Non esprimere le emozioni fa male al sistema immunitario
La psico-neuro-endocrinoimmunologia (PNEI) può essere definita come una nuova cornice teorico-metodologica per lo studio dell’organismo umano che nasce da una progressiva dilatazione nel campo di indagine di alcune discipline quali le neuroscienze, l’endocrinologia, l’immunologia.
Gli studi sino ad oggi condotti hanno infatti chiaramente dimostrato la stretta relazione esistente fra i grandi sistemi di regolazione dell’organismo (sistema nervoso, endocrino, immunitario), permettendo di parlare in termini scientifici e sperimentali di unità mente-corpo e di superare la annosa quanto inutile dicotomia tra “biologico” e “psicologico”, contrapposizione che ha contraddistinto lo studio della psicopatologia e della malattia organica del secolo scorso.
La psichiatria tradizionale ha infatti considerato a lungo queste due dimensioni come vicendevolmente autonome e non conciliabili poiché concettualizzate come due oggetti di conoscenza governati da leggi, meccanismi di funzionamento qualitativamente differenti.
La scoperta dell’esistenza di un linguaggio comune che connette tra loro i vari apparati, sistemi, organi in modo non gerarchico ma bidirezionale e diffuso permette “di chiudere il
cerchio tra organico e psichico” e di introdurre il concetto di causalità non lineare, ma circolare tra eventi psichici e biologici nello studio della genesi e del mantenimento dei disturbi sia psicologici che organici.
A lungo la ricerca sperimentale ha cercato di identificare i quadri neuroendocrini caratterizzanti diversi quadri psicopatologici nel tentativo di individuare ben definite alterazioni neuro-peptidiche, neuro-trasmettitoriali e ormonali e, quindi, porre specifiche diagnosi di psicopatologia.
Alcune evidenze empiriche sembrano suggerire che i soggetti alessitimici (coloro che non sanno riconoscere ed esprimere le proprie emozioni) mostrano una iperattivazione di base dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene, con conseguente aumento nei livelli plasmatici di cortisolo, associata ad ipoattivazione dello stesso sotto stress acuto, forse espressione di un’alterazione nel funzionamento del circuito a feedback negativo sui neuroni ipotalamici.
Inoltre, i soggetti alessitimici tenderebbero a mostrare più alti livelli di cortisolo endogeno durante il Test da Soppressione da Desametazone rispetto ai controlli.
Per ciò che concerne più specificatamente le eventuali alterazioni nel funzionamento del Sistema Immunitario, Guilbaud e collaboratori (2003) riportano alcune evidenze empiriche che suggeriscono che nei soggetti con difficoltà a descrivere e a riconoscere le emozioni si osserverebbe un pattern di risposta simile a quella di soggetti esposti a stress cronico, caratterizzato da iperattivazione del circuito dei linfociti Th-2, ipoattivazione del circuito Th-1, aumento nella produzione di citochine di tipo 2.
Guilbaud e collaboratori (2009) hanno confrontato il profilo linfocitario e i livelli di cortisolo salivare di un gruppo di 20 donne che avevano riportato alti punteggi nella TAS-20 con un gruppo bilanciato per età e caratteristiche sociodemografiche e con punteggi nella TAS-20 nella norma; sia i soggetti del gruppo sperimentale che quelli del gruppo di controllo avevano riportato punteggi nella norma ad un test per lo screening psicopatologico (MINI, Mini Psychiatric Interview).
I soggetti alessitimici hanno mostrato immunosoppressione (minor livello di linfociti CD-4 e CD-8 circolanti) e livelli significativamente più alti di cortisolo salivare.
Pedrosa e collaboratori hanno rilevato i livelli di cortisolo salivare in un gruppo di 32 pazienti con diagnosi di Disturbo Somatoforme; il 32% del campione complessivo è stato classificato come “alessitimico” in base ai punteggi ottenuti alla TAS-20.
Solo i punteggi della sottoscala “Difficoltà a Identificare le Emozioni” della TAS-20 è risultata correlata positivamente con sintomi psicologici autoriferiti, quali ansia e depressione (SCL-90, Symptom Checklist Revised); nessuna correlazione significativa è emersa tra il punteggio della TAS-20 e i livelli di cortisolo salivare dei soggetti.
Timary e collaboratori (2008) hanno rilevato i livelli di cortisolo salivare prima e durante l’esposizione ad uno stressor (il “Social Stress Test”) in 28 soggetti di sesso maschile, con anamnesi negativa per patologie organiche e psichiatriche. La sottoscala della TAS-20 “difficoltà a descrivere le emozioni” è risultata correlata ad una maggiore produzione di cortisolo prima della somministrazione dell’evento stressante, ma non durante l’esposizione allo stesso; gli Autori ipotizzano che l’aumento del cortisolo osservato possa essere dovuto ad una “valutazione cognitiva anticipatoria” dello stress, sottolineando la necessità di approfondire alcuni aspetti del costrutto della Alessitimia.
I risultati contraddittori emersi fino ad ora dalla ricerca empirica possono essere in parte attribuibili ai campioni utilizzati e all’impiego di un solo strumento per la valutazione dell’Alessitimia.
Occorre comunque ricordare che recentemente Hellhamer e collaboratori (2009) in una rassegna critica sull’argomento, hanno sottolineato come, sebbene il cortisolo salivare sia utilizzato come marker della risposta di stress, consenta esclusivamente una valutazione indiretta e incompleta del funzionamento dell’asse HPA (ipotalamo-ipofisi-surrene).
In effetti, non esisterebbe una relazione lineare ed univoca tra misurazione dell’ACTH plasmatico, cortisolo salivare e cortisolo plasmatico.
Alcune variabili potrebbero in parte spiegare tale “dissociazione” tra le rilevazioni come, ad esempio, stati infiammatori cronici, la presenza di disturbi mentali e livelli di steroidi sessuali.
Inoltre, è necessaria una certa prudenza a non interpretare erroneamente tali risultati in un’ottica di causalità lineare: più fattori possono concorrere all’alterazione del funzionamento neuroendocrino ed immunitario del soggetto e, come ormai ampiamente dimostrato, disfunzioni “organiche” sono in grado di influenzare notevolmente il funzionamento psichico degli individui.
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