Effetti dell’abuso intrafamiliare sul bambino

Dato più consistente e ricorrente nell’abuso e nel maltrattamento infantile è la sua dimensione intra-familiare con la presenza ricorrente di un trauma della relazione, che preesiste e coodetermina quello dell’abuso.

Evento o eventi di abuso non emergono improvvisamente, ma rappresentano un ulteriore declinazione di forti perturbazioni della relazione primaria. Le conseguenze degli abusi e dei maltrattamenti vanno oltre il dato del riscontro immediato tramite il criterio di presenza/assenza del sintomo. L’evento abuso può essere compreso come trauma perdurante della relazione primaria, con conseguenze psicopatologiche e sintomatologiche.

Freud sottolineò gli aspetti salienti sulle implicazioni degli avvenimenti traumatici nel seguente modo:

L’evento traumatico convoglia una magnitudine di pericolo per vita ed integrità personale con livelli di imprevedibilità, terrore, impotenza, che si combinano in modo da sopraffare le capacità di coping individuali. Eventi esterni pericolosi e pericolosi interni come l’angoscia, determinata da contesto evolutivo e da capacità del bambino, fanno sì che meccanismi di protezione e di difesa in risposta al trauma, possono avere un effetto duraturo sulla struttura di personalità.

Si manifesta un effetto sommatorio fra caratteristiche oggettive del trauma e caratteristiche individuali che ne filtrano l’esperienza soggettiva.

La sopraffazione psichica, la paura di sopraffazione e di annichilimento porta all’incapacità di tollerare le risposte affettive alla situazione ed esercitare un’azione protettiva efficace”.

Una lettura psicodinamica del trauma, delle conseguenze sul bambino, considera elementi di interconnessione fra meccanismi difensivi messi in atto dal soggetto (protezione dalla sopraffazione del trauma esterno) e sviluppo dell’angoscia legato alle fasi di sviluppo (angoscia di abbandono e di perdita dell’amore dei genitori, angoscia di danneggiamento corporeo, condanna superegoica). Fase evolutiva e dinamica intrapsichica, che organizza lo psichismo attuale del bambino, determineranno la risposta del bambino al trauma.

Breuer e Freud distinguono fra trauma singolo e traumi ripetuti, Kris riprende negli anni ’50 (1956) questa distinzione, distinguendo fra shock trauma e strain-trauma (trauma tensivo), cioè effetto di situazioni prolungate nel tempo, che determinano effetti traumatici attraverso l’accumulo di tensioni frustranti. Conseguenza del trauma tensivo è la paralisi o la disorganizzazione delle funzioni dell’Io.

Secondo Khan (1963) le distorsioni selettive dell’Io sono una risposta anticipata ad incapacità o intrusività materna che determina un quadro di “trauma cumulativo”.

Il trauma cumulativo interpersonale precoce incide strutturalmente sul profilo di personalità, attuale ed in divenire del bambino. Secondo il punto di vista della psicologia del Sé ed intersoggettiva, il trauma avviene quando il contesto affettivo primario del bambino non riesce a fornire adeguata sintonizzazione e responsività alle sue reazioni emotive dolorose.

Difficoltà pregresse e perduranti nella relazione primaria definiscono ciò che riguarda l’abuso, la mancata sintonizzazione del caregiver verso esigenze e bisogni psichici del bambino. La carenza di risposte affettivamente sintonizzate perdura in seguito all’abuso e alla reazione affettiva del bambino all’evento. Una visione ingenua dei meccanismi intergenerazionali dell’abuso fa ritenere che l’abusante sia stato abusato nella sua infanzia. In realtà solo il 30% di chi ha subito abusi sessuali durante l’infanzia fa subire a sua volta abusi sessuali. La relazione fra abusi subiti ed abusi perpetrati è favorita da devianza sessuale, disturbi psicologici, esposizione a situazioni familiari disfunzionali. Il ciclo del maltrattamento o trasmissione intergenerazionale dell’abuso, si realizza dove esperienze infantili poco ottimali, o francamente abusanti, gettano la loro ombra sulla genitorialità, determinando una relativa incapacità di cogliere la dimensione psicologica del bambino coi propri bisogni, desideri, stati intenzionali, specificità dalla fase di sviluppo. Ciò che viene trasmesso non è il comportamento maltrattante, ma i temi disfunzionali della relazione di caregiving. La trasmissione sarebbe mediata, più che da presenza di disturbi psicopatologici del genitore, da fattori di natura intrapsichica relativi ad altri livelli di funzionamento mentale.

Madri che avevano subito abuso fisico nell’infanzia mostravano difficoltà nel cogliere aspetti problematici dei loro figli (Studio longitudinale di Gava, Hallen, Herzog, 2000).

L’ipotesi trasmissiva dal versante della teoria dell’attaccamento afferma che lo stato della mente del genitore, in relazione all’attaccamento, rappresenta un importante fattore di mediazione, che include o esclude nell’ambito esperienziale e relazionale primario, ricordi, percezioni, informazioni legate ad esperienze disfunzionali e traumatiche. Ciò influisce sulla capacità di monitoraggio del genitore nella relazione diadica, ma rende anche conto dell’esistenza di stati dissociati della mente del genitore, che incidono sulla disorganizzazione dell’attaccamento del bambino.

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