La relazione tra cibo e sesso in psicologia
Mangiare e procreare sono due funzioni vitali per il mantenimento della specie umana e come tali sono state ricompensate dalla Natura con il massimo piacere. Cosicché cibo e sesso sono da sempre stati legati nella cultura di ogni popolo e in ogni epoca storica.
Guardando la nostra stessa cultura, ad esempio, e nel particolare ai miti ci accorgiamo che i piaceri della gola sono da sempre legati a quelli della sessualità. Basti pensare al peccato originale e a come Adamo ed Eva si siano “scoperti” dopo aver assaggiato una mela tentatrice.
Cibo e sesso hanno diversi punti in comune:
- Rappresentano dei piaceri intensi ed appaganti, naturali e generalmente alla portata di tutti;
- Sono legati dall’aspetto simbolico della socialità: si mangia e si fa sesso insieme ad altre persone. Nel momento in cui non ci fosse condivisione, infatti, entrambi i comportamenti non sarebbero ben visti;
- Sono legati al concetto di autocontrollo;
- Sono fondamentali per la sopravvivenza e per l’evoluzione;
- Sono co-localizzati anatomicamente e biochimicamente.
Anche nei giochi di coppia il cibo svolge un ruolo importante.
I giochi erotici sono uno step fondamentale in un rapporto sessuale sano. Alcuni credono siano solo diversivi per riaccendere una sessualità un po’ spenta, ma in realtà in qualsiasi fase del rapporto sarebbe consigliabile stuzzicare la fantasia e concedersi qualche diversivo. I giochi sessuali con il cibo – dal semplice imboccarsi in maniera reciproca, sino all’audace penetrazione – sono un grande classico.
L’importante è gustare quello che si ha davanti o godersi, perché no, di essere noi la pietanza principale, concedendo al partner l’uso di sé come “tavola” o piatto principale, a patto di farlo seguendo l’istinto di coppia e rispettando i gusti del partner e quelli personali.
A proposito di uso dell’altro come pietanza principale, malgrado il disgusto che la sola idea di nutrirsi di un proprio simile può generare, nessuno può sentirsi estraneo all’idea di inglobare l’altro attraverso un atto di cannibalismo simbolico. Basti solo pensare a “baci e morsi d’amore”. Cannibalismo. Una parola il cui solo suono fa venire brividi e pelle d’oca. Eppure, la presenza del cannibalismo è tangibile nella storia e nell’animo umano. La psicoanalisi lo colloca nella personalità di tutti gli individui psicologicamente sani, interpretandolo come il desiderio di ognuno di incorporare in sé l’oggetto amato. Ne sono un esempio persino alcune metafore quotidiane, quali:
- “sei una persona squisita”;
- “la passione che divora”;
- “mangiare di baci”.
Il cannibalismo è solo una delle tante forme che può assumere il Disturbo da Sadismo Sessuale, in cui il piacere sessuale del paziente affetto da questa tipologia di disturbo è attivato infliggendo sofferenza e umiliazione e facendo provare e/o sperimentare dolore alla sua vittima, vista come mero oggetto di sua proprietà e dunque priva di qualsiasi forma di umanità. Questo il motivo per cui non può considerarsi lecito associare il disturbo all’odio verso qualcuno, poiché al vero sadico perverso della sua vittima in quanto tale non importa proprio nulla.
Come si è potuto osservare, vi è una linea sottile che separa la persona “normale” dall’omicida e ciò inevitabilmente riporta il discorso ad una ridefinizione e ad una rieducazione circa i concetti base di normalità e parafilia che andrebbero inseriti in un continuum che a differenti livelli debba allontanare la maggioranza degli stereotipi di modo da promuovere il benessere di e per tutti. L’esperienza erotico-sessuale, compresa quella atipica, può essere ridefinita come funzionale, senza necessariamente togliere particolari stimoli erotici atipici, che, sempre a causa del contesto sociale di riferimento, portano solitamente l’individuo a definirsi sbagliato, strano, “perverso”.
Articolo di F.V. Cassano
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