Esempio di Autopsia Psicologica: il caso di Marina Arduini
Articolo di Anna Paola Onorati
Chi era Marina Arduini?!
Nel caso che ho deciso di affrontare, l’autopsia psicologica diventa un elemento indispensabile per la corretta costruzione del profilo psicologico di Marina, non compatibile a mio giudizio con una personalità suicida.
Lo studio della “vittima”, l’analisi delle sue relazioni svolge un ruolo attivo nella criminodinamica della scomparsa della donna, poiché contribuisce ad orientare le indagini e a rendere più chiaro il contesto in cui è avvenuta (Gulotta, Vagaggini 1976).
Esistono delle variabili individuali, psicologiche (stati depressivi, psicotici) fisiologiche (età, genere), sociali (attività lavorativa, che nel caso di Marina è stata la principale causa della sua scomparsa) che condizionano il verificarsi di determinati eventi.
È possibile, quasi sempre, rintracciare nello stile di vita della persona quei fattori predisponenti l’evolversi di un determinato crimine.
In funzione della probabilità di essere oggetto di aggressione si differenziano infatti tre livelli di rischio vittimologico: basso rischio, medio rischio e alto rischio.
Vittime ad alto rischio ad esempio sono le prostitute, mentre a basso rischio sono soggetti che hanno un lavoro stabile, non si mettono in situazioni potenzialmente pericolose. (Gulotta, Vagaggini 1976).
In alcuni casi la vittima partecipa attivamente allo svolgersi dell’azione criminoso, in altri non accetta l’azione del criminale e vi si oppone (Barlati, Menini, Spagnolo, 2010).
Il criminale tende così a mettere in atto schemi comportamentali che ha acquisito negli anni, innescando una reazione della vittima che si ribella e rifiuta tale schema comportamentale. (Barlati, Menini, Spagnolo, 2010).
Nel caso che sto esaminando, Marina verosimilmente, stanca delle continue richieste del suo ex amante, e conscia della situazione nella quale si è trovata irrimediabilmente coinvolta, decide di ribellarsi, di denunciarlo provocando così la sua reazione violenta e molto probabilmente la sua condanna a morte.
Le osservazioni che seguono sono scaturite da un colloquio con il nipote di Marina che in tutti questi anni, non ha mai smesso di cercare sua zia; grazie all’approfondimento di alcuni aspetti della vita della donna sono giunta ad una maggiore comprensione del suo profilo di personalità, che almeno apparentemente non risulta essere compatibile con un allontanamento spontaneo.
Tengo a precisare che l’intervista rappresenta una ricerca qualitativa, basata sullo schema proposto da De Leo, una traccia di lavoro sulle aree da tener presente e da cui partire per strutturare ipotesi più sostanziose.
La prima parte dell’intervista riguarda domande atte a valutare rapidamente il livello effettivo di coinvolgimento tra Marina e suo nipote e la profondità e la qualità del loro rapporto.
Manuel ventotto anni, è il nipote di Marina, figlio dell’unica sorella della donna (Marina ha anche un fratello).
Alla domanda su che tipo di relazione aveva con sua zia, Manuel risponde: “ci portava sempre in giro lei e solo lei, si era creato un rapporto nel quale ci affidavamo molto a lei, anche per quanto riguarda lo studio… era molto affettuosa ed avevamo un rapporto molto intimo e confidenziale”. Confidenziale a tal punto che la zia voleva che i nipoti (Manuel ha un fratello) dormissero con lei, nella stessa stanza, nonostante in casa ci fosse un’altra stanza libera (ricordiamo che Marina abitava a casa con i suoi genitori). Stravedeva per i nipoti, è stata una seconda mamma per loro, “un esempio da seguire”.
Si frequentavano assiduamente ed infatti Manuel aveva pranzato con la zia e con tutta la famiglia la domenica antecedente alla sua scomparsa, il 18 Febbraio, e quella è stata l’ultima volta in cui l’ha vista.
Viene a sapere della scomparsa della zia solamente il 20 Febbraio poiché il padre di Manuel, a cui era arrivata la comunicazione tra le 22:30 e le 23:00 del 19 Febbraio, decide di avvertire il resto della famiglia il giorno dopo (la notte del 19 Febbraio, il papà di Manuel svolgeva il suo lavoro di notte presso il Comando Generale dei Carabinieri di Roma).
Rispetto al rapporto che Marina aveva con il resto dei componenti della sua famiglia nucleare, Manuel dichiara che con il fratello che lavorava fuori si sentiva spesso, mentre con la sorella (mamma di Manuel) c’era un “normalissimo rapporto” molto intimo prima che si sposasse, “meno confidenziale” in seguito poiché si vedevano meno.
A Marina, a detta del nipote, nonostante ne avesse la possibilità, non interessava andare a vivere per conto suo, gestiva la casa dei genitori in tutto e per tutto anche perché il lavoro che svolgeva le occupava molto tempo.
Infatti, per quanto riguarda la situazione lavorativa, nonostante Marina non fosse laureata, era proprietaria per il 50% di uno studio commercialista di Frosinone (dalle indagini emergerà che si occupava di gestire i conti e la contabilità di tante altre società anche al di fuori del frusinate).
L’ autopsia psicologica di una presunta vittima Capitolo III Quando chiedo che tipo di rapporto aveva con i suoi colleghi, Manuel non sa rispondere ma anzi dichiara:
– ‹‹Parlava solo di quello che voleva lei, sempre in maniera misurata, a casa era una persona, fuori era un’altra”›› (questa considerazione tornerà più volte durante l’intervista).
Ma chi era Marina Arduini? Il nipote la descrive come una donna solare, sicura di sé, riservata ‹‹“Non lasciava trasparire nulla” ››; era testarda, decisa e soddisfatta della sua vita.
Marina godeva di un’ottima reputazione, era cioè considerata una “brava donna”.
Quando chiedo a Manuel se nelle ultime settimane prima della scomparsa, lui o i suoi familiari avessero notato qualche cambiamento di comportamento nella vita della zia, racconta che nell’ultimo periodo sembrava “stare meglio, era più serena”.
Seguo nel chiedergli cosa intendesse per stare meglio, meglio rispetto a quando? A cosa? Mi racconta a questo punto di un episodio che ritengo sia utile riportare integralmente:
– ‹‹Rispetto a qualche…nel 2006 lei, mio nonno l’ha ritrovata alle 04:00 di mattina sul viale di casa tumefatta… ecco diciamo così, aveva dei lividi, il naso rotto…lei disse che aveva bevuto, che si era ubriacata e che era svenuta nel rientrare… perlomeno è quello che finse di dire Marina ad una sua amica, ma questa amica interpellata da mia mamma disse la verità… ecco disse “guarda che ieri sera non stavo con lei…”in realtà dai lividi che poi sia mia madre che le amiche hanno visto, perché la dovevano accompagnare al bagno che non ce la faceva a rialzarsi, hanno capito che era stata malmenata…e anche di brutto, però lei non ha mai voluto dire nulla… se lei non voleva non c’era modo di aprire una questione”.››
A detta del nipote Marina non si lamentava di alcuna malattia, pur soffrendo di cefalee. Non aveva particolari interessi o hobbies e nel tempo libero preferiva uscire con gli amici e con suo cugino, che faceva il suo stesso mestiere.
Era socievole e pur relazionandosi agli altri con interesse, non era solita approfondire o confidarsi esclusivamente con una persona “Faceva più confessioni limitate a chi si fidava…diciamo però che non ha avuto tempo”.
Manuel spiega che la domenica prima della scomparsa, durante il pranzo Marina aveva chiesto alla sorella di parlare di una questione importante, accennandole di una presunta denuncia che doveva fare, ma purtroppo non ne ebbe modo poiché si
“Presentò la solita zia che arrivava all’ora di pranzo” scatenando il disappunto di Marina che esclamò “In questa casa non si può mai parlare”.
Sempre in quella giornata emerge un’altra questione importante: il nipote ricorda che il fratello assistette ad una telefonata dai toni molto accesi tra sua zia ed un uomo, mai riscontrata dai tabulati telefonici.
Manuel suppone che sua zia fosse in possesso di un altro cellulare di cui non erano a conoscenza, cellulare che non è mai stato ritrovato.
Nell’ultimo periodo però sembrava essersi calmata, non era più nervosa o scontrosa, sembrava stare meglio a tal punto da fare progetti, voleva infatti acquistare una nuova auto a breve.
Anche il suo atteggiamento, alcune settimane prima della scomparsa, non era cambiato rispetto alle sue abitudini, lavorava e tornava a casa dai suoi genitori, “Avvertiva sempre i nonni se faceva tardi o se tornava a pranzo e non perché era tenuta a farlo, ma perché era una sua abitudine avvertire”.
Quest’ultima affermazione Manuel, l’ha ribadita più volte agli inquirenti nella speranza che si convincessero che Marina non si fosse allontanata spontaneamente senza avvertire la sua famiglia, poiché questo atteggiamento non rientrava nel suo modus operandi.
Infatti il giorno della scomparsa, come da prassi invia il messaggio alla donna delle pulizie per avvertire che avrebbe tardato.
Parlando della sua situazione sentimentale Manuel mi spiega che la famiglia viene a conoscenza del suo rapporto con Angelo sono nel mese di Giugno del 2007, e solo attraverso gli inquirenti; di questa relazione era all’oscuro anche la sorella e ne era a conoscenza qualche persona della sua cerchia di amici: Marina conosce Angelo in un bar di Alatri nel 1994, una relazione che negli anni è stata interrotta più volte.
Da quello che riferiscono le amiche la donna “Era pazza di quest’uomo, le aveva promesso che avrebbe divorziato e che viveva da separato in casa”. Una donna innamorata e più volte truffata nel corso degli anni, tutti i suoi averi, il suo stipendio veniva dato al suo amante; sono stati ritrovati scontrini e cambiali (in euro e in lire) di pagamenti fatti sia ad Angelo che a sua moglie, parecchi soldi spesi mai motivati da Angelo.
Marina era andata a denunciare quella mattina proprio uno di questi finanziamenti intestati a sua insaputa.
Manuel dichiara che quella mattina Marina molto probabilmente, nel percorso per andare al lavoro, ha incontrato Angelo ed hanno discusso della truffa di cui la donna era venuta a conoscenza.
Con la promessa che le venissero ridati i soldi del finanziamento a lei intestato, Angelo la convince ad andare a Roma all’indirizzo in cui è stata ritrovata l’auto e lei si avvia con la sua Opel bianca (un viaggio inaspettato, dal momento che Marina non era solita muoversi con la sua auto perché la riteneva poco affidabile) e poi aver incontrato le persone che l’hanno fatta “sparire”.
Manuel ricorda che, sempre in quella zona, c’è lo studio di un noto commercialista di Frosinone a cui veniva commissionato di far “quadrare” i conti di alcune società in fallimento; quest’uomo non è mai stato ascoltato dagli inquirenti.
Sulla base di quanto riportato posso presumibilmente supporre che Marina non abbia manifestato alcun tipo di comportamento ascrivibile ad un potenziale suicidio, bensì tale comportamento è tipico di una donna innamorata perdutamente dell’uomo sbagliato.
Un uomo che per anni ha sfruttato Marina (ricevute di cambiali a suo nome), avvezzo ad usare violenza psicologica e fisica (ricordiamo che la donna dopo una serata passata fuori tornerà a casa incosciente e piena di lividi procurati molto probabilmente da Angelo).
Come specificato dalla Dott.ssa Bruzzone “Spesso questo genere di uomini si comporta in maniera violenta nei confronti della compagna come valvola di sfogo…in sostanza sembra trattarsi nella maggior parte dei casi di uomini che hanno letteralmente perso il controllo sugli aspetti della loro vita esterna alla coppia. Per questi uomini il controllo totale della propria compagna rappresenta spesso l’ultimo baluardo nella loro misera esistenza per conservare un briciolo di autostima. È per questo che l’abbandono da parte di quest’ultima, reale o minacciato che sia, viene
considerato semplicemente inaccettabile per questi uomini a cui non resta nulla a parte lo spietato controllo nei confronti della loro vittima prescelta. E allora uccidono perché non riescono ad abdicare dal ruolo di dominatori incontrastati della vita dell’altra, spesso disprezzata proprio per la passività che essi stessi hanno generato dopo anni di continue umiliazioni e percosse” (Bruzzone R., 2012).
Insomma Marina Arduini viene descritta come una donna semplice, riservata ma molto determinata, precisa ed affidabile. A detta delle colleghe sul lavoro era impeccabile ed irreprensibile. Non si confidava con tutti ma aveva una stretta cerchia di amici con i quali condivideva le serate; passava il suo tempo libero dedicandosi alla famiglia e ad i suoi adorati nipoti.
Nell’ultimo periodo prima della scomparsa sembrava stare meglio, fare progetti, aver superato un periodo di crisi.
Per anni accetta di vivere questa relazione fatta di bugie, menzogne e di compromessi assecondando ogni richiesta dell’uomo di cui era innamorata, con la convinzione di poter prima o poi vivere alla luce del sole questa relazione.
Le cose però iniziano a prendere una piega diversa quando Marina, con forte determinazione, decide di raccontare ogni cosa a chi di dovere.
Qualcuno però, per paura che parlasse troppo, potrebbe aver deciso di farla tacere per sempre.
Le dichiarazioni fatte dal nipote della donna, unitamente alle testimonianze della famiglia e delle amiche, testimoniano la sua determinazione nel porre fine alla relazione.
Aveva bisogno di sostegno Marina probabilmente provata dall’ennesima delusione, ma non così disperata da decidere di mettere fine alla sua vita, di scomparire.
Personalmente ritengo che Marina avesse capito di essere stata coinvolta in un “giro” più grande di lei, ma non ha avuto il tempo di reagire, di ribellarsi, di denunciare anni di soprusi, è stata sorpresa, poiché si è fidata dell’uomo sbagliato.
Articolo di Anna Paola Onorati
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