Perchè ci sono Dissociazione e sintomi dissociativi dopo un Trauma?
Il ruolo della dissociazione nella risposta al trauma
Il trauma psicologico non è inevitabilmente legato al successivo sviluppo di disturbo psicologico. Dinamiche mentali di tipo dissociativo sono elemento cruciale, che media il passaggio verso lo sviluppo della psicopatologia a partire dall’esperienza traumatica.
Concetto centrale della dissociazione è la separazione e la non l’integrazione di contenuti mentali in condizioni di stress. Lo sviluppo psichico prevede il passaggio progressivo da semplicità a complessità, con maggiore ed accurato processamento di stimoli ambientali nuovi e potenzialmente stressanti. L’esito di questi passaggi evolutivi è un’integrazione di fronte a variabilità ed incertezza, generate dalla novità. Con la dissociazione si sospende temporaneamente l’integrazione attraverso un’interruzione dei collegamenti fra processi psicologici (pensiero, emozioni, memoria). Solitamente fra questi processi psicologici c’è una integrazione, perché il nostro cervello è continuamente impegnato in elaborazioni parallele relative a tali processi.
Sistemi paralleli che interagiscono fra loro possono favorire la dissociazione, ramificando la mente in correnti, con pensieri, sentimenti, ricordi, frammentati in mondi a sé stanti. Sistemi mnestici e sottosistemi svolgono così la loro attività separatamente.
Lo stress traumatico fa saltare le linee di connessione fra processi paralleli, operando una spaccatura orizzontale nella linea della mente. La dissociazione innesca una desimbolizzazione dell’esperienza, che disturba senso di identità personale, integrazione e coerenza del sé.
La dissociazione può essere definita come un processo psicologico normale di reazione allo stress o un tipo psicopatologico, che attiva specifiche operazioni difensive volte a proteggere l’individuo nel momento della sopraffazione psichica di fronte al trauma.
La definizione estensiva della dissociazione afferma che essa è un processo normale che rende possibile un buon adattamento in risposta a situazioni di stress non traumatico, cioè un vero e proprio organizzatore psicologico. Così la dissociazione sarebbe una modalità di organizzazione della nostra esperienza psichica con ampia gamma di manifestazioni collocate lungo un continuum. Obiettivo sovraordinato della dissociazione è l’esclusione tramite la codifica a livelli periferici della coscienza, di emozioni e contenuti che sconvolgerebbero e sopraffarebbero il soggetto. Si attivano stati alterni di coscienza, dove il soggetto sperimenta un senso di irrealtà con cambiamenti nella percezione del proprio corpo, dello scorrere del tempo, ottundimento emozionale, accelerazione di pensieri, senso di irrealtà.
La dissociazione sarebbe allora un normale organizzatore psichico, che permette lievi episodi dissociativi nella vita quotidiana, secondo la visione estensiva.
La definizione restrittiva della dissociazione la considera un vero e proprio meccanismo difensivo attivato in modo automatico per mantenere separati dalla coscienza stati mentali traumatici. Stati mentali separati si occupano dell’evento traumatico e la barriera eretta contro stimoli esterni o contro stimoli interni intollerabili esprime una funzione adattiva attraverso la loro inibizione e/o separazione.
Secondo la visione estensiva si tratta di situazioni stressanti, secondo la visione restrittiva gli stressors acquisiscono un chiaro significato traumatico per l’individuo.
In presenza di traumatismo, secondo la “dissociazione strutturale” si determina una divisione strutturale della personalità con insufficiente integrazione fra due e più sistemi di idee e di funzioni, che costituiscono la personalità.
Secondo la visione estensiva i processi dissociativi hanno come conseguenza la mancata codifica di stimoli di natura potenzialmente traumatica, secondo la visione restrittiva avviene una codifica e memorizzazione di stimoli traumatici all’interno di una parte dissociata della personalità.
Secondo la dissociazione strutturale della personalità, una parte del trauma dissociato rimane incapsulato e dissociato da un’altra parte, che continua ad essere coinvolta nelle attività quotidiane con modalità di funzionamento più o meno adeguate.
La parte emotiva rimane fissata sul trauma in uno stato di continua ri-esperienza del trauma come attuale.
Nella parte apparentemente normale il campo della coscienza è ristretto alle attività quotidiane e questa parte è fobica circa quella emotiva, con perdurante mancanza di integrazione. La parte apparentemente normale mette in atto sintomi dissociativi negativi mentre la parte emotiva mette in atto sintomi dissociativi negativi e positivi.
Da osservatori di Fraiberg (1982) è emerso che bambini da 3 a 18 mei di età sono già capaci di abolire dalla coscienza la percezione di ciò che causa un dolore intollerabile (esperienza negativa con la madre).
Stati comportamentali discreti attraverso la loro integrazione permettono di sviluppare una personalità integrata. Una traumatizzazione ricorrente di questi stati comportamentali (riposo e sonno non REM movimenti degli arti e sonno REM inattività vigile, veglia o pre-pianto, pianto) danneggia la modulazione di questi stati, determinando una loro mancanza di integrazione.
La gravità della traumatizzazione è un predittore molto significativo della presenza di sintomi dissociativi in adolescenza. Sulla perdurante mancanza di integrazione incide il supporto sociale ricevuto da bambino e da adolescente.
Atteggiamenti genitoriali volti a negazione o rielaborazione fittizia in positivo del trauma, tendono a rafforzare piuttosto che a ridurre le tendenze dissociative, nonostante il supporto sociale positivo ricevuto da bambino e da adolescente.
Durante l’adolescenza è frequente il ricorso a strategie difensive dissociative per mediare i conflitti tipici del passaggio adolescenziale, ma nel caso di preesistenti traumi infantili, le difese dissociative possono mantenere aspetti dissociati della personalità, anziché contribuire al nuovo equilibrio narcisistico da raggiungere, alla luce di crisi evolutiva e distacco necessario dalle figure genitoriali.
La persistenza della dissociazione strutturale della personalità è elemento cruciale, che media il passaggio verso lo sviluppo di una psicopatologia a partire dall’esperienza traumatica.
Liotti propone una visione più ampia della dissociazione e la considera non solo come una difesa mentale che protegge dall’esperienza di emozioni dolorose, ma propone di considerarla come segno evidente di una rottura primaria nei processi intersoggettivi, che generano un senso di sé coerente ed integrato. L’intersoggettività e le esperienze di attaccamento organizzano la matrice primaria dello sviluppo psichico e definiscono la natura relazionale del Sé.
L’attaccamento disorganizzato è un modello prototipico della dissociazione, che compromette l’esperienza di unitarietà del sé a partire da un danno di coscienza e di memoria come funzioni integratrici dell’esperienza.
L’attaccamento disorganizzato ha un ruolo chiave nei disturbi che implicano la dissociazione, che è una realtà primariamente intersoggettiva, la quale impedisce processi integrativi della coscienza e non una difesa intrapsichica contro dolore mentale soverchiante.
Predittore della dissociazione non è il trauma, bensì la forma intersoggettiva che si definisce nell’attaccamento disorganizzato e nelle sue vicissitudini durante prima e seconda infanzia: dimensione intersoggettiva che sottende ed organizza dinamiche dissociative.
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