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Psicologia del Sesso

Articolo di Sharon Invigorito

Vi è un legame stretto tra stile di attaccamento e comportamento sessuale, presente già dalla più tenera età. Tuttavia non esistono ancora ricerche statisticamente significative sulla questione.

Il sistema d’attaccamento come ormai sappiamo, è il primo sistema motivazionale interpersonale a mettere il bambino in contatto con altri significativi. Ne deriva da ciò, che se le prime strutture cognitive riguardanti la vita emozionale dell’individuo, sono sviluppate all’interno di matrici interpersonali mediate dall’attaccamento, quelle che si svilupperanno successivamente, nel corso dell’attivazione di altri sistemi motivazionali interpersonali, dovranno presumibilmente essere confrontate con queste. Possiamo affermare dunque, che anche nel caso del sistema motivazionale della sessualità, questo sia influenzato da quello dell’attaccamento, nonostante successivamente il rapporto diventi bidirezionale. Ci sono prove (Kleeman, 1975; Wolff, 1966) che dal primo anno di vita il piacere sensuale e l’eccitazione sessuale appaiono e si esprimano attraverso forme di attivazione genitale e di piacevole gioco con i genitali. Questo appare effettivamente in bambini, le cui madri si sono dimostrate responsive, mentre risulta quasi assente nel caso di madri al contrario, non responsive. Dunque sono le abilità metacognitive del genitore ed il modo in cui le utilizza nel rapporto con il figlio, ad influenzare enormemente lo sviluppo dello stile di attaccamento di quest’ultimo: maggiore è la capacità di un genitore di pensare la mente dell’altro, più è probabile che il bambino sviluppi uno stato mentale sicuro rispetto alla relazione di attaccamento.

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A questo proposito, la sessualità può essere riconosciuta come una possibilità per modellare la stimolazione corporea sperimentata come parte di sé: il genitore che riesce a mettere in relazione la propria mente con quella del figlio, permetterà a sua volta al bambino di sviluppare abilità metacognitive tali che possa iniziare già a pensare e padroneggiare le relazioni e i suoi stati mentali. E’ qui che si vede la bidirezionalità del legame attaccamento-sessualità, il cui fulcro sta nel trovare il miglior compromesso possibile tra sicurezza e piacere.

Secondo Holmes (2007) la sequenza di sviluppo di questo processo avviene passando da un’interazione sicura, giocosa e psicofisicamente e mutuamente mentalizzante, a una generale competenza immaginativa, fino ala capacità di immaginare interazioni erotiche (nella quali avranno inevitabilmente influenza i modelli operativi interni dell’attaccamento e la loro interazione con gli altri sistemi motivazionali).

E’ l’adolescenza il momento in cui effettivamente si attiva il sistema motivazionale sessuale ed in questo periodo si devono sviluppare strategie di integrazione che permettono di trovare soluzioni a diverse spinte motivazionali. Le esistenti strategie di auto-protezione e di ricerca di protezione dagli altri devono essere riorganizzate; inoltre vanno costruite strategie sessuali che devono essere poi integrate, permettendo di instaurare una varietà di relazioni d’attaccamento che possano coesistere e sostenersi tra loro. Per esempio, può accadere che un amico diventi oggetto di desiderio sessuale, creando un nuovo modo di sperimentare l’intimità e di esprimere l’affettività.

Il desiderio sessuale inoltre, garantisce nuovi modi per ridurre l’attivazione emotiva: se non siamo in grado di integrare le diverse spinte motivazionali che fanno parte di una relazione intima adulta (attaccamento, accudimento e sessualità) possiamo arrivare a frammentarle cercando soddisfazione in relazioni differenti o in modalità disfunzionali (Crittenden, 2002).

Per alcuni adolescenti, il desiderio sessuale fornisce una forte motivazione a migliorarsi e a riorganizzare l’espressione dei sistemi motivazionali precedenti (Crittenden, 2002); altri invece, confondono la soddisfazione sessuale con la ricerca di conforto, mettendo in atto frequentemente comportamenti sessuali al fine di ridurre l’ansia; altri ancora utilizzano l’essere sessualmente precoci come una strategia per interrompere l’isolamento della loro infanzia, oppure accondiscendono perfino alle richieste sessuali degli altri per assicurarsi la loro accettazione.

Il desiderio sessuale a partire dall’adolescenza, come abbiamo già detto, si sovrappone agli altri sistemi comportamentali e la sua espressione infatti, può essere facilmente dirottata da altri pressanti bisogni psicologici. Il rischio sta nel confondere gli stati affettivi e nel definire la propria identità strettamente da che cosa uno dia o riceva sessualmente. Entrambe queste distorsioni incidono sullo sviluppo del sé e riducono la possibilità di fornire piacere sessuale, esprimere affetto e migliorare le relazioni. Un’altra abilità importante da dover sviluppare è quella di riuscire ad integrare le motivazioni che ci legano al nostro partner con quelle che ci spingono a conoscerne altri: affinché qualcuno divenga una figura d’attaccamento, è necessario che sia percepito come familiare ed abbia dunque un comportamento prevedibile.

La costruzione di una relazione, che può divenire un legame d’attaccamento, inizia con un forte desiderio di vicinanza: gli adulti cercano il contatto per attrazione interpersonale o interesse sessuale. Questi possono dare luogo alla formazione della coppia ma, se i partner non riescono a soddisfare reciprocamente i bisogni di conforto e di sicurezza, subentrerà, prima o poi, un senso di insoddisfazione (Shaver e Hazan, 1992).

Gli studi sull’attaccamento hanno suggerito che i modelli operativi interni assimilino le esperienze amorose ed i nuovi partner alle aspettative già esistenti riguardo al Sè e all’altro.

In ogni caso, acquisisce una notevole importanza anche l’attuale funzionamento del sistema dell’attaccamento nella relazione fra i due partner adulti, il quale può facilitare, ostacolare o inibire l’esperienza soggettiva di intimità e piacere sessuale. Infatti solo se nel rapporto attuale fra le due persone viene confermato il modello operativo interno di un precoce attaccamento insicuro, si verificherà il previsto ostacolo all’esperienza sessuale pienamente condivisa e felice (Liotti, 1999).

Secondo Shane, Shane e Gales (1999), nel caso dell’attaccamento insicuro, le esperienze sessuali piacevoli possono sostituire altri bisogni non sessuali del Sè e del “Sè con l’altro” che non sono stati soddisfatti. Infatti, secondo tali Autori, il reclutamento della sessualità al servizio dei bisogni di attaccamento rappresenta un’ampia categoria che copre manifestazioni sintomatiche diverse, come possono essere per esempio le ossessioni sessuali. Questi bisogni di attaccamento superano, hanno la precedenza, sostituiscono completamente il sesso in sé. Tale modalità di vivere l’esperienza sessuale viene denominata da questi autori “sessualizzazione”.

In particolare, in rapporto alle due dimensioni di attaccamento identificate da Bartholomew e Horowitz (1991): evitamento e ansia, il comportamento sessuale può essere vissuto in modo nettamente diverso.

 

Attaccamento sicuro

Ricerche suggeriscono che individui sicuri abbiano esperienze sessuali più positive e una maggiore soddisfazione sessuale nella relazione (Mikulincer & Shaver, 2007; Shaver & Hazan, 1988).

La sicurezza dell’attaccamento è inoltre collegata ad una maggiore percezione di essere attraenti (Bogaert & Sadava, 2002) e, nell’età adulta, gli individui sicuri hanno generalmente schemi sessuali di sé più positivi (Cyranowsky e Anderson, 1998). Questi tendono ad essere persone a proprio agio con la propria sessualità e sono più aperti all’esplorazione sessuale.

Con maggiore probabilità hanno rapporti sessuali con partner intimi e iniziati in modo reciproco (Brennan & Shaver, 1995; Feeney, Noller & Patty, 1993; Stephan e Bachman, 1999), mentre è meno probabile che abbiano partner casuali o promiscui.

Una ricerca su un campione di adolescenti ha evidenziato che la sicurezza nell’attaccamento favorisce la ricerca di rapporti sessuali primariamente per esprimere amore per il partner (Tracy, Shaver, Albino e Cooper, 2003).

 

Evitamento

Gli individui che hanno uno stile di attaccamento caratterizzato da alto evitamento mettono in atto strategie volte a disattivare la ricerca di vicinanza e di intimità.

Il comportamento sessuale infatti in molti casi viene vissuto in modo scollegato dai bisogni di attaccamento, oppure può servire per soddisfarli in modo individuale.

Davis, Shaver e Vernon (2004) hanno svolto una ricerca su un campione di 1999 soggetti, di età superiore ai 15 anni, che avevano avuto almeno una relazione in cui vi erano stati rapporti sessuali. Con questo studio è stato possibile confrontare la modalità di vivere il sesso delle persone con alto evitamento nell’attaccamento, con quella delle persone con alta ansia.

Inoltre, per quanto riguarda le condizioni di attivazione, hanno rilevato anche che il comportamento sessuale può essere motivato dalla percezione di stress ed insicurezza relazionali; nel caso dell’evitamento però, ciò non avviene, in quanto vengono impiegate strategie che disattivano l’attaccamento al fine di ridurre lo stress.

Gli Autori ipotizzano dunque che gli evitanti vivano i comportamenti sessuali in questa maniera, ossia non necessitano mostrare al proprio partner l’angoscia che si prova né tantomeno si accingono a fare richieste esplicite di cure e conforto.

Davis, Shaver e Vernon (2004) hanno anche riscontrato che il comportamento sessuale può svolgere funzioni analoghe ai comportamenti di attaccamento: ricerca di vicinanza e desiderio di cure incrementano la sensazione soggettiva di sicurezza e di intimità emotiva, favorendo anche l’aumento dell’autostima.

Le persone con attaccamento evitante invece, tendono a gestire da soli stress e difficoltà, vivendo il comportamento sessuale come un meccanismo di auto-cura.

Davis e collaboratori (2004) hanno svolto una ricerca tramite un questionario online su persone con più di 15 anni coinvolte in una relazione; dai dati è emerso che per gli evitanti, essendo caratterizzati da una bassa ansia durante l’intimità, era maggiormente presente il desiderio di soddisfazione fisica, della richiesta di più partner e di forme di sesso non collegate all’intimità. Nonostante questo, l’evitamento è risultato collegato negativamente con l’effettiva soddisfazione sessuale.

Secondo la Crittenden (Crittenden & Landini, 2011), il soggetto evitante tende a far porre una distanza fra sé e figure appropriatamente intime, mettendo in atto forme di attaccamento “indiscriminato”. Questa tipologia di attaccamento può presentarsi in forma lieve, come autosufficienza compulsiva, oppure in forma molto più grave, come vero e proprio isolamento.

In generale è presente un crescente coinvolgimento nelle relazioni sessuali ed un progressivo isolamento emotivo o affettivo. Inoltre l’evitamento è risultato essere correlato positivamente con l’utilizzo del sesso al fine di manipolare l’altro o di esercitare un controllo su di lui (Davis, Shaver e Vernon, 2004).

Davis e collaboratori (2004) hanno rilevato per gli evitanti un’associazione tra scarse abilità comunicative nella relazione e tendenza a mettere in atto comportamenti coercitivi.

Inoltre, risultano essere più preoccupati, rispetto agli ansiosi, delle conseguenze negative dei comportamenti sessuali non protetti (Davis et al., 2006), probabilmente a causa della maggiore importanza data a se stessi e al proprio benessere.

 

Ansia

Dalla ricerca di Davis, Shaver e Vernon (2004) è emerso che per le persone con alta ansia nell’attaccamento, il comportamento sessuale può essere motivato dalla percezione di stress ed insicurezze relazionali. Questi soggetti vivono spesso l’amore come implicante ossessione, desiderio di unione, alti e bassi emotivi, una forte attrazione sessuale ed eventuali sentimenti di gelosia (Hazan e Shaver, 1987). Qui, a differenza degli evitanti, la condotta sessuale risulta essere correlata con il raggiungimento di funzioni tipiche dell’attaccamento: riduzione dello stress, aumento dell’autostima, rassicurazione e intimità emotiva. Il sesso può essere usato anche al fine di controllare lo stato emotivo dell’altro e riavvicinarlo a sé. Per gli stessi motivi è emerso che le persone ansiose possono mettere in atto volontariamente, o perché obbligate dal partner, comportamenti sessuali indesiderati al fine di mantenere l’amore e l’attenzione, evitando conflitti.

Gli ansiosi sono soliti interpretare l’attività sessuale come un vero e proprio termometro dello stato della propria relazione, divenendo il modo per dimostrare la propria vicinanza nei momenti di difficoltà (Davis, Shaver e Vernon, 2004). Gli Autori hanno rilevato come l’ansia sia oggetto di una maggiore varietà di attività sessuali e soddisfazione fisica. Inoltre, a differenza degli evitanti, i soggetti ansiosi tendono perfino a mettere in atto comportamenti rischiosi per la propria salute. Crittenden (Crittenden & Landini, 2011) descrive una configurazione di tipo ansioso che chiama “seduttivo e ossessionato dal soccorso”, ossia la sessualità viene considerata ed usata come mezzo per attirare l’attenzione dell’altro e creare un’alleanza. Dopo la pubertà, questa configurazione può assumere caratteristiche di vera e propria seduzione sessuale.

 

Disorganizzazione dellattaccamento

Secondo Shane, Shane e Gales (1999), l’esperienza sessuale tipica della disorganizzazione dell’attaccamento non può essere nemmeno considerata effettivamente sessuale: i bisogni del proprio Sè e del Sè-con-l’altro non sono soddisfatti e non vi è né amore, né intimità, né piacere sessuale di alcun tipo.

L’esperienza sessuale di queste persone talvolta non implica nemmeno i genitali e spesso risulta sgradevole o dolorosa o addirittura anestetica, a causa dei tentativi del Sè di auto-proteggersi grazie ai meccanismi di dissociazione.

Gli adulti che durante l’infanzia hanno sofferto di questi traumi irrisolvibili, afferma Lichtenberg (2008), hanno sperimentato ragionamento disorganizzato e dissociazione in risposta ai loro ricordi o alla riattivazione attuale. Queste esperienze disorganizzanti interferiscono con l’apprezzamento della soggettività propria e altrui.

Gli individui in questione tendono ad intensificare gli stati affettivi negativi, l’ipervigilanza e l’essere centrati su se stessi; alternativamente, possono essere soggetti a dissociazione con stati emotivi di noia e comportamenti automatizzanti.

In ogni caso, la cognizione viene danneggiata e la consapevolezza autoriflessiva non esiste.

Lichtenberg (2008) sostiene che gli stati di ipereccitazione eccessivamente stimolanti possano servire per oscurare il profondo sconvolgimento emotivo, derivante da un deficit nel sostenere esperienze sensuali empatiche, sostituendole con sentimenti quali il dolore, la rabbia e la distruttività, o ricorrendo altresì all’utilizzo di droghe, pornografia e schemi sessuali caratterizzati dalla sottomissione-dominazione che si possono combinare con ognuno di questi elementi.

Secondo Holmes (2007) infine, i comportamenti autodistruttivi di questi individui includono attività sessuali rischiose, spiacevoli, perverse o umilianti, le quali possono essere caratterizzate dai seguenti elementi, in particolare:

  • come ripetizione delle dinamiche di dominazione/sottomissione sperimentate nell’infanzia;
  • come routine per gestire il senso di caos totale;
  • l’associazione tra sessualità e aggressività permette di sperimentare comunque qualcosa, anche se dolore, fuggendo dai sentimenti di dissociazione;
  • essere una vittima assicura comunque un ruolo e una forma di protezione;
  • la vergogna collegata alla vulnerabilità, sperimentata in momenti di bisogno, viene rimessa in atto attraverso forme degradate di sessualità ripetitive, fornendo alla persona un’illusione di controllo.

Articolo di Sharon Invigorito

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