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Facial Action Coding System: le espressioni facciali della depressione

Questo articolo introduce le espressioni facciali della depressione mediante la comunicazione non verbale. Valentina Cantini introduce il tema mediante l’utilizzo del Facial Action Coding System. Si tratta di uno dei metodi più precisi per identificare correttamente le espressioni facciali.

Espressioni facciali ed emozioni

Il volto è la chiave per comprendere l’espressione delle emozioni, è il sistema primario, chiaro e preciso, di segnalazione di quest’ultime.
Solitamente, per capire le emozioni le persone considerano le espressioni del viso più affidabili delle parole e ciò accade perché è più facile sorvegliare le parole piuttosto che le espressioni del viso.

Innanzitutto, perché la mimica può essere estremamente rapida e passare sul volto in una frazione di secondo. Con le parole è possibile assumere la posizione dell’interlocutore ascoltando come suonano, cosa non facile con l’espressione del viso, mentre il discorso è gestibile passo dopo passo correggendolo, riscrivendo periodo errati, ripensando a ciò che è opportuno
dire e a ciò che imbarazza e quindi, in questo modo, omettendo parole e frasi importanti alla comprensione del messaggio finale e autentico.

Ciò che invece è difficile fare è guardare la propria faccia durante l’eloquio, per cui su quello che dice il proprio viso durante la conversazione si hanno informazioni meno precise (Ekman & Friesen, 2003).

Espressioni facciali: un linguaggio inconscio

Il feedback dei muscoli facciali è la seconda ragione per cui le espressioni del volto possono essere considerate più affidabili e veritiere; è più facile falsificare le parole che la mimica.

La parola, di conseguenza la grammatica, è stata insegnata fin da bambini, è possibile scrivere in anticipo ciò che si intende dire e ripassarlo ad alta voce, ma farlo con le espressioni del viso è quasi impossibile, non esiste niente di simile ad un vocabolario delle espressioni facciali, non viene insegnato come parlare col viso, quali muscoli contrarre per ottenere la mimica di ciascuna emozione, ma solo come controllarla, così come la società impone (Ekman & Friesen, 2003).

E’ semplice inibire quello che si rivela con la parola piuttosto che ciò che trapela dalla faccia. La ragione principale è che le espressioni del viso durante un’esperienza emotiva, per quanto si cerchi di controllarle, sono involontarie, le parole no. Dato il minore esercizio nel controllo della mimica e la minore possibilità di sorvegliarla, simularla o inibirla, in confronto alle parole,
l’espressione del viso permette di rivelare meglio i sentimenti reali.

Durante le conversazioni le espressioni del volto sono forse più rivelatrici delle parole; ciò non vuol dire che non possano comunque ingannare, a volte, anche più di un discorso, è importante, quindi, sapere cosa guardare, dove equando farlo.

Come analizzare le espressioni facciali della depressione nel primo colloquio psicologico

Così per lo psicologo, durante il primo colloquio, momento in cui deve iniziare a instaurare la relazione col paziente e a orientarsi verso la sua diagnosi, data la grande mole di informazioni, sia sul piano verbale che non verbale, e il tempo ridotto a disposizione, sapere cosa cercare o notare nel volto del paziente, cosa aspettarsi o come orientarsi in presenza di determinate espressioni emozionali, lo può aiutare a “sciogliere la matassa”.

Non basterà un’espressione facciale ripetuta per fare una diagnosi al paziente, ma sicuramente può essere un indizio utile su come procedere nel colloquio. Dopotutto, lo psicologo dovrebbe essere pronto a cogliere ciò che il volto del paziente dice circa i suoi sentimenti, non può basarsi solo sulle parole che gli vengono riferite (Casetta, 2015).
Talvolta il paziente non sa descrivere ciò che sente, mentre la mimica può mostrare un’emozione anche quando non trova le parole giuste o non sa bene nemmeno lui cosa prova, dopotutto, come sostengono Ekman e Friesen (2003/2017) “ dei nostri sentimenti sappiamo meno che dello stato dei nostri denti, del funzionamento della nostra automobile o delle scappatelle del nostro vicino” (p.11) .

Il Facial Action Coding System: espressioni facciali della depressione

Il sistema dei movimenti mimici facciali è un sistema di segnalazione degno di estrema attenzione nel processo di comunicazione.
Il comportamento facciale-emozionale è un buon punto di partenza per la comprensione dello stato affettivo del paziente, così come della psicopatologia, quale l’informazione diagnostica rilevante alla depressione, ad esempio (Gasparre, 2010).

Il sistema di misura più comprensivo, completo e versatile per misurare i movimenti facciali, che risultano dall’azione dei muscoli, è il Facial Action Coding System – FACS, inventato da Ekman e Friesen (2002).
Nel seguente elaborato verrà preso in considerazione il suddetto sistema di misurazione dei movimenti facciali in correlazione ai pazienti affetti da depressione, per cui verrà presentata inizialmente una breve descrizione generale del sistema FACS e di conseguenza del Emotional Facial Action Coding System (EMFACS), per poi approfondire, nel corpo centrale dello scritto, l’utilità e l’importanza in relazione allo studio su pazienti affetti da Disturbo Depressivo Maggiore (DDM).

Che cos’è la depressione

La depressione è caratterizzata da:

  • tristezza
  • perdita di interesse o piacere
  • sentimenti di colpa
  • scarsa autostima
  • disturbi del sonno o dell’appetito
  • sensazione di stanchezza
  • scarsa concentrazione.

Tale disturbo può essere duraturo o ricorrente, compromettendo sostanzialmente la capacità di un individuo di funzionare sul lavoro, o a scuola e far fronte alla vita quotidiana.

Nella sua forma più grave, la depressione può portare al suicidio (World Health Organization, 2017).

Il Disturbo Depressivo Maggiore e la Comunicazione non verbale

Il DDM, in particolar modo, è un disturbo dell’umore estremamente inabilitante per l’individuo che ne soffre. Ha ripercussioni a livello cognitivo, comportamentale, emozionale, interpersonale ed è causa di malattie fisiche, nonché una delle principali cause di suicidio nel mondo ( Le Moult, Castonguay, Joormann & McAleavy, 2016 ).

Secondo le stime del 2017 fornite dalla World Health Organization (WHO), la depressione colpisce 322 milioni di persone nel mondo, è perciò un’importante causa di disabilità planetaria, con un aumento del 18% di depressi stimato tra il 2005 e il 2015, che quando si compara con altri disturbi mentali e fisici rappresenta la causa principale di disabilità a livello mondiale.

Si tratta di una patologia mentale in crescita che secondo la WHO è attualmente sottostimata.

Prendendo come dati di riferimento quelli provenienti dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) del 2018, in Italia, nel 2015, 2,8 milioni di persone soffrivano di depressione cronica, oltre 1,3 milioni di persone hanno sperimentato DDM .

A questi si sommano altri 1,5 milioni di persone che hanno avuto manifestazioni minori.
Il disturbo depressivo è più diffuso tra gli adulti e tra gli anziani. In Italia tra i ragazzi di 15-17 anni colpisce sei persone su mille. Tra i giovani adulti di 18-35 anni riguarda una persona su 100, mentre tra gli adulti di 35-64 anni interessa 4,6 persone su 100. Tra gli anziani di età superiore ai 65 anni, il valore è invece più che doppio: colpisce 11,6 persone su 100.

I dati ISTAT (2018) parlano in media di 3,8 uomini e 6,9 donne ogni 100 persone. Questa differenza è quasi nulla nei giovani fino a 34 anni, ma tende ad aumentare con l’età.

Questo articolo sulle espressioni facciali e depressione è di Valentina Cantini

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