Perché mi abbuffo sempre: il disturbo da alimentazione incontrollata

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Molti disturbi alimentari hanno una storia moderna, il binge eating disorder è sicuramente uno di questi, considerando che la sua prima concettualizzazione nasce dal concetto di bulimia all’interno del DSM IV.

La diagnosi di bulimia è stata introdotta da Russell nel 1979, ed è caratterizzata da abbuffate estreme e da comportamento di controllo di peso come il vomito auto-indotto, dieta restrittiva o abuso di lassativi.

Il Binge Eating Disorder (BED) assume uno status diagnostico vero e proprio nel DSM-IV. Anche esso ha come caratteristica centrale l’abbuffata, ma differentemente dalla bulimia nervosa c’è poco o non c’è un comportamento di controllo del peso (ibidem p.550).

Ma è solo nel DSM-5 che il Binge Eating Disorder diventa una vera e propria categoria diagnostica per i disturbi alimentari. Nel DSM-IV, infatti, il Binge Eating Disorder non era riconosciuto come un disturbo ma era descritto nell’Appendice B: Set di Criteri e Assi Forniti per studi successivo ed era diagnosticabile solamente usando la categoria ombrello di “disturbi alimentari non altrimenti specificati”.

Nel DSM IV in appendice erano definiti Disturbo da Alimentazione incontrollata:

  1. Episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata. Un episodio di alimentazione incontrollata si caratterizza per la presenza di entrambi i seguenti elementi: 1) mangiare, in un periodo definito di tempo (per esempio, entro un periodo di 2 ore), un quantitativo di cibo chiaramente più abbondante di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe in un periodo simile di tempo e in circostanze simili; 2) sensazione di perdita di controllo nel mangiare durante l’episodio (Per esempio la sensazione di non riuscire a fermarsi oppure a controllare che cosa e quanto si sta mangiando).
  2. Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati con tre o più dei seguenti sintomi: 1) mangiare molto più rapidamente del normale; 2) mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni; 3) mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati; 4) mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando; 5) sentirsi disgustato verso se stesso, depresso, o molto in colpa dopo le abbuffate.
  3. È presente un marcato disagio a riguardo del mangiare incontrollato
  4. Il comportamento alimentare incontrollato si manifesta, mediamente, almeno per 2 giorni alla settimana in un periodo di 6 mesi.
  5. L’alimentazione incontrollata non risulta associata con l’utilizzazione sistematica di comportamenti compensatori inappropriati (per esempio uso di purganti, digiuno eccessivo esercizio fisico).

Il Binge Eating Disorder è definito quindi nel DSM-IV da episodi frequenti e persistenti di abbuffate accompagnati dalla sensazione di perdita di controllo, notevole stress ed assenza di comportamenti regolari e compensatori. Il disturbo è associato con un disturbi alimentare specifico (ad es., forma disfunzionale del corpo, preoccupazioni legate al peso), comorbidità psichiatrica e impatto negativo significativo sulla salute e sulla vita psicosociale del soggetto. Esso è inoltre legato all’essere sovrappeso e all’obesità.

Nel DSM-5 si descrive il Binge Eating Disorder come episodi ricorrenti di mangiare significativamente più cibo in un periodo breve di tempo, più di quanto farebbero la maggioranza delle persone in simili circostanze, con episodi caratterizzati da notevole mancanza di controllo. Alcune persone con un binge eating disorder può mangiare troppo velocemente, anche quando lui o lei non è affamato. La persona può sperimentare sensazioni di colpa, imbarazzo o disgusto e può abbuffarsi da solo per nascondere il copmortamento. Questo disturbo è associato ad un forte stress, e si verifica, in media almeno una volta a settimana per tre mesi.

Questo cambiamento all’interno del DSM-5 vuole sensibilizzare le persone ad una sostanziale differenza tra l’abitudine di mangiare troppo e il binge eating disorder. Mentre l’abitudine di mangiare troppo, seppur negativa, è molto diffusa, il binge eating disorder è molto più raro, ma nelle sue forme più severe è associato con una serie di problemi fisici e psicologici.

 

Aspetti determinanti che cambiano nel DSM-5 rispetto alla sua precedente edizione riguardano la frequenza media minima di abbuffate necessarie per la diagnosi, basta infatti solamente una abbuffata per settimana negli ultimi 3 mesi, anziché almeno 2 abbuffate a settimana per 6 mesi, tale criterio è uguale a quello utilizzato nel DSM-5 per la Bulimia Nervosa, viene inoltre calcolato il grado di severità.

I criteri per il Binge Eating Disorder sono dunque diventati i seguenti:

A – Episodi ricorrenti di abbuffate. Un’abbuffata è definita dai due caratteri seguenti: 1) Mangiare, in un periodo di tempo circoscritto (per esempio nell’arco di due ore), una quantità di cibo che è indiscutibilmente maggiore di quella che la maggior parte delle persone mangerebbe nello stesso periodo di tempo in circostanze simili. 2) Senso di mancanza di controllo sull’atto di mangiare durante l’episodio (per esempio sentire di non poter smettere di mangiare o di non poter controllare cosa o quanto si sta mangiando).

B – Gli episodi di abbuffate compulsive sono associati ad almeno tre dei seguenti caratteri: 1) Mangiare molto più rapidamente del normale; 2) Mangiare fino ad avere una sensazione dolorosa di troppo pieno; 3) Mangiare grandi quantità di cibo pur non sentendo fame; 4) Mangiare in solitudine a causa dell’imbarazzo per le quantità di cibo ingerite; 5) Provare disgusto di sé, depressione o intensa colpa dopo aver mangiato troppo

C – Le abbuffate compulsive suscitano sofferenza e disagio.

D – Le abbuffate compulsive avvengono, in media, almeno una volta la settimana per almeno sei mesi.

E –Non vengono usati comportamenti compensatori inappropriati e il disturbo non si riscontra soltanto nel corso di anoressia o di bulimia nervosa. Come precedentemente descritto, viene calcolata la severità del disturbo utilizzando come indicatore il numero di abbuffate a settimana. I range utilizzati sono: Lieve: 1-3 Moderata: 4-7 Severa: 8-13 Estrema: 14 o più.

Dunque, possiamo affermare che il Binge Eating Disorder è spesso accomunato alla bulimia, ma è diverso da essa in quanto non contempla comportamenti di espulsione tramite vomito o purga del cibo. Come vedremo nel prossimo studio, le patologie hanno spesso decorsi differenti. Uno studio longitudinale di Fairburn, Cooper, Doll, Norman e O’Connor (2000) ha comparato il decorso naturale del Binge Eating Disorder con quello della Bulimia Nervosa. Il campione, complessivamente costituito di 150 persone, era suddiviso in due sottocampioni, 102 partecipanti con bulimia nervosa e 48 con il binge eating disorder. Il campione era costituito esclusivamente da soggetti di sesso femminile.

L’obiettivo di questo studio era quello di verificare le variazioni in alcune caratteristiche del disturbo alimentare analizzato, i sintomi psichiatrici generali e il funzionamento sociale, in un periodo complessivo di 5 anni. I test venivano ripetuti ad intervalli di 15 mesi.

Analizzando i due campioni nei cinque anni, è stato osservato che, in entrambi i casi c’è stato un miglioramento iniziale notevole seguito da un miglioramento più lieve successivamente all’inizio dello studio. Il decorso del Binge Eating Disorder sembra migliore rispetto a quello legato alla bulimia nervosa. Infatti, nei 5 anni di follow-up c’è stato un calo del 18% del disturbo alimentare. Inoltre, il tasso di ricaduta era basso in questo gruppo. Il tasso di ricaduta nel caso della bulimia nervosa era circa di un terzo (32% al tempo 3, 33% al tempo 4, 26% al tempo 5), nel caso del Binge Eating Disorder era invece del 10% al tempo 3, del 4% al tempo 4, e del 7% al tempo 5.

Caratteristica che accomuna le due corti nello studio è l’aumento di peso, presente sia nel campione relativo alla bulimia sia nel campione relativo al Binge Eating Disorder. A seguito dei 5 anni di studio, il 39% dei binge eater soddisfaceva i criteri per l’obesità.

Contatta uno psicologo per affrontare il problema: 329 599 75 85

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