Criminali si nasce o si diventa?

psicologia criminale

L’ipotesi di correlazione tra ereditarietà e delitto è improponibile, la criminalità è un comportamento definito per convenzione sociale e può variare a seconda del mutare di cultura e norme, mentre fattori ereditari sono una realtà biologica; le modificazioni spontanee del DNA avvengono in tempi lunghissimi, milioni di anni, il patrimonio umano è immutato da 100mila anni (stessi geni dell’Homo sapiens sapiens), ma c’è stata una evoluzione culturale più rapida e diversificata rispetto a quella biologica.

Esistono però correlazioni fra la struttura biologica degli individui e certi aspetti della loro mente che possono favorire certa criminalità: aggressività, certe componenti dell’intelligenza, reattività, quindi vari aspetti del comportamento talchè si possono prospettare correlazioni indirette tra fattori psichici ereditariamente acquisiti in grado talora di favorire certe condotte delittuose. Bisogna separare fattori fisici da quelli ambientali, servendosi di ciò che i genetisti denominano “metodo gemellare”: esaminare coppie di gemelli omozigoti ciascuno dei quali allevato in un contesto familiare, sociale e culturale diverso.

Alcuni studi hanno trovato che i gemelli omozigoti avevano più concordanza dei gemelli fraterni nel comportamento delinquenziale, i figli adottivi mostravano più frequenza di comportamenti criminali se i padri biologici erano criminali, ma è apparso pure pressoché impossibile separare le influenze generiche da quelle ambientali. Altre indagini sono state condotte mediante lo studio delle famiglie dei criminali: la frequenza di soggetti condannati fra ascendenti e collaterali è statisticamente maggiore di quanto si possa trovare nelle famiglie di chi non è mai stato condannato, ma ciò non è per via di disposizioni ereditarie ma perché i soggetti possono essere stati esposti a comuni fattori ambientali sfavorevoli e chi ha avuto genitori criminali ha più probabilità di diventarlo per cattiva educazione. Altre ricerche hanno stabilito che la concentrazione di delinquenti in uno stesso ceppo familiare poteva anche attribuirsi a comuni tratti psichici riconducibili a fattori ereditari: ritardo mentale, anomalie di personalità.

E’ semplicistico e improprio parlare di disposizioni ereditarie al delitto, l’ereditarietà ha importanza per la trasmissione di certe caratteristiche somatiche o malattie mentali o aspetti del temperamento e del modo di reagire, ma il fattore genetico non si può invocare per una modalità di condotta complessa come la criminalità, che è culturalmente definita e non naturalmente data. Si possono studiare però i fattori psichici di vulnerabilità, cioè le condizioni favorenti il comportamento criminoso: aggressività, scarso controllo emotività e pulsioni, intolleranza a frustrazioni, disturbi del carattere.

Negli anni ’60 fu avanzata l’ipotesi che esistano tendenze innate verso la condotta criminale dovute ad anomalie dei cromosomi; taluni delinquenti aggressivi erano portatori di una anomali cromosomica consistente in una Y soprannumeraria. Ricerca criticata perchè gli studi epidemiologici hanno evidenziato che molti soggetti con tale anomalia non risultano particolarmente violenti a confronto con gruppi di controllo, e perché essendo l’anomalia a volte associata ad altre caratteristiche (ritardo mentale, difficoltà di apprendimento) è da ritenere che il rapporto fra l’XYY e l’aggressività sia concausale, ovvero mediato: non comprendere il mondo e le emozioni altrui, non saper reagire con strumenti cognitivi, possono favorire contraccolpi violenti. Infine questa teoria è stata criticata in quanto avrebbe portato confusione fra cause “efficienti” della criminalità (condizioni che determinano il delitto) e cause “formali” di essa (condizioni che determinano l’arresto).

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