La storia del Tifo Ultras

tifo ultrasdi Raffaele Cellini

1.1  Nascita e crescita delle tifoserie organizzate in Italia: storia del tifo dagli anni ’70 ai ‘90

La fenomenologia del tifo violento, osservando gli episodi di disordine pubblico avvenuti negli ultimi trent’anni, rileva chiaramente radici storiche profonde quanto arcaiche. Stando alle fonti ed alle documentazioni a noi pervenute, già nella Roma imperiale, quando il popolo romano affollava ippodromi ed arene, si verificavano tumulti ed episodi di eccitazione collettiva molto simili a quelli osservati oggi; anche in altre epoche storiche successive, i disordini hanno continuato a manifestarsi, come ad esempio nel 1314 in Inghilterra quando il Lord Mayor di Londra emanò un decreto che vietò il gioco della palla all’interno della città. Oppure quando nel 1580 a Bologna, per tornare nel contesto nazionale, venne emanata la cosiddetta “Prohibitione del giocare alla palla”, sempre al fine di evitare tumulti, risse e disordini che il gioco (non ancora il calcio vero e proprio) provocava.

Ora, al di là di alcune esemplificazioni di natura storica (non approfondite poiché non in sede), è bene comprendere innanzi come la fenomenologia in questione, sebbene faccia la sua comparsa nel calcio (post)moderno degli anni’ 70 tramite le tifoserie ultras, è rintracciabile nel tempo assieme alle prime misure di sicurezza predisposte in merito a precoci intuizioni di pericolosità ed incolumità pubblica. In Italia, arrivando allo scenario storico contemporaneo, è alla fine degli anni ’60 che compaiono le primissime formazioni ultras: ciò corrisponde ad un modo tutto nuovo di assistere allo spettacolo sportivo, che contrasta con i modi di partecipazione propri dell’altro tifo organizzato, quello dei club.

Quest’altra modalità di tifo è prima pervenuta e consiste in entità gruppali chiaramente differenziate rispetto agli ultras: i club sono difatti composti in larga parte da soggetti di età matura, di sesso maschile e femminile, la cui associazione è spesso ufficialmente riconosciuta dalle società calcistiche; proprio per questo, essi dispongono di un’organizzazione interna ben differenziata in ruoli (presidente, vice presidente, ecc.) nonché di una sede ufficiale nella quale organizzare riunioni, raduni, ecc. Un’attività associativa dunque che, oltre a permettere la condivisione di valori sportivi, configura una finalità di fondo ricreativa e culturale; all’interno dello stadio i membri dei club si dispongono rigorosamente seduti sulle gradinate e con semplici striscioni. Diversamente, l’arrivo nei settori popolari di soggetti giovani e giovanissimi, grazie agli incentivi praticati dalle società, porta a “sconvolgere” il pacifico e tranquillo assetto dei club: infatti, una prima visibile differenziazione del tifo ultras è quello di assistere alla partita in piedi, adottando usi in voga nei contesti stranieri, come i tamburi delle “torcidas” brasiliane o le sciarpe degli “hooligans” inglesi.

Di qui ne deriva ben presto una consapevolezza riguardo all’effetto scenografico delle curve, con l’ausilio complessivo di tamburi, cori, sciarpate (le sciarpe vengono alzate e distese dai tifosi, dando l’effetto ottico delle onde del mare), nonché di materiali pirotecnici quali ad esempio fumogeni, petardi, ecc. Tutto ciò contrastò presto col mansueto modo di partecipazione dei club, finché i giovani tifosi non presero progressivamente possesso della propria area, ovverosia la curva, come spazio “sacro ed inviolabile” (Tosi, 2003).

Successivamente, da quel momento in poi, non è stato raro osservare episodi di dissidio interno tra le stesse fazioni, che vedeva contrapposti non soltanto i diversi nuclei ultras, ma anche nuclei ultras e gli stessi club (in quest’ultimo caso per la passività dei club nel sostegno della propria squadra e alla generale non reattività ai cori ed alle coreografie organizzate). Queste frange giovanili, composte giovani coetanei, avevano spesso in comune, la provenienza da una determinata area urbana 2, da un bar o sala giochi.

Il primo nucleo ultras a comparire sulla scena calcistica italiana è la “Fossa dei Leoni” nel 1968 a supporto dell’A.C. Milan, mentre soltanto un anno dopo (1969) nasce il gruppo “Ultras Tito Cucchiaroni” per la squadra genovese della Sampdoria ed i “Boys” a sostegno del F.C. Inter. Ma è soltanto col nuovo decennio che il movimento ultras italiano prende davvero piede con l’emergere di numerosi nuclei organizzati quali ad esempio le “Brigate gialloblu” dell’Hellas Verona (1971), gli “Ultras” del Napoli (1972), gli “Ultras Granata “ del Torino (1973), il “Settembre Bianconero” dell’Ascoli (1974) ed il “Commando ultras curva sud” della Roma (1977).

Le prime attività di gruppo vengono finanziate tramite collette dei membri interni e già nei primi anni di vita dei gruppi si configurano attività ben distinte (acquisto di aste, vernici e pelli per i tamburi, organizzazione delle trasferte, ecc.). Ma a partire dal 1974 le intemperanze del pubblico calcistico cominciano a mutare rapidamente e ne è evidente conferma il progressivo moltiplicarsi di scontri tra fazioni opposte: gli scontri cominciano già a spostarsi anche fuori degli impianti sportivi, nelle immediate adiacenze coinvolgendo beni pubblici e privati (auto, autobus, cartelli stradali e tutto ciò che si incontra in quel momento), con incendi e distruzioni, così assumendo le sembianze di vere e proprie guerriglie urbane.

Oltre ai preesistenti campanilismi di antica data tra le città italiane e rivalità di natura politica 3, compare anche negli stadi d’Italia il cosiddetto “holding the end4 (letteralmente: occupa la curva avversaria), già praticato negli stadi inglesi: un ruba-bandiera che prevede l’invasione del territorio altrui ed il furto di bandiere e striscioni nemici i quali si trasformano in autentici trofei di guerra.

Negli anni ottanta il fenomeno si espande notevolmente in termini quantitativi; difatti i nuclei ultras crescono sempre più giungendo a vantare centinaia di membri ed il tifo ultras arriva a toccare anche le serie minori (serie C, D) dove sono onnipresenti frange giovanili organizzate. Gli scontri tra nuclei opposti incrementano ancor più rispetto al decennio precedente ed il baricentro degli incidenti si sposta dalle immediate vicinanze degli stadi ad altre importanti strutture della città, colpendo stazioni, vetture ferroviarie e gli stessi centri cittadini.

Lo stile del tifo è oramai delineato: la gara dell’originalità è divenuta accesissima e le coreografie organizzate dagli ultras coinvolgono gradinate intere e migliaia di persone, con costi economici molto elevati. Se nel decennio precedente una fonte di sostentamento era quella della vendita di toppe e magliette, negli anni ottanta questo introito si amplia con la produzione di felpe, sciarpe, cappelli e molti altri gadget: inoltre alcuni gruppi, pur non ammettendolo direttamente, chiedono fondi alle stesse società calcistiche, mentre altri ricorrono a sponsor esterni. D’altra parte, con l’espansione delle entità gruppali in questione, si espande parallelamente l’uso delle sostanze stupefacenti (in particolare cannabis) e delle armi da taglio: nei frequenti scontri decedono i primi tifosi 5.

I nuclei, composti ora da centinaia di aderenti, cominciano a strutturarsi rigidamente secondo scale organizzative, hanno rapporti stabili con le proprie società, mentre i club spariscono quasi completamente dalle curve. Gli striscioni dei gruppi ultras assumono simbologie aggressive quali ad esempio crani, lame, teste di leoni o tigri ed aquile 6 (nel caso di quest’ultime come evidenza di un tifo sostanzialmente politicizzato, che si rifà per l’appunto a simbologie e motti neofascisti). Tuttavia, gli anni ottanta sono ricordati maggiormente per la strage dell’Heysel 7: l’evento fu di una tale drammaticità che scosse la coscienza di tutto lo sport mondiale e rappresentò uno spartiacque al di là del quale il movimento ultras si è poi evoluto. Dopo tale tragedia difatti, le misure di prevenzione cominciano a divenire sempre più intolleranti: i tifosi ospiti vengono scortati da cordoni di polizia e dislocati in zone protette con agenti in assetto da guerra.

Molti ultras di vecchio corso, dinanzi a questa prima “militarizzazione”  (Tosi, 2003) degli stadi, lasciano l’attività mentre diversi giovanissimi cominciano contemporaneamente a fare il loro ingresso nelle curve italiane: si verifica così un ricambio generazionale, col quale lo stile del tifo ultras subisce, all’interno della sua progressiva evoluzione, un’ulteriore differenziazione: le nuove leve infatti puntano maggiormente sugli aspetti più superficiali come l’immagine aggressiva e nascono in seguito nuovi nuclei che non si riconoscono nei vecchi gruppi, ma che si formano e tras-formano con grande rapidità.

Si registra un abbassamento dell’età media nelle curve e molti dei gruppi neonati sono composti da soggetti adolescenti: al tempo, ciò ha posto problematiche inerenti i focolai di violenza; se prima, tramite la presenza di soggetti più anziani dotati di autorità all’interno del gruppo, veniva rispettato una sorta di “codice d’onore” (Tosi, 2003), ora con le nuove leve questo controllo veniva inesorabilmente a mancare. D’altronde, la violenza assunta dal tifo ultras esplicita nuove modalità: a fronte di nuove misure pubbliche (per le quali è prevista la scorta poliziesca dei tifosi ospiti dalle stazioni ferroviarie o caselli autostradali fino all’ingresso nello stadio in settori ermeticamente isolati al pubblico casalingo) lo scontro fisico tra nuclei rivali comincia ad essere irrealizzabile e si verificano atti di vandalismo, con sassaiole ed insulti a distanza.

La violenza delle nuove leve si rivolge, non solo a veicoli od edifici, ma anche ai mezzi di quei tifosi che hanno affrontato la trasferta autonomamente; siamo nella metà degli anni ottanta ed è sempre in questo periodo che si comincia a parlare di “razzismo da stadio”. Inoltre, all’interno degli stadi cominciano a comparire striscioni con su scritto “Vecchia Guardia”, ovverosia nuclei appartenenti ai membri più anziani i quali criticano aspramente i nuovi modi delle giovani leve e rivendicano il comando delle operazioni.

Verso il biennio 1988 – 1990, anche le modalità coreografiche assumono ulteriori cambiamenti ed evidenziano l’ingresso di elementi esterni nella simbologia ultras: molte tifoserie adottano, tramite bandiere, stendardi, ecc. i colori rasta verde – rosso – giallo con l’emblemi di foglie cannabis, mentre musicalmente il rock continua ad influenzare molti tifosi ultras 8.

Anche il modello anglosassone continua ad influire sugli stili della tifoseria ultras italiana ed un altro elemento ad essere incorporato è quello dell’alcool e del tifoso amante della birra, fortemente propenso all’ubriachezza. Per di più, lo stesso vestiario si modifica ulteriormente ed i gruppi organizzati producono materiale sempre più sofisticato, cioè t-shirts, felpe bomber, adesivi più altri articoli che chiamano in voga lo stile “casual”: ciò è una nuova e fiorente fonte d’introito per i nuclei organizzati. Tuttavia, una tale commercializzazione conduce col provocare spaccature interne ai gruppi: c’è chi tenta un ritorno al passato, depurandosi dal business legato a nomi e simboli, lanciando un nuovo concetto di “gruppi d’elite aperti soltanto a quanti condividono una mentalità da duri e puri” (Tosi, 2003).

Il decennio si chiude comunque con un’incredibile ondata di violenza 9 e con un’ulteriore stretta legislativa, nonché con la riduzione del numero dei posti nei settori ospiti. Arriviamo dunque agli anni novanta, dove si possono scorgere due tratti comuni all’interno dei campionati di serie A e B: l’aumento dei prezzi dei biglietti ed al contempo la sensibile riduzione dei posti riservati alle tifoserie ospiti, al fine di ridurre la presenza dei sostenitori della squadra in trasferta. Caratteristiche timidamente o preliminarmente apparse nel decennio precedente, come i bomber, gli anfibi e le stesse simbologie neofasciste, conoscono negli anni novanta una massiccia diffusione, a scapito di una minoranza sempre più consistente di tifoserie “rosse”.

Il termine “ultras” dal canto suo, sperimenta stavolta una commercializzazione esagerata, poiché lo si vede appioppare, da parte dei media, ad ogni personaggio famoso che manifesta una tiepida simpatia sportiva; d’altra parte, si assiste ad un consolidamento del binomio – ultras – violenza, accentuato da episodi narrati in veste sensazionalistica. Una vera e propria “inflazione d’uso” (Tosi, 2003). Tuttavia, ricerche condotte sul campo da parte dei sociologi 10, hanno successivamente dimostrato, laddove siano presenti tendenze politiche estremiste nei nuclei organizzati, come queste (assieme a sentimenti xenofobi) non fuoriescano generalmente dagli spalti.

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1            Zygmunt Bauman – Globalizzazione e glocalizzazione, 2005

2            Ad esempio: il nucleo originario degli ultras sampdoriani viene dal quartiere di Sestri Ponente

3            Ad esempio: le città di Ascoli e Livorno o di Verona e Bologna, le cui tifoserie sono di colore politico opposto

4            Tosi – Fenomenologia del tifo ultras, 2003

5            Un giovane tifoso triestino, colpito al capo dalle manganellate degli agenti dopo la partita di Coppa Italia tra Triestina e Udinese, entra in come e muore il giorno successivo. Al termine di Milan – Cremonese dell’84 un tifoso cremonese viene accoltellato a morte

 

6            Ad esempio: La fossa dei Leoni del Milan aveva come simbolo la testa di un leone, il “Settembre Bianconero” dell’Ascoli ha avuto fin dai suoi esordi l’aquila distintiva, più altri simboli secondari (teschi e coltelli) per adesivi,ecc.

 

7            Nello stadio di Bruxelles, durante la finale di Coppa Campioni Juventus – Liverpool del 1985, i tifosi inglesi, applicando il tradizionale “holding the end”, provocano una fuga incontrollata dei tifosi juventini: muoiono 39 persone schiacciate dal crollo di un muretto di contenimento

 

8            Ad esempio: Vasco Rossi per quanto concerne il panorama italiano, Rolling Stones e Doors per quanto concerne il panorama straniero

 

9            Nel 1988 muore Nazzareno Filippini in una rissa durante la partita Ascoli – Inter; nel 1989 muore Antonio De Falchi dopo essere stato aggredito prima della partita Milan – Roma; sempre nel 1989 Ivan Dall’Olio rimane gravemente ustionato durante il viaggio in treno tra i tifosi del Bologna verso Firenze, dopo che una molotov ha colpito il suo convoglio

 

10         Alessandro Dal Lago – Descrizione di una battaglia: i rituali del calcio, 1990

 

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