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Il gioco una breve definizione in psicologia

Il gioco: una breve definizione

«Il gioco è più antico della cultura, perché il concetto di cultura, per quanto possa essere definito insufficientemente, presuppone in ogni modo convivenza umana, e gli animali non hanno aspettato che gli uomini insegnassero loro a giocare. Anzi si può affermare senz’altro che la civiltà umana non ha aggiunto al concetto stesso di gioco alcuna caratteristica essenziale»[1].

Il gioco è stato studiato in relazione a vari fattori come ad esempio l’apprendimento; è stato lo psicologo francese Jean Piaget a studiarne per primo il potere educativo e nel 1959 il diritto al gioco è stato inserito nella Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo dell’ONU: «Il fanciullo deve avere tutte le possibilità di dedicarsi a giochi e attività ricreative che devono essere orientate a fini educativi; la società e i poteri pubblici devono fare ogni sforzo per favorire la realizzazione di tale diritto»[2] .

Per Caillois il gioco è un’attività libera, separata in quanto circoscritta nel tempo, incerta perché sono i giocatori stessi a definire le regole del gioco, improduttiva perché non cambia nulla nella relazione fra le parti, regolata in quanto vigono convenzioni specifiche, fittizia perché c’è la consapevolezza di muoversi in una non-realtà. Partendo da questa definizione lo studioso identifica vari tipi di giochi che si muovono fra la paidia, il gioco libero e sfrenato e il ludus, il gioco costruttivo; così si sviluppano quattro tipi di giochi:

  • agōn, che si basa sulla competizione e sul merito;
  • alea, che poggia sul caso;
  • mimicry, che si basa sui ruoli che di volta in volta le persone acquisiscono;
  • ilinx, che basa sulla ricerca del disordine, della distruzione.

 Articolo di Anna di Carlantonio

[1] HUIZINGA J., 1939, Homo Ludens, Reprint, Torino, ed. Einaudi, 2002.

[2] Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, 1959, par.7

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