L’uso corretto della voce e della comunicazione paraverbale in selezione del personale

Il secondo capitolo di questo elaborato dedica un paragrafo all’aspetto paralinguistico del comportamento verbale, in riferimento allo stile di comunicazione o ai cosiddetti elementi “prosodici”: timbro, volume, tono della voce, all’uso delle pause, alla fluidità del discorso. Anche se non ne siamo immediatamente consapevoli, la qualità delle nostre emissioni sonore influenza pesantemente il risultato dei messaggi che proviamo a trasmettere (Crimini, Del Pianto, 1999). Gli indizi vocali, così, costituirebbero un’ulteriore fonte di informazione per gli intervistatori, i quali potrebbero utilizzarla per fare attribuzioni sulla personalità dell’intervistato. Qualsiasi tensione muscolare, provocata da una determinata situazione o da un particolare stato emotivo, che interferisca con la respirazione, si riflette in qualche forma di distorsione della qualità della voce; la mancanza di un equilibrio nella voce, per esempio, potrebbe essere indice della presenza di un problema nella personalità (Gandolfi, 2003). Pertanto, alcuni indizi vocali saranno associati all’attribuzione di tratti personali desiderabili e altri a caratteristiche personali non desiderabili. Seguendo Leathers (1986), possiamo affermare l’esistenza di alcune linee guida vocali per una corretta performance dell’intervistato:
a. gli intervistati che usano uno stile linguistico discorsivo, colloquiale, sono visti in modo piacevole, attraente e maggiormente graditi;
b. coloro che enfatizzano l’importanza di certi aspetti del discorso cambiando appropriatamente il volume e il tono di voce, tendono più frequentemente ad essere valutati in maniera favorevole; un’ adeguata variazione del ritmo o del timbro di voce, infatti, è sintomo di estroversione, laboriosità, intraprendenza. Tra l’altro è stato scoperto che una voce monotona potrebbe danneggiare la credibilità del soggetto esaminato, mentre sarebbe giudicata più attendibile una tonalità di voce più fluida, variata e moderatamente posta;
c. l’utilizzo di un timbro di voce basso potrebbe indurre percezioni di indeterminatezza, non interessamento o, addirittura, mancanza di sicurezza;
d. infine, l’uso di pause ben disposte, deliberate, che anticipano i punti più importanti di un discorso, faranno apparire l’intervistato più competente, contribuendo a fissare il ricordo di quanto detto.
Diversi studi hanno analizzato e classificato lo stile comunicativo che il candidato potrebbe adottare durante il colloquio. Uno stile di comunicazione assertivo viene utilizzato da coloro che intendono esprimere le proprie idee pur
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riconoscendo e rispettando quelle del selezionatore; oppure il candidato potrebbe adottare uno stile “condiscendente”, modificando la propria opinione in base a ciò che viene detto dal selezionatore; o, ancora, potrebbe impiegare uno stile “direttivo” quando intende rimanere della propria idea, pretendendo che l’altro lo assecondi dichiarandosi d’accordo con lui (Cortese, Del Carlo, 2008). Questo aspetto, potrebbe avere una certa influenza sul processo decisionale del selezionatore, tanto che le evidenze riscontrate da alcuni ricercatori, convergono nel ritenere che lo stile assertivo favorisce valutazioni positive, più di quanto non avvenga adottando altri tipi di stile comunicativo.
Gallois, Callan & Palmer (1992), hanno esaminato come il genere e lo stile di comunicazione adottato dai candidati influenzano le decisioni circa l’assunzione, relativamente anche alla presenza negli intervistatori di stereotipi sul ruolo e sul sesso. Cinquantasei responsabili della selezione del personale, di cui trentadue maschi e ventiquattro femmine, sono stati chiamati a visualizzare alcune interviste di selezione simulate, in cui sia i candidati di sesso maschile che quelli di sesso femminile, adottavano stili di comunicazione aggressivi, assertivi oppure non assertivi. I risultati hanno riportato che i selezionatori con meno stereotipi tendevano ad assumere anche candidati con uno stile comunicativo non assertivo, rispetto a coloro in cui era evidente la presenza di stereotipi.
Il modo di parlare dell’intervistato, riferito al tono, al timbro, al volume della sua voce, risulta essere un modo per proiettare un’immagine positiva, per rilasciare emozioni; potrebbe incrementare o diminuire il carattere immediato del candidato: un tono espressivo, sicuro, una fluidità del parlato sono indice di autostima, sicurezza di sé e rilassatezza (McCroskey, Payne & Richmond, 1987). Esiste un’ampia letteratura teorica ed empirica sugli aspetti paralinguistici, tuttavia essi hanno ricevuto una scarsa attenzione nei contesti dei colloqui di selezione. Sebbene si registra l’esistenza di alcuni oratori abili nel gestire e manipolare in qualsiasi momento le proprie capacità vocali, la maggior parte delle persone difficilmente riesce a controllare questo aspetto; è stato identificato come una delle caratteristiche stabili del soggetto, pertanto indicatore dei tratti di personalità sottostanti e degli stati emotivi (Nighswonger e Martin, 1981).
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Relativamente a questo aspetto, risulta interessante lo studio condotto da Timothy DeGroot, ricercatore alla Catholic University of America e Stephan J. Motowidlo, direttore del centro di ricerca delle risorse umane alla University of Florida (1999). Essi hanno esaminato l’impatto dell’aspetto vocale e visivo non solo sulle decisioni di assunzione e sulla prevedibilità della performance lavorativa, ma anche la loro relazione con percezioni di simpatia, fiducia e credibilità suscitate dai candidati sugli intervistatori. La ricerca è stata divisa in due parti. Una parte preliminare ha contribuito a esaminare l’effetto direzionale di specifici indizi vocali sulla performance di lavoro, ipotizzando una relazione positiva tra velocità del parlato, variabilità del tono e impressioni favorevoli. Alcuni vigilanti delle attività manageriali sono stati incaricati di interrogare i manager di quattro aziende pubbliche su argomenti di leadership, di lavoro di squadra, di pianificazione e di organizzazione. Le registrazioni delle loro interviste sono state, in seguito, analizzate attraverso un sistema informatico di analisi vocale. Questo processo ha permesso di ottenere i punteggi relativi a cinque caratteristiche della voce: tono (alto o basso), variabilità del tono, velocità del parlato, pause e variabilità del volume della voce.
Poiché i risultati ottenuti hanno mostrato una correlazione tra gli aspetti vocali e le performance di lavoro statisticamente poco significativa, la seconda parte della ricerca ha esaminato queste relazioni utilizzando un campione più ampio di partecipanti, così da incrementare l’attendibilità statistica, rapportandolo anche alla presenza di certi segnali visivi e alle percezioni personali dei selezionatori. A tal fine, l’intervista condotta su centodieci possibili manager di aziende pubbliche, è stata strutturata con domande mirate ad identificare persone con un certo potenziale manageriale, soprattutto in merito a questioni di leadership, interesse per gli altri, problem solving e servizio al cliente; ognuna di queste dimensioni, è stata stimata attraverso l’ausilio di scale auto-ancoranti. Un campione di centodieci studenti universitari è stato chiamato a valutare queste interviste videoregistrate sulla base anche delle loro percezioni nei confronti dei candidati (per esempio percezioni di competenza, dominanza, credibilità e capacità persuasiva del candidato). Una parte del campione è stato incaricato di
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visualizzare le videoregistrazioni in assenza di audio e valutare i candidati sulla base di alcuni aspetti non verbali, quali: attrazione fisica, ammontare di sorriso e dei movimenti delle mani, postura e inclinazione verso l’intervistatore, ecc.; un’altra parte, invece, è stata chiamata a valutare gli aspetti paralinguistici, inerenti alle variabili emerse durante la fase preliminare. Dunque, la ricerca ha previsto l’esplorazione dei segnali visivo e vocale come variabile indipendente, delle valutazioni degli intervistatori come variabile dipendente e, delle impressioni di quest’ultimi, sia sull’aspetto visivo che su quello vocale, come variabili mediatrici.
Fonte: T., DeGroot, T. e S. J., Motowidlo, S. J., (1999). Why Visual and Vocal Interview Cues Can Affect Interviewers’ Judgments and Predict Job Performance. Journal of Applied Psychology, 84, 6, p. 990
I risultati hanno registrato una modesta relazione di associazione tra gli indici visivi e quelli vocali, mentre è emersa ancora più forte la correlazione tra i punteggi delle percezioni soggettive sul visivo con quelli relativi al vocale. Ciò ha contribuito ad affermare la probabilità che gli effetti dell’aspetto visivo e vocale
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sui giudizi di idoneità per posizioni manageriali, siano spesso mediati dalle impressioni personali dei selezionatori, dalla simpatia, dalla fiducia, dalla credibilità che suscitano su di essi i candidati; percezioni che potrebbero essere associate anche ad un efficace performance manageriale.
Tuttavia quanto è stato esaminato, come suggerito dagli stessi autori, necessiterebbe di ulteriori repliche. Questo studio ha, infatti, dimostrato l’influenza di certi segnali visivi e vocali sui giudizi finali e sulla prevedibilità della performance lavorativa; si tratterebbe di dati interessanti per le loro implicazioni sulle reazione degli intervistatori a una gamma di informazioni generate durante i colloqui di selezione, ma che richiederebbero ulteriori stime di validità.

 

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