Quando l’attaccamento diventa traumatico

Nel contesto relazionale, l’esperienza del trauma può essere vista come un processo di disfacimento della relazione tra il Sé e l’altro con funzioni di accadimento. Il traguardo evolutivo di una regolazione adattiva dei diversi stati psicologici si può raggiungere solo in un ambiente emotivamente significativo. In mancanza di figure di accadimento affidabili, il bambino traumatizzato ricorre a forme patologiche di fuga interna poiché non riesce a regolare i suoi stati mentali per ristabilire uno stato di equilibrio emotivo.

Nell’ambito delle interazioni traumatiche, il bambino s’imbatte anche nell’espressione materna di panico-terrore quando quest’ultima si ritrae come se fosse lui stesso la fonte di allarme. Per Winnicott, se le cure materne non sono abbastanza buone, l’infante non comincia ad esistere realmente per la mancanza di una continuità dell’essere. Tustin ha parlato di catastrofi psicologiche in cui l’individuo risponde con un ritiro autistico, una misura difensiva contro la sofferenza corporea che coinvolge un’interruzione dell’attività mentale ingestibile. In questo senso la dissociazione, che pure ha un ruolo inibitore della crescita, rappresenta una difesa operativa.

La teoria dell’attaccamento afferma che ogni essere umano viene al mondo con la disposizione innata e primaria a chiedere, ad un conspecifico ben conosciuto, aiuto, conforto e protezione dal pericolo quando si percepisca vulnerabile, dolente, deprivato. Tale disposizione innata, secondo la teoria, è frutto dell’evoluzione, e viene plasmata ed organizzata dalle strutture di memoria e signifìcato in cui è racchiusa l’esperienza della risposta, data da coloro che prestano cura, alle richieste di aiuto, conforto e protezione. Queste strutture di memoria sono chiamate “internal working models”, modelli operativi interni (MOI) delle interazioni di attaccamento.

Persone con un MOI di attaccamento sicuro che subiscano un trauma psicologico tenderanno a chiedere aiuto, conforto e sostegno per la loro esperienza dolorosa con fiducia ed efficacia, e presumibilmente reagiranno al trauma mettendo in atto la dissociazione. Viceversa, persone con un MOI di attaccamento insicuro (evitante o ambivalente) tenderanno a evitare di chiedere aiuto per l’esperienza dolorosa indotta dal trauma, ovvero chiederanno aiuto in modo inefficiente , ad esempio rivolgendosi a persone inadatte e interagendo con loro in modo da scoraggiare una risposta adeguata di conforto, o ancora non saranno in grado di giovarsi del sostegno sociale offerto: di conseguenza, mancheranno di un importante fattore protettivo e saranno maggiormente esposte alle conseguenze dissociative sulla coscienza dell’esperienza traumatica[1].

Una grave mancanza di protezione (fisica o emotiva) da parte dei genitori (neglect) oppure maltrattamenti e abusi infantili, soprattutto se perpretati proprio da figure di attaccamento (FdA), costituiscono esperienze traumatiche in quanto determinano per il bambino esperienze ripetute di minaccia soverchiante da cui è impossibile sottrarsi. Quando infatti il bimbo è privo di tale protezione, o quando la presenza dei genitori rappresenta una fonte di allarme e pericolo, viene a costituirsi una situazione di paura senza sbocco[2] e quindi di esperienza traumatica ripetuta. Tale paura impedisce al bambino d organizzare in maniera coerente i normali comportamenti di attaccamento[3]

Se le condizioni di minaccia interpersonale nelle relazioni di cura, che sono state indicate anche con i concetti di attaccamento traumatico, trauma complesso o più semplicemente di trauma relazionale precoce, si verificano in maniera ripetuta durante l’infanzia e l’adolescenza (o non si combinano a particolari fattori di protezione) determinano uno sviluppo traumatico e, come abbiamo visto, possono causare disturbi della dimensione dissociativa e un’ampia vulnerabilità psicopatologica e fisica[4].

I risultati di uno studio prospettico indicano che il neglect e la violenza verbale durante l’infanzia sono le esperienze traumatiche maggiormente associate allo sviluppo di disturbi e sintomi dissociativi nell’adulto.[5]

[1] Liotti Giovanni, Trauma e dissociazione alla luce della teoria dell’attaccamento, Atque n.20-21, 1999-2000

[2] Main M., Hesse E., Parents’ Unresolved Traumatic Experiences are related to Infant Disorganized Attachment Status: Is frightened/frightening parental behavoiur the linking mechanism?, Attachment in the Preschool Years, Chicago: University of Chicago press, 1990

[3] Liotti G., La Dimensione interpersonale della Coscienza (II Ed.), Roma: Carocci, 1994/2005

[4] Carlson EA, Yates TM, Sroufe LA, Dissociation and the Development of the Self. In Dell P., O’Neil JA (Eds.), Dissociation and Dissociative Disorders: DSM-IV and beyond. New York: Routledge, 2009

[5] Farina B., Liotti G., Dimensione dissociativa e trauma dello sviluppo, in Cognitivismo clinico, Università Europea di Roma, 2011

di Alessandra Serio

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