Pedofilia femminile: le caratteristiche psicologiche delle donne pedofile

Al fine di dare una spiegazione generale del fenomeno pedofilia, è bene accennare quale sia il suo significato.

Il primo a darne una definizione, in ambito psichiatrico, è stato Auguste Forel nel 1905. Nel farlo, ha accorpato due termini di origine greca,  paidòs (bambino) e filìa(amore), che insieme indicano amore per il bambino. In realtà questa definizione può sembrare ambigua, ma ciò a cui ci si riferisce veramente è un’amore con forte accezione erotica, praticata da un adulto nei confronti di un bambino. Si parla di un bambino in età pre-pubere, ovvero che non ha intrapreso il suo sviluppo psico-sessuale e che, di conseguenza, non ha ancora consapevolezza di sé e del proprio corpo. [1]

Passiamo ora a vedere cosa sia la pedofilia e quali le sue possibili cause.

Come è risaputo, da un punto di vista giuridico, la pedofilia è condannabile, in quanto reato.[2]

“In realtà, la spiegazione di questo fenomeno è spesso confusa, incompleta e nel peggiore dei casi anche non propriamente corretta. Pedofilia è diventato di fatto sempre più un termine usato e spesso abusato”[3].

Infatti il fenomeno della pedofilia si ripercuote in tutti i campi, dal comportamento umano fino al suo sviluppo psicologico,sociale, culturale,giuridico, morale, religioso e perfino economico.[4]

In particolare, da un punto di vista psicologico, è riduttivo cercare un movente comune che possa spingere un essere umano verso l’atto della pedofilia.

È vero,invece,che risulta necessario indagare quale sia il background della persona che arrivi a compiere questo gesto.

“Nessun istinto mi sembra così complesso e spesso indecifrabile come l’istinto sessuale, sempre in  bilico fra natura e cultura, fra storia personale e storia collettiva, fra la semplicità dell’impulso e la complicazione dei circuiti mentali”.[5]

Come ben espone la Valcarenghi, nella sua concezione psicoanalitica, è possibile che il fenomeno della pedofilia faccia parte della sfera istintiva umana e che una sua possibile esternazione sia bloccata dalle norme morali, imposte dalla società e dalla cultura.[6]

“Perché, che si tratti di un istinto represso o di una perversione, di un comportamento naturale o contro natura, in ogni caso un solo dato è certo: è dall’inconscio che l’impulso pedofilo arriva alla coscienza”.[7]

Per quanto riguarda le possibili cause alla base di una manifestazione pedofila, è bene rimarcare il fatto che non esiste un movente comune.

In realtà è facile pensare che un soggetto che abbia subito abusi nell’età infantile sia maggiormente propenso ad un comportamento pedofilo, ma ciò risulta essere per lo più inesatto.

Difatti è vero, per quanto il contenuto pedofilo sia inconscio e qui sia trattenuto da un divieto e da un’inibizione, è anche vero che i freni inibitori possano venir meno a causa di una struttura morale carente o anche, naturalmente, in seguito ad un trauma.

Se è vero che il fenomeno della pedofilia viene riconosciuto come scabroso, e generalmente associato al genere maschile, lo è ancor di più se lo si pensa in un’ottica femminile.

Se ne parla poco, non perché gli episodi di pedofilia femminile non avvengano, quanto piuttosto per il fatto che si tende a celare la figura della donna dietro lamaschera di madre e caregiver.

“Descrivere similitudini e differenze tra i generi sessuali del childmolester promuove una consapevolezza sociale, poco diffusa e spesse volte rinnegata, dell’esistenza anche di un femminile capace di maltrattare,offendere e abusare anche sessualmente i bambini”.[8]

Questo fenomeno rappresenta difatti un tabù in quanto in contrasto con quelle certezze razionali,sociali,culturali ed emotive radicate da sempre nella credenza comune.

petronioPer quanto sconcertante,  la pedofilia femminile non è una novità dei nostri giorni, in realtà la storia ci restituisce dei casi da tempi ben più antichi. Lo stesso Petronio, infatti, narrava di un gruppo di donne compiaciute dinanzi allo stupro di una bambina di sette anni.

“Era una racconto, non una testimonianza, ma era tuttavia possibile immaginarlo”.[9]

Questa affermazione sta ad indicare come il pensare comune del tempo rendeva la donna capace di un possibile atto pedofilo.

Oggigiorno, al contrario, il pensiero sociale è portato a difendere la donna, ma la realtà è un’altra: la pedofilia femminile esiste e, seppur i casi riportati siano pochi, questi ci sono e sono reali.

Proprio perché pochi e nascosti, i casi di pedofilia femminile non aiutano la comunità scientifica ad inquadrare al meglio questa scomoda realtà.

Caratteristiche delle donne pedofile

Nonostante ciò, sono state individuate una serie di caratteristiche comuni nelle donne sex offender. Sono emerse storie pregresse di maltrattamento infantile, disturbi mentali e della personalità, addiction da sostanze stupefacenti, assenza di intimità o difficoltà nelle relazioni intime, una predisposizione a scegliere quali vittime principalmente bambini e adolescenti, una tendenza ad agire contro familiari o su coloro che hanno una conoscenza con le stesse vittime, una tendenza ad agire abusi sessuali concertata con il proprio partner.[10]

In particolare, lo studio effettuato da Mathews, Matthews e Speltz nel 1989 individua tre tipologie di donne sex offender:

a) Male-coerced: tali donne si mostrano passive e dipendenti, hanno conosciuto abusi sessuali o relazioni intime problematiche e, spesso spinte dalla paura di essere abbandonate, vengono costrette ad agire abusi sessuali sui propri figli;

b) Predisposed: tali donne sono accomunate da storie incestuose o di vittimizzazione sessuale, difficoltà psichiche e fantasie sessuali devianti e una tendenza a vittimizzare i propri figli o altri bambini facenti parte della loro rete familiare;

c) Teacher/lover: queste donne, spesso accomunate da difficoltà nelle relazioni affettive con i propri partner coetanei, scelgono come vittime delle loro esperienze sessuali pre-adolescenti con i quali intrattengono relazioni di fiducia nelle sembianze di insegnanti o tutor. Le vittime, confuse da tali atteggiamenti di cura e protezione, non considerano tali pratiche sessuali come dannose o devianti.[11]

Secondo la classificazione di Kaplan, invece, le donne pedofile possono essere classificate in due gruppi: le cosiddette prey to predator, cioè coloro che sono state vittimizzate nell’infanzia, e le self-made predator, cioè coloro che provano piacere sessuale nei confronti dei bambini. Secondo Saradjian e Hanks (1996), l’abuso può scaturire da un sentimento di ribellione nei confronti del bambino che disobbedisce, rappresentando la giusta punizione per il comportamento del bambino.

Tra le figure di madri abusanti emergono anche coloro che trattano i figli come una proprietà, prendendosi il diritto di gestirne il corpo e facendo apparire l’iniziazione alle pratiche sessuali come un atto educativo.

Una riflessione autorevole sulla pedofilia, ed in particolare sulla pedofilia femminile, ci viene offerta da Marina Valcarenghi, la quale sostiene che le donne pedofile non vengono solitamente prese in considerazione perché sono pochi i casi che vengono alla luce. Questo deriva anche dal fatto che le donne trasgrediscono la legge molto meno degli uomini, perciò si pensa che la minore incidenza del comportamento trasgressivo riguardi anche la sfera sessuale.[12] La pedofilia femminile, inoltre, si orienterebbe sia all’interno della famiglia, sia verso il turismo sessuale. Naturalmente, il turismo sessuale femminile si sviluppa secondo modalità diverse rispetto a quello maschile, in quanto spesso le anziane signore che si dirigono verso paesi dell’Africa e dell’America latina e si accompagnano a ragazzini molto giovani accetterebbero anche amanti più adulti. Esse infatti desiderano nella maggior parte dei casi solo divertirsi senza condanne sociali. [13]

Le donne sembrano inoltre manifestare una minore tendenza alla pedofilia incestuosa rispetto agli uomini e spesso, coloro che la manifestano, sono donne fragili che utilizzano i figli maschi come oggetti sessuali compensatori. I freni inibitori di tali donne si disattivano non solo per la mancanza di una coscienza morale, ma anche per una confusione emotiva che le porta a vivere in maniera caotica qualsiasi relazione.

La pedofilia affettiva fuori dal nucleo familiare, invece, si dirigerebbe secondo la Valcarenghi verso gli adolescenti. Queste donne sono spesso alla ricerca di conferme narcisistiche, che fantasticano un amore fuori dalle regole, che reagiscono a una delusione da parte di un uomo adulto, o che compensano una grave insicurezza che impedisce loro di affrontare i coetanei.[14]

È curioso esplorare l’altro lato della pedofilia femminile, ovvero quello passivo. Petrone (2005) parla in questi termini di “pre-pedofilia”,la quale indica l’atteggiamento non direttamente agito dalla donna nei confronti del bambino quanto piuttosto condiviso. Il vero protagonista dell’atto pedofilo è in questi casi l’uomo, di cui la donna si fa complice. Nonostante la donna si spogli delle sue responsabilità compie ugualmente una forte violenza ai danni delle piccole vittime, soprattutto per il fatto che il suo ruolo sarebbe invece quello di proteggerle.[15]

Secondo Mendorla (2005), dietro questo fenomeno passivo si nasconde una paura della donna, quella di perdere l’attenzione e l’interesse del proprio compagno, è così che pur di non essere abbandonata suggerisce essa stessa una relazione “sostitutiva” con la figlia. Ecco allora che i figli diventano l’oggetto delle attenzione sessuali all’interno della coppia genitoriale.[16]

 


[1]Costantini, A. & Quattrini, F. (2011). Differenze di genere nel comportamento pedofilo: la pedofilia femminile, Sessuologia, 35, (2), p.128-129

[2]Valcarenghi Marina, “Ho paura di me”, Il comportamento sessuale violento, Milano, Bruno Mondadori, 2007

[3]Costantini, A. & Quattrini, F. (2011). Differenze di genere nel comportamento pedofilo: la pedofilia femminile, Sessuologia, 35, (2), p.128

[4]ibidem

[5]Valcarenghi Marina, “Ho paura di me”, Il comportamento sessuale violento, Milano, Bruno Mondadori, 2007, pag.102

[6]ibidem

[7]Ibidem,pag.28

[8]Costantini, A. & Quattrini, F. (2011). Differenze di genere nel comportamento pedofilo: la pedofilia femminile, Sessuologia, 35, (2), p.140

[9]Valcarenghi Marina, “Ho paura di me”, Il comportamento sessuale violento, Milano, Bruno Mondadori, 2007, pag.95

[10]Salerno Alessandra, Giuliano Sebastiana (a cura di), La violenza indicibile, L’aggressività femminile nelle relazioni interpersonali, Milano, Franco Angeli, 2012, p. 211.

[11]Salerno Alessandra, Giuliano Sebastiana (a cura di), La violenza indicibile, L’aggressività femminile nelle relazioni interpersonali, Milano, Franco Angeli, 2012, p. 211.

[12]Valcarenghi Marina, “Ho paura di me”, Il comportamento sessuale violento, Milano, Bruno Mondadori, 2007, p. 95.

[13]Valcarenghi Marina, “Ho paura di me”, Il comportamento sessuale violento, Milano, Bruno Mondadori, 2007, p. 96.

[14]Ibid., Ibidem,p. 99.

[15]Petrone,L.& Troiano, M. (2005). E se l’orco fosse lei?,“strumenti per l’analisi, la valutazione e la prevenzione dell’abuso al femminile. Con un nuovo test per la diagnosi”, Milano: Franco Angeli.

[16]Costantini, A. & Quattrini, F. (2011). Differenze di genere nel comportamento pedofilo: la pedofilia femminile, Sessuologia, 35, (2).

di Giorgia Bonelli

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