normativa abuso sessuale minorile

La Normativa sull’Abuso Sessuale Minorile

Articolo di Alessia Chirico

Il panorama internazionale ha visto succedersi numerose dichiarazioni a favore del minore, e attualmente due sono i documenti fondamentali: innanzitutto, la “Risoluzione del Parlamento Europeo” (1985) invita gli Stati ad aiutare, nelle modalità più idonee, le famiglie problematiche, dando l’opportunità di intervenire nei rapporti estremamente conflittuali tra genitori e figli. Il secondo documento è la “Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia” (1989) stipulata dall’O.N.U., in cui l’interesse del minore deve essere tenuto conto in ogni decisione che lo riguardi sopra ogni circostanza e interesse. La legge di ratifica della cosiddetta Convenzione di Lanzarote è entrata in vigore in Italia il 1 Ottobre 2012 ed ha integrato significativamente il codice penale e procedurale. Nello specifico, la legge n. 66/96 definisce ora il reato di abuso sessuale un reato contro la persona, e se la suddetta non ha compito 14 anni, la violenza sessuale è presunta poiché si assume che non sia in grado di esprimente il proprio consenso. La legge 296/98, che tutela i minori contro ogni forma di sfruttamento e violenza sessuale, si allinea verso l’orientamento internazionale per quanto riguarda la perseguibilità penale per il reato di pornografia minorile, oltre che per la perseguibilità extraterritoriale per i reati di violenza e di sfruttamento sessuale dei minori. Il Dipartimento della giustizia minorile è tenuto ad intervenire non solo per contrastare il fenomeno, ma anche e soprattutto affinché venga assicurata al minore l’assistenza giudiziaria necessaria; in questo senso, figure professionali quali psicologi e assistenti sociali vengono messi a disposizione del minore e della famiglia. In casi gravi e urgenti in cui l’integrità fisica e psichica del minore sia gravemente in pericolo, la pubblica autorità è tenuta a rilocarlo in un luogo sicuro fino al momento in cui gli si possa fornire protezione (art. 4O3 c.c.).

È importante soffermarsi anche sugli aspetti giuridici della testimonianza del minore sessualmente abusato poiché, oltre che vittima, è spesso l’unico testimone oculare fruibile. È noto che i bambini abbiano una memoria meno capace rispetto a quella di un adulto, ma commettono meno errori di tipo intrusivo; quindi, se l’intervista è ben strutturata[1], difficilmente il minore commetterà errori di ricostruzione dei fatti. La testimonianza, di per sé, è costituita in parte da fatti oggettivi, in parte da costruzione soggettiva, motivo per cui deve essere presa in considerazione come fonte della ricostruzione dei fatti, ma non come base sui cui fondare le indagini o l’esito del processo, specialmente in un caso minorile, dove il testimone è chiamato a esprimere la propria opinione. L’audizione del minore fa parte dei diritti della persona, che può o meno dare il proprio consenso ad essere ascoltato in un ambiente protetto, ed è tenuto a specificare la procedura di ascolto, e lo Stato ha l’obbligo di far rispettare questo diritto. Il minore quindi necessita una serie di informazioni per poter compiere delle scelte ponderate e congeniali ai propri desideri, in linea con l’età e la maturità dello stesso. Le norme del Codice di Procedura Penale prevedono una doppia audizione dei testimoni, garantendo una maggiore verifica delle dichiarazioni; tuttavia, nei casi di abuso sessuale, al fine di evitare che la vittima riviva più volte l’esperienza traumatica, si ricorre alla procedura dell’incidente probatorio.

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In base alla legge 66/96, l’incidente probatorio può essere richiesto dal pubblico ministero o dai difensori per garantire l’audizione protetta del minore, affinché non sia costretto a confrontarsi con l’imputato nell’aula di tribunale. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ruota intorno alla giusta importanza dell’opinione espressa dal minore, e mette in chiaro il compito del giudice nell’ascolto: egli, infatti, non deve plasmare il proprio giudizio sulla base delle opinioni del minore, deve piuttosto concentrarsi sull’interesse dello stesso, che è superiore persino alle sue personali considerazioni e volontà. La Corte EDU è quindi tenuta a vagliare ogni singolo caso per assicurare una linea di condotta che non penda negativamente nei confronti del minore. Il quadro è complesso, poiché le figure genitoriali possono intromettersi in tale audizioni e manipolare l’opinione del minore; per questo motivo, la Corte EDU dovrebbe esaminare anche le capacità di ascolto dei genitori e la capacità di ascoltare e rispettare l’opinione dei figli senza manipolarla.

Secondo i principi dell’art. 498 c.p.p., l’audizione del minore si svolge nella seguente procedura (Fantoni, 2003):

  1. L’esame è condotto dal Presidente del collegio e si basa su domande proposte dalle parti;
  2. Il Presidente può chiedere l’ausilio di un familiare o un esperto, che può anche condurre l’audizione;
  3. Il giudice dispone di tempo, luogo e modalità della procedura tramite incidente probatorio quando i casi lo richiedono;
  4. L’udienza può avere luogo in strutture specializzate diverse dal tribunale, o anche presso l’abitazione del minore.

 

Tale procedura avviene sempre a porte chiuse, e non sono ammesse domande sulla vita privata della vittima se non sono necessarie alla ricostruzione dell’accaduto, al fine di tutelare la privacy e la dignità del minore. L’audizione viene però videoregistrata per valutare anche la comunicazione non verbale del minore. La presenza di un esperto aiuta a facilitare il racconto dell’evento, fornendo contemporaneamente un adeguato sostegno psicologico atto a contenere il danno provocato dai ricordi traumatici rievocati. L’8° Rapporto CRC (2014-2015) ritiene opportuna la redazione dell’albo dei soggetti riconosciuti per l’assistenza del minore ai sensi dell’art. 609 decies, e che venga istituita una commissione di esperti specializzati in diverse aree di interesse, affinché sia assicurata un’assistenza a tutto campo. Data la poca chiarezza che concerne l’audizione del minore, si assiste alla creazione di svariati protocolli e linee guida che adottano i principi di chi li elabora, e questo sposta il focus su due linee di pensiero: una sostiene che ascoltare il minore significherebbe sintonizzarsi sull’esperienza che sta vivendo, l’altra inneggia ad un ascolto asettico e più oggettivo. Ciò porta anche ad una pluralità di orientamenti possibili che gli esperti possono scegliere per la loro formazione, creando così una confusione generale che necessita la presa di una direzione univoca che uniformi il panorama nazionale ministeriale.

[1] L’art. 499 c.p.p. vieta domande “che possano nuocere alla sincerità delle risposte” (comma 2) e “che tendano a suggerire le risposte” (comma 3); di norma “il presidente cura che l’esame del testimone sia condotto senza ledere il rispetto della persona (comma 4), e gli è riconosciuto il potere di intervenire “per assicurare la pertinenza delle domande, la genuinità delle risposte, la lealtà dell’esame e la correttezza delle contestazioni”.

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