Psicologia dell’Adolescenza: il punto di vista di Canestrari

Il modello teorico che il Canestrari utilizza nel caso dell’adolescenza è quello della teoria psicoanalitica, che postula la crisi adolescenziale come “fisiologica” per uno sviluppo adeguato della personalità; le soluzioni di assetto della personalità, che non passano attraverso questo travaglio interno, risulterebbero monche e parziali, in quanto l’integrazione libidica o dell’Io non si organizzerebbe intorno a nuovi oggetti d’amore o ad una nuova identità, bensì attorno alle antiche identificazioni e ad una gamma di attività sublimate della tensione sessuale, tipiche dell’età della latenza. Dalle esperienze di valutazione durante i colloqui, da vari dati anamnestici si può affermare che l’adolescente avverte in modo intenso il primato della vita interiore rispetto a quella che lo circonda (e si ritrova quindi a fare i conti con le fantasie che riemergono dal mondo passato, col mondo attuale che lo circonda e col futuro, che avverte incerto e problematico. L’adolescente inoltre scopre che il mondo adulto non sa tutto e non può tutto e ne rimane deluso, ed emerge in lui la categoria del “possibile”, viene utilizzato il pensiero ipotetico-deduttivo.
In pratica, riassumendo, con l’adolescenza avviene in modo spontaneo la messa in crisi delle certezze o delle difese dell’età della latenza; la certezza circa l’onniscienza degli adulti, la certezza sulla univocità della realtà esterna, la certezza sulla semplificazione della vita interiore e quella sulla esistenza dello schema di riferimento esterno come guida stabile e sicura.

Il conflitto di base nell’adolescenza

Il conflitto di base dell’adolescenza è connesso con l’entrare in posizione depressiva e al gestirla; tali conflitti trovano espressione in un disagio legato allo sviluppo fisico, allo sviluppo sessuale e a quello intellettuale. Quelli legati allo sviluppo fisico riguardano la perdita di uno schema di riferimento da parte del ragazzo, che vede il suo corpo cambiare e non sa quando si stabilizzerà; soprattutto per quanto riguarda la comparsa dei caratteri sessuali secondari si possono animare ansie e preoccupazioni, in maggior misura per le ragazze, il cui eventuale sviluppo precoce le porta ad essere trattate dagli adulti come giovani donne, quando la loro maturazione emotiva è ancora lontana.

Per quanto riguarda i conflitti relativi allo sviluppo sessuale, si può far risalire la loro origine al modo in cui la fase orale e sadico-anale sono state superate, e soprattutto all’andamento della fase fallica (edipica); se riemergono nuclei orali, ad esempio, si possono avere alterazioni del comportamento alimentare, onicofagia e succhiamento del dito; se riemergono nuclei sadico-anali, invece, l’adolescente può divenire sporco, trascurato (chiaro riferimento al mancato controllo sfinterico). Il menarca è un altro momento importante legato a questo tipo di conflitti; la fanciulla può vergognarsi di questo fenomeno, si sente sporca e diminuita nella persona: questo la porta alla negazione o al rifiuto dell’evento. Il menarca ha però allo stesso tempo una valenza positiva, in quanto offre alla ragazza dei punti fissi su cui può organizzare molte sue esperienze (per la periodicità delle mestruazioni, l’inizio e la fine dei dolori etc), e stabilizza le disperse eccitazioni della fase prepuberale, indirizzandole verso il maturo modello vaginale.

La masturbazione e l’ansia

Altra componente importante di questo tipo di conflitti è la masturbazione, vissuta dall’adolescente con forte ansietà; può avere un significato di un movimento psichico verso la eterosessualità oppure esprimere tensioni psichiche regressive di tipo edipico. Sia per il menarca che per la masturbazione, grande importanza ha la famiglia, e l’atteggiamento con cui ha affrontato l’educazione del figlio fin dai primi anni di vita; se non ha ecceduto nè in sottomissione nè in dominanza nei confronti del ragazzo, quest’ultimo potrà vivere il conflitto in modo meno acuto e prolungato nel tempo.

I conflitti relativi allo sviluppo intellettivo, infine, riguardano il passaggio da un tipo di pensiero concreto (quello del fanciullo) ad un tipo di pensiero ipotetico-deduttivo (dell’adolescente), definito anche astratto: quest’ultimo tipo di pensiero può tener conto non solo delle situazioni o avvenimenti direttamente percepibili, ma anche di situazioni o avvenimenti “possibili”: il significato di un evento accaduto non sta solo in ciò che è ma anche in ciò che poteva essere e non è stato.

Lo sviluppo intellettuale porta quindi l’adolescente ad avvertire l’esigenza della dimostrazione del controllo, ad elaborare personalmente i dati sui quali fondare le proprie convinzioni; questo nuovo modo di porsi favorisce l’insorgenza di conflitti (insofferenza verso contenuti ideologici o comportamentali che gli adulti cercano di trasmettere all’adolescente senza dimostrargliene la plausibilità o la razionale motivazione, ad esempi, può portare l’adolescente ad abbandono scolastico, fuga da casa, suicidio etc).

Lo sviluppo sessuale dell’adolescente

A seguito di questi conflitti a livello fisico, sessuale e mentale, l’adolescente può costruirsi una serie di difese: il narcisismo, in cui la valorizzazione del proprio Io esalta l’autostima dell’adolescente e consente di tentare una ricerca di sè sull’onda dell’autoesaltazione; l’ascetismo pone l’adolescente in una situazione di isolamento, con proibizioni rigorosissime, per sbarrare la via ai desideri; l’intellettualizzazione mira a trasferire il conflitto dal piano delle emozioni a quello del pensiero, per cui l’adolescente si immagina come un conquistatore, un divo o un trionfatore, a livello di fantasticherie e sogni ad occhi aperti; la scissione è la difesa più radicale contro l’esperienza dell’ansia e della colpa perchè, riportando l’Io ad una situazione pre-depressiva, in cui gli oggetti buoni sono separati da quelli cattivi (posizione schizo-paranoidea dei primi mesi di vita), elimina alla radice la possibilità di provare ansia.
Per effetto della scissione riemerge il controllo onnipotente, che gli permette di negare la dipendenza dai suoi genitori pretendendo la dipendenza dai suoi genitori, e riemerge inoltre l’identificazione proiettiva, per cui i genitori (e gli adulti) diventano il contenitore di tutta l’aggressività dell’adolescente; nell’adolescente sano esiste una scissione esteriorizzata, in cui gli oggetti buoni idealizzati e quelli cattivi proiettati sono rintracciabili nella realtà esterna, e in cui l’idealizzazione è più forte dell’identificazione proiettiva, e si estende ai genitori o a figure ad essi assimilabili.
Gli esiti del processo adolescenziale possono essere diversi:

un’adolescenza adeguata avviene attraverso l’identificazione introiettiva, e porta l’adolescente a diventare adulto con le qualità parentali con cui si identifica;
un’adolescenza ritardata appartiene in genere ad adolescenti di famiglie borghesi, che portano avanti i loro studi, intraprendono carriere già avviate in famiglia, sposano persone scelte o accettate dai genitori, riproducono il modello familiare dei loro genitori: in pratica, in questo caso l’adolescente non dimette le difese ossessive dell’età di latenza;
un’adolescenza prolungata è un esito meno frequente, ed identifica un’adolescente che si “prolunga” all’infinito, per paura di deludere le aspettative dei genitori (spesso infatti sono ragazzi che nell’infanzia erano stati sopravvalutati dai genitori);
un’adolescenza sacrificata identifica adolescenti che per motivi diversi non hanno potuto affrontare l’adolescenza nella maniera corretta (apprendisti, persone costrette a lavorare al compimento del quattordicesimo anno d’età), sono persone che non colgono continuità tra passato e futuro ma vedono solo il presente;
l’adolescenza dissociale è quella più preoccupante, perchè sono persone che restano ancorate alle difese maniacali, paranoidee, in cui c’è stato un crollo dell’idealizzazione dei genitori, che non può essere ricostruita: sono persone che idealizzano sempre ciò che i genitori e la società in genere disapprovano, e che provengono da ambienti integrati ma rigidi nei modelli educativi, con modelli parentali ambigui (si presume anche una carenza di cure materne adeguate);
un’adolescenza tossicodipendente, infine, permette, attraverso l’uso di una sostanza, un distacco dalla sofferenza relativa ai conflitti del passaggio alla vita adulta; le droghe leggere vengono di solito utilizzate per risolvere il senso di solitudine, la difficoltà di inserimento in un gruppo, etc., mentre nel caso di uso di droghe pesanti c’è una volontà di trovare un modo di essere al mondo, una identità (a parte i casi in cui subentrano psicosi, forme di tipo borderline etc.).

Il gruppo per gli adolescenti ha un’importanza decisiva; tra gli 11 e i 15/16 anni avrà struttura omosessuale (soli maschi o sole femmine) e atteggiamento di tipo paranoide (le proiezioni da parte dei maschi nei confronti delle femmine e viceversa tendono ad identificare nell’altro gruppo caratteristiche negative). Quando l’adolescente all’interno di uno dei due gruppi sperimenta che il suo “odio” per i membri dell’altro gruppo non è distruttivo, e che l’altro sesso si dimostra seduttivo, allora comincia a provare sentimenti di amore che prendono il sopravvento sul disprezzo; nasce così la coppia (amicizia, amore), e da qui si passa al gruppo adolescenziale eterosessuale e depressivo; depressivo perchè i membri di tale gruppo non hanno bisogno di proiettare all’esterno le parti sofferenti del Sè, ma possono trattenerle e fare esperienza della preoccupazione per l’integrità dell’oggetto amato. Si stabilisce un nuovo rapporto di dipendenza in cui oltre all’esperienza della propria impotenza e incompletezza, si fa l’esperienza dell’altro come complementare al sè e allo stesso tempo ugualmente importante, incompleto e dipendente

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