La Psicologia della Famiglia secondo Massimo Recalcati

 

La famiglia secondo Massimo Recalcati

Massimo Recalcati (2011), tra i più noti psicoanalisti lacaniani in Italia, sostiene che il legame familiare sia casa, alleanza e radice. Il legame familiare risponde cioè al bisogno di appartenenza che è caratteristica insita nell’essere umano. Ma questo bisogno è sempre accompagnato, secondo Recalcati,  dall’esigenza dell’erranza , e cioè dalla spinta al non ancora visto, saputo e sperimentato.

Appartenenza ed erranza caratterizzano due poli della soggettività umana che corrispondono da un lato, alla tendenza all’identificazione e all’appartenere ad una comunità, e dall’altro lato, alla tendenza al viaggio, a fare nuove esperienze e a separarsi. Secondo questo punto di vista, il legame familiare dovrebbe essere quel legame che rende possibile l’allontanamento , in quanto dovrebbe accettare il rivelarsi della differenza del singolo senza pretendere l’omogeneità. Quindi questo legame non è solo ciò che rende possibile l’esperienza dell’appartenenza ma sa anche sopportare la separazione e la perdita date da una forza, quella della differenziazione, che allontana l’individuo dal nucleo familiare, rivelandosi perciò erranza.

Quindi appartenenza ed erranza sono le due anime  che ravvivano e rinforzano il legame familiare. Questi termini corrispondono, in termini bioniani, alla dialettica tra “socialismo” , inteso come appartenenza alla cultura del proprio gruppo, e “narcisismo”, inteso come differenziazione dal gruppo di appartenenza.

La malattia di ogni legame, anche quello familiare, è data quindi dalla frattura di questo binomio. Nella malattia si avrà perciò, o il conformismo, come conseguenza della dominanza del socialismo sul narcisismo, o la derelizione ,come effetto della dominanza del narcisismo sul socialismo[1]. Recalcati, inoltre, afferma che il problema che contraddistingue il nostro tempo riguarda ,in particolare ,la questione del come riuscire a preservare la funzione educativa caratteristica del legame familiare. Riguardo questa delicata questione l’autore si chiede <<Come vi può essere educazione […] se l’imperativo che orienta il discorso sociale s’intona perversamente come un “Perché no?” che rende insensata ogni esperienza del limite? >>[2] , e aggiunge ancora << Il nuovo disagio della giovinezza non è più segnato dall’Edipo, non si produce dal conflitto tra le generazioni, dalla tragedia dell’usurpazione, dal carattere trasgressivo del desiderio che infrange la Legge>>[3] ma piuttosto questo disagio  << prodotto dal capitalista, è un disagio legato a un effetto di intasamento e di intossicazione generato dall’eccesso di godimento e dal declino della funzione simbolica della castrazione>>[4].

 

Recalcati sostiene a questo proposito , che resta indispensabile che qualcuno si assuma il peso dell’atto di introdurre la castrazione simbolica. Secondo l’autore, il doppio compito della funzione paterna è quello ,da un lato, di introdurre, quando è opportuno, un “No!” che non lasci dubbi e al tempo stesso di saper incarnare un desiderio vitale e capace di realizzazione, ovvero fornire una testimonianza di come si possa esistere senza suicidarsi o impazzire basandosi sulla capacità di rendere questa esistenza degna di essere vissuta. L’autore identifica due grandi angosce che appartengono ai genitori del nostro tempo: la prima è relativa all’esigenza ,dei genitori ,di sentirsi amati dai propri figli, e per risultare amabili è necessario dire sempre di “Si” ,eliminando il disagio del conflitto, ma anche delegando le proprie responsabilità educative. La seconda angoscia è quella legata al principio di prestazione , ovvero l’insuccesso e il fallimento dei propri figli sono sempre meno tollerati. La famiglia attuale si mobilita per rimuovere prontamente l’ostacolo non permettendo però al figlio di avere il giusto tempo per farne esperienza. Ne consegue che i giovani non risulteranno capaci a tollerare il fallimento, perché a non sopportarlo sono innanzitutto i loro genitori[5].

[1] Massimo Recalcati , Cosa resta del padre?, Raffaello Cortina Editore, Milano, 2011

[2] Ivi, p. 104

[3] Ibidem

[4] Ivi, p. 105

[5] Ivi, p. 111

di Carlotta Sabbatini

Scrivi a Igor Vitale