Narcisismo Megalomane: i pericoli del Sé Grandioso Patologico

megalomane

Il Sè grandioso patologico

Si tratta di una struttura altamente patologica.
il Sé grandioso 
riflette una condensazione patologica di alcuni aspetti del Sé reale (“l’essere particolare” del bambino rinforzato da precedenti esperienze), il Sé ideale (la fantasia e l’immagine del Sé di potenza, ricchezza, onniscienza e bellezza, che hanno compensato il piccolo per aver sperimentato grave frustrazione, collera e invidia orale) e l’oggetto ideale (la fantasia di un genitore che sempre dà e ama e accetta contrariamente all’esperienza reale vissuta dal bambino).

In questa struttura quindi l’immagine reale che una persona ha di sé è di necessità fusa con l’immagine ideale; deve essere negata la differenza tra l’immagine di sé, cioè il modo in cui uno spontaneamente sente se stesso e si riconosce, e l’immagine della perfezione, del bene e del potere assoluti, che normalmente vengono percepiti diversi e separati da sé.

“grazie a questo Sé grandioso che integra (ma in maniera funzionale, da quindi l’indice patologico) ciò che è, ciò che vorrebbe essere, ciò che vorrebbe che l’altro fosse, e dietro il quale si protegge o che proietta sull’altro, il paziente può evitare di esprimere la sua rabbia narcisistica distruttiva o di mettersi in una condizione di intensa dipendenza dall’altro”. Il bambino normale non vuol rinunciare alla completezza narcisistica dell’infanzia e cerca di riconquistarla in una nuova forma nell’ideale dell’Io, ponendo oltre sé il proprio ideale di perfezione. Ma, in condizioni patologiche, il bambino può ritornare a dover essere lui stesso il proprio ideale.

Il Sé grandioso mantiene nella sua struttura quella fusione (e confusione) a cui i bambini normali hanno saputo rinunciare. Rinunciare a sentirsi depositario di ogni pienezza e significato, per poter percepire queste realizzazioni come un divenire verso qualcuno o qualcosa fuori di sé, sempre desiderato, ma mai raggiunto in quanto chiaramente sentito come irraggiungibile. Riguarda una rinuncia ad essere, non ad avere. Se il bambino riesce, si sentirà accettabile quanto più si avvicinerà a questa immagine ideale di sé. E potrà provare colpa ogni volta che ci si allontanerà. Il fatto poi di sentire altri come depositari di un’immagine ideale potrà dargli una vicinanza e una speranza di questo grande bene, senza essere necessariamente egli stesso perfetto, o simile ad un ideale. Potrà sentire di avere dei difetti, riconoscerli e nutrire lo stesso la speranza di essere accetto e accettabile. Potrà correggersi ed essere coretto senza sentire in questo una minaccia. Riconoscere i suoi limiti reali non significherà distruggere il bene, il nutrimento, l’amore: sarà anzi un passo indispensabile per iniziare ad avvicinarvisi. Inoltre, egli conserverà la fiducia e la speranza che da qualche parte il bene e l’amore ci sono. Darà per scontato che l’ambiente contiene altre persone, diverse da lui, dotate di esigenze diverse dalle sue. La diversità non fornisce solo mortificazione e gelosia, ma anche contributi validi e nutrimento: la presenza dell’altro può significare la vergogn del bisogno, ma anche conforto, guida, amore. Se il bambino non riesce a compiere quella rinuncia, dovrà essere l’ideale di se stesso per essere se stesso, cioè per mantenere la sua identità. Si tratta di una condanna a sentirsi solo. Tutte le considerazioni precedenti di capovolgono nel loro opposto. Egli continuerà a sentire di dover essere a tutti i costi perfetto, grande, splendido, splendente. Altrimenti non avrà valore; anzi: non sarà niente. Riconoscere un suo limite reale significherà la distruzione di sé, ma anche la distruzione di ogni perfezione, di ogni bene, di ogni amore. La percezione di ogni diversità in una persona significativa sarà vissuta come affronto, minaccia e perdita del controllo totale su ogni cosa e porterà un senso di impotenza e paura.

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