente accompagnare chi desidera trovare un accordo.

               ottica di fiducia, credere che i genitori abbiano le potenzialità per trovare un accordo

Inoltre il counselor «deve tener conto nella formazione del rapporto individuo-ambiente: essendo un elemento tra tanti altri, come parte di un tutto, come animale sociale, l’uomo è in continuo contatto e scambio osmotico con il resto del mondo, e il modello per interpretare questa realtà è quello ecologico-sistemico, che ipotizza influenza reciproca continua»[10].

Il  counselor deve tener conto nel suo lavoro della situazione in generale e degli altri sistemi di riferimento. Questa visione sistemica fa del  counselor una figura professionale capace di cogliere la totalità del rapporto tra l’individuo e l’ambiente e le reciproche interazioni.

Il counselor si trova così ad affrontare diversi compiti, deve essere in grado di progettare di fronte alla situazione specifica dei genitori separati percorsi di risposta articolati, in cui i soggetti acquistino una posizione centrale e protagonista.

Il counselor familiare è”colui che consente la negoziazione tra posizioni diverse, favorendo la comprensione dei punti di vista reciproci” (V. Masini).

In antitesi col pensiero  di alcune scuole secondo le quali  “ il mediatore è  un terzo neutrale”, il professore Vincenzo Masini ritiene che “nessun strumento relazionale può essere aprioristicamente  neutro”. “Ogni intervento educativo produce uno spostamento emozionale, dinamico e di controllo”. “Ciò che è da osservare in una coppia è la relazione che consente al mediatore di individuare quali modalità di aiuto possono essere efficace nei singoli casi.”

Nel percorso di counseling non ci sono ricette “pronte” e  modelli unici per la risoluzione dei conflitti familiari. Bisogna tener conto inizialmente della tipologia del singolo individuo, comprendere la storia della coppia che ha prodotto una tipologia di famiglia per poi analizzare i punti di criticità e i punti di forza presenti nel contesto gruppo – famiglia.

La coppia deve prendere consapevolezza delle dinamiche che l’hanno fatta “scoppiare” per giungere alla scelta della separazione.  Il counselor dovrà “aggiustare il tiro intervenendo e riconoscendo gli antidoti che secondo il modello della scuola Prevenire è possibile   rispondono ai bisogni di quella coppia.

FASTIDIO                                     INTEGRAZIONE

DELUSIONE                                COMPLEMENTARIETA’

LOGORAMENTO                        INCONTRO

INCOMPRENSIONE                   MEDIAZIONE

EVITAMENTO                            DIALOGICITA’

EQUIVOCO                                 RICONOSCIMENTO

INSOFFERENZA                         DISPONIBILITA’

La coppia che giunge al servizio di counseling non porta  solo una incomprensione ma a volte giunge al servizio con frammenti di fastidio, di delusione di logoramento, di equivoco.

Il counselor deve  attivare ed utilizzare una comunicazione che rispetta la caratteristica dei singoli soggetti  empatizzando col loro vissuto. A volte  si tratta di attivare  un processo di dialogicità fra le parti .

E’  Martin Buber dicono il professor Vincenzo Masini e la Dott.ssa Emanuela Mazzoni “che ci insegna che un dialogo è possibile quando ci sono cose da dire e c’è un contesto in cui possono essere dette. La diade (o il gruppo ) diaologica riesce a discutere di ogni cosa senza litigare o disperdere la relazione.  In una coppia separata o che si accinge alla separazione “cose da dire ce ne sono tante, compresi i non detti negli anni della relazione”.   […]

“ Il dialogo, che è sempre comunicazione, crea le premesse della collaborazione. Il dialogo non si impone, non manovra, non addomestica, non fa slogan”.(Paulo Freire).

Il dialogo dice il Professor Masini è “l’antidoto dell’evitamento  e può avvenire solo se le parti sono separate tra di loro e solo se non v’e d’obbligo di raggiungere obiettivi immediati, o di negoziazione immediata”. Proprio per tale ragione può attivarsi nel percorso del counseling dove la coppia  aldilà  di un percorso di legge si presenta  separata o distaccata dall’altro. Spesso raccontare le varie fasi della propria storia a partire dal primo incontro, l’iter della vita sotto lo stesso tetto, le difficoltà incontrate nel  vivere insieme e i vissuti che hanno portato alla separazione sollecitano i soggetti a trovare un senso e una nuova consapevolezza che sostiene la propria identità all’interno di una diade.  L’evitamento è: “ la differenza tra sensibilità ed emotività consiste nella diversa profondità interiore raggiunta da un vissuto. La persona sensibile viene invasa dalle emozioni che sperimenta, la persona emotiva reagisce con immediatezza nel suo comportamento esteriore senza assorbire in profondità le emozioni vissute. La persona sensibile si presenta come inibita e impacciata, la persona emotiva appare disinibita. L’evitamento è conseguente all’impossibilità di condividere vissuti emozionali simili, ma diversamente assimilati, e produce una distanza di indifferenza.(dizionario di counseling)

“ L’ Io prende coscienza di se stesso davanti al dialogo. La parola – base- Io –Tu produce il mondo della relazione. Le anime non raccontano di se stesse, ma di ciò che su di esse ha agito” (Martin Bruber) […]  Non è nel silenzio che gli uomini si fanno, ma nella parola, nel lavoro, nell’azione-riflessione.

Ne risulta che per una consulenza   concepita come pratica della libertà  e dell’autonomia dei singoli soggetti nella scelta di intraprendere un percorso di counseling, il dialogo comincia,  quando il counselor  si trova con una coppia  in una situazione pedagogica, e quando il counselor si domanda su che cosa dialogherà con questi.

Ciò che si osserva nel counseling  è “la relazione della coppia e la tecnica fondamentale durante il colloquio è quella di non perdere di vista i tempi che ciascuno occupa nel discorso.” “ Nel caso in cui un partner parli meno, è necessario farlo esprimere attraverso domande dirette. Per es: “ Cosa ne dice di quello che ha detto suo moglie?”

E’ molto utile elencare le principali questioni su una lavagna poiché questo dimostra che le loro parole vengono ascoltate e fornisce un punto focale comune. Le informazioni fornite da ognuna delle parti vengono confrontate e discusse con entrambe; dove esistono delle differenze, queste possono essere mostrate come limiti di un campo d’azione.

Secondo il modello della scuola Prevenire è possibile “la mediazione è l’antidoto dell’ Incomprensione “ perché negozia i significati e libera dal controllo reciproco”.

L’incomprensione “è l’incapacità di trovare il senso del comportamento che l’altro mette in atto. Sebbene sia chiaro ed evidente ciò che l’altro fa e perché lo fa, i membri della coppia non ne condividono il senso. Ciascuno non capisce come mai l’altro non capisca che ciò che egli fa non è quello che si deve fare in quella circostanza. Il confronto è sterile perché ciascuno pensa: “Possibile che non capisca che…?”. L’incomprensione è tipica delle relazioni in cui non collimano le priorità, i valori e le concezioni e, pertanto, struttura l’impossibilità di condividere metodo e scopo dei comportamenti, eleva il livello di controllo ed osservazione del comportamento dell’altro e depotenzia l’affettività reciproca.” (Dizionario essenziale di counseling).

In senso relazionale transteorico “la mediazione consiste nel trovare uno o più accordi negoziando  le diverse opzioni per raggiungere un fine nel rispetto del personale modo di essere e nel rispetto di una nuova riorganizzazione personale di vita”. “L’attività permette di trovare  e dare un senso a ciò che si fa , attraverso l’individuazione di quelle parti su cui si può negoziare. Ogni mediazione implica un margine, una tolleranza,la quale a sua volta conduce al valore della pace”.

La Comunicazione nella Mediazione Familiare attraverso il metodo di “Prevenire è possibile”

 

 

Mentre nell’educazione depositaria, che è per essenza chiusa al dialogo, e per questo non comunicativa  si  deposita nella coppia il contenuto dei programmi della negoziazione, che un “traghettatore” stesso elabora o qualcuno ha elaborato per lui, nel counseling aperto per eccellenza al dialogo, questo contenuto, che non è mai “depositato”, si organizza e si costituisce nella visione del mondo , attraverso il metodo dell’empowerment. (“Il counselor che media dice il professor Masini “ consente la negoziazione tra posizioni diverse, favorendo la comprensione dei punti di vista reciproci”).

Il counseling può avvenire, a seconda dei momenti e della personalità della coppia utilizzando la comunicazione narrativa, simbolica o dinamica.

La comunicazione narrativa secondo J. Bruner è la prima modalità di apprendimento del bambino. “Ho sostenuto con molta convinzione che una delle forme di discorso più diffusi e più potenti della comunicazione umana è la Narrazione. La struttura narrativa è anche insita nella prassi dell’interazione sociale: ciò che determina l’ordine di priorità in cui le forme grammaticali vengono assimilate dal bambino in tenera età è proprio la spinta a costruire una narrazione”.(Bruner, 1997, 68). “La narrazione è anche un modo di usare il linguaggio”.

“La narrazione è l’invenzione di storie attraverso le costruiamo una versione di noi stessi nel mondo, una versione verosimile attraverso la quale ricostruiamo il significato delle nostre azioni e le leghiamo al senso della vita vissuta.” .  Mediare attraverso una comunicazione narrativa vuol dire raccontare aneddoti, storie, che possano divenire modelli per la coppia.

“Questa modalità comunicativa è estremamente utile per avviare processi di ascolto… dove emerge nella comunicazione una dimensione soggettiva e personale. Ascoltare il narrarsi nell’ambito di una mediazione familiare richiede discrezione  e sostenere in modo invisibile senza esprimere titubanze e senza restituire alcun segnale critico, ma comprensione e apertura al dialogo (V. Masini).

La  comunicazione dinamica attiva uno scambio e una interazione nella coppia  innescando ad esempio una lite. Dinnanzi al flusso delle parole,il mediatore  deve dimostrarsi non turbato e lascia spegnere la lite, evitando qualsiasi interferenza, che potrebbe solo produrre ulteriori accensioni.

La comunicazione simbolica si attua attraverso le possibili opzioni che i partner esplicitano giungendo a trovare la soluzione più appropriata, senza che il mediatore suggerisca l’opzione risolutrice. I simboli avvicinano quando il linguaggio non permette di comunicare. “Lavorare con i simboli significa mettere o togliere ancoraggi.”

“ Naturalmente questi tre stili comunicativi possono presentarsi opportunamente miscelati, in tutti i tipi di frame comunicativi. Una buona comunicazione impegna a dedicare un cero tempo ad ogni modello nel corso di una sessione di comunicazione: si può incuriosire, poi narrare,poi operare sintesi e riprendere più volte il processo. Un buon comunicatore stabilisce in questo modo un buon rapporto con la coppia.”

di Rita Amata

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