La cura farmacologica per il malato di Alzheimer
L’ultimo anello del piano di intervento per il malato d’Alzheimer è costituito dall’insieme delle terapie farmacologiche e psicosociali attualmente esistenti.
I farmaci più utilizzati ed approvati dalla Food and Drug Administration americana, per la salvaguardia delle capacità mentali sono:
- Inibitori dell’acetilcolinesterasi, che aumentano la quantità di acetilcolina nello spazio sinaptico, esercitando la propria attività terapeutica nel SNC:
- Donepezil
- Rivastigmina
- Galantamina
- Farmaci che agiscono sul sistema glutammatergico, indicati per rallentare il deterioramento cognitivo nei pazienti malati di morbo d’Alzheimer:
- Memantina
Il funzionamento di questi farmaci si basa sulla regolazione dei neurotrasmettitori (le sostanze chimiche che trasmettono i messaggi tra i neuroni), possono contribuire alla salvaguardia del pensiero, della memoria e delle abilità di parola e dimostrarsi efficaci con determinati problemi comportamentali. Tuttavia questi farmaci non modificano il decorso della malattia e possono dimostrarsi utili solo per un periodo che va da alcuni mesi ad alcuni anni.
Essendo frequenti gli episodi depressivi, vengono a volte somministrati anche farmaci antidepressivi come la Fluoxetina e la Paroxetina.
Nelle demenze compaiono già nelle prime fasi dei sintomi comportamentali e psicologici, i quali come già accennato nel Capitolo 2, possono essere trattati con antipsicotici o neurolettici.
Poniamo innanzitutto la distinzione tra antipsicotici di I° generazione (quelli convenzionali che hanno però numerosi effetti collaterali) e quelli di II° generazione o atipici che funzionano allo stesso modo dei precedenti causando però effetti collaterali di minor entità. L’indicazione terapeutica di questi farmaci è per la cura delle psicosi ma in tutto il mondo vengono utilizzati per le demenze; in Italia vi sono 400.000 casi. Per questo motivo si parla di farmaci off-label[1]. In caso di demenze, l’AIFA[2] nel 2006 autorizzò alla prescrizione di antipsicotici di II° generazione, purché siano presenti le seguenti condizioni:
- Assenza di alternative terapeutiche
- Letteratura scientifica a sostegno
- Consenso informato del paziente, previa informazione sui farmaci e i rischi ad essi correlati.
[1] Si definisce off-label l’impiego nella pratica clinica di farmaci già registrati ma usati in maniera non conforme a quanto previsto dal riassunto delle caratteristiche del prodotto autorizzato (http://www.agenziafarmaco.gov.it).
[2] Agenzia Italiana del Farmaco
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