tecniche interrogatorio

Tecniche di interrogatorio per rilevare la menzogna

L’interrogatorio si svolge sulla base di tre regole empiriche. In primo luogo si deve «riuscire ad avere una conoscenza preliminare del soggetto da interrogare» (Cannavicci 2006, p. 9). Solo conoscendo il soggetto si può scegliere la strategia più adeguata da seguire. Per ottenere tale conoscenza è utile iniziare la conversazione chiedendo notizie in generale sulla vita (sulla famiglia, studi, lavoro, amicizie, ecc.)

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Le notizie che si raccolgono in questa fase possono sembrare poco utili, tuttavia sono importanti perché iniziano ad instaurare una relazione interpersonale, creando una “atmosfera” emotiva, sulla base della quale potranno essere comprese ed interpretate le notizie che successivamente si raccoglieranno (Ibidem).

È importante creare un clima adatto e rassicurante per l’esaminato, aumentando così la possibilità di una proficua collaborazione con l’autorità giudiziaria (De Leo, Scali e Caso, 2005)

«La seconda regola da tener presente è che chi interroga non deve avere fretta, non deve porsi un limite temporale» (Cannavicci 2006, p. 10). Chi interroga deve poter disporre del proprio tempo senza immediate scadenze e questa disponibilità di tempo deve essere trasmessa anche all’interrogato che non può così tentare di temporeggiare. Chi interroga inoltre non deve mai perdere la pazienza anche di fronte alla menzogna più spudorata ed alla reticenza più ostinata. «Con la dovuta calma e serenità, quanto più l’investigatore riesce a imprimere alla conversazione un clima di riflessione, tanto prima riuscirà ad arrivare alla “verità”» (Ibidem).

La terza ed ultima regola che l’interrogante deve tener presente è che «deve verbalizzare, ripetendo a voce alta ciò che scrive, tutte le domande e tutte le risposte che gli vengono rese» (Ibidem). Ciò che viene scritto deve essere condiviso anche dall’interrogato, poiché se queste appaiono in un secondo tempo contraddittorie, può offrire l’occasione per chiarire una risposta. In ogni caso, agli occhi dell’investigatore, le discordanze indicano la voglia di mentire dell’interrogato, di alterare la verità, cioè di una sua responsabilità, o della partecipazione dell’interrogato ai fatti oggetto dell’indagine, anche senza una sua aperta ammissione (Ibidem).

A conclusione dell’interrogatorio è opportuno porre domande che tengano a riassumere i fatti dichiarati, chiedendo al soggetto se desidera aggiungere altro, sia per sottolineare eventuali elementi trascurati, sia per mantenere il rapporto interpersonale improntato a quell’atteggiamento collaborativo di cui abbiamo fatto riferimento in precedenza(Donato 2010, p. 56).

Del verbale redatto dovrà essere data lettura integrale, dovrà essere confermato e sottoscritto dall’interrogato e da tutte le persone intervenute

Grazie a queste semplici ma fondamentali regole, l’operatore riuscirà a completare un interrogatorio, tuttavia definire un interrogatorio “sostanziale e perfetto” non è possibile. Non esiste una sola tipologia di interrogatorio universale, ogni luogo impiega modalità differenti, anche se si è tentato teorizzare alcune modalità più o meno oggettive.

Resta comunque globale lo scopo dell’interrogatorio che, per ogni paese, è quello di ottenere informazioni al fine di acquisire la “verità”.
Con il tempo e grazie alle tecnologie e al contributo di altre discipline, tra le quali la sociologia, l’interrogatorio è divenuto uno strumento ancora più prezioso per l’acquisizione di informazioni che le prove e gli atti documentali non possono “raccontare” (Cannavicci, 2006).

Scotland Yard ha sperimentato una modalità nota come “intervista cognitiva”. Questa modalità prevede una sequenza prestabilita di attività che devono essere svolte in successione, e che sono descritte con l’acronimo

«PEACE: p – preparation, è la fase di studio del fascicolo, sviluppo delle ipotesi preliminari e della scelta di una tecnica di indagine;
e – engagé o explain, è la fase di preparazione della conversazione, della raccolta delle informazioni personali e della spiegazione del ruolo
dell’interrogante come di un collaboratore della giustizia; a – account, è la fase di raccolta delle informazioni supplementari a quelle
della precedente fase; c – close, è la fase di chiusura del colloquio con il riassunto di quanto emerso; e – evaluate, è la fase di valutazione
investigativa di tutti gli elementi raccolti» (Cannavicci 2006, p. 13).

«Le fasi dell’intervista cognitiva mirano a ricreare il contesto spaziotemporale entro il quale è accaduto l’evento criminoso, poi si prende nota di ciò che riaffiora nella mente dell’intervistato, quindi si riferiscono gli eventi in ordine diverso rispetto alla normale sequenza, infine si chiede di mutare la prospettiva, come se lo osservasse un’altra persona» (Cannavicci 2006, p. 14). Anche l’FBI ha elaborato un tipo di interrogatorio strutturato abbastanza rigido che si basa su sei tempi: avviare la comunicazione, è la fase di avvicinamento in cui chi interroga assume linguaggio, atteggiamento e modi il più possibile simili a quelli dell’interrogato. Lo scopo di questa prima fase è avviare una comunicazione che induca il soggetto a parlare e collaborare anche nelle successive e più difficili fasi. L’analisi, durante la quale si osservano e si memorizzano le reazioni gestuali e posturali (la cinesica, ovvero la disciplina che studia il linguaggio dei gesti) della persona mentre risponde alle domande.

La terza fase è la verifica. In questa fase si entra nel vivo dei fatti criminosi utilizzando quesiti semplici e di tipo aperto che stimolino la persona ad esprimere giudizi e pareri personali in merito ai fatti per cui si indaga. Se le risposte dell’interrogato risultano veritiere o la persona viene ritenuta innocente l’interrogatorio si conclude, se invece ciò non accade si passa alla fase successiva. Quest’ultima è la fase di affronto, secondo la legislazione degli USA al soggetto vengono letti i suoi diritti, egli può rispondere alle successive domande oppure decidere di farsi assistere da un avvocato. Chi interroga modifica il proprio stile da colloquiale ad accusatorio, incalzante, ripetitivo ed estenuante.

La fase successiva consiste nello sviluppo del tema: si affrontano i fatti per cui il soggetto si ritiene colpevole facendogli ripetere la sua versione più e più volte, come nell’intervista cognitiva. Si va avanti fino ai primi segni di cedimento, di insicurezza e di contraddizione dell’interrogato.

A questo punto chi interroga suggerisce una motivazione “accettabile” che possa permettere all’interrogato di ammettere le proprie colpe, per favorire l’eventuale confessione. Infine si procede alla fase della riconferma, pertanto dopo la confessione entra nella stanza un altro ufficiale.

L’interrogante riferisce al collega quello che l’interrogato ha appena detto, ottenuta nuovamente una conferma dall’interrogato, il collega esce dalla stanza.

Lo scopo della riconferma è quello di avere un altro teste d’accusa al processo ed incrementare la pressione psicologica sull’interrogato che
possa farlo desistere dal ritrattare quello che ha detto (Cannavicci, 2006). Due tecniche di interrogatorio generalmente utilizzate oggi (alcune di quelle sopra citate non sono utilizzabili) sono: il test della domanda controllo (control question test) e il test della conoscenza colpevole (guilty knowledge technique)».

Il test della domanda di controllo comporta la misurazione di risposte fisiologiche per determinare se una persona sta mentendo. Il test di conoscenza colpevole, d’altro canto, comporta la misura di risposte fisiologiche per determinare se una persona ha una certa conoscenza che solo la persona colpevole potrebbe avere (Caso e Vrij, 2009).

Un’altra modalità di interrogatorio è chiamata “tecnica Reid”. Questo metodo vuole rompere la resistenza del soggetto e a superare tutte le
eventuali indicazioni, fino ad ottenerne la confessione. Molte indagini possono essere risolte soltanto tenendo una confessione, ma solo
nell’ipotesi di sorpresa in flagranza si può acquisire facilmente la confessione dell’autore del reato.

Nelle altre ipotesi la confessione si può ottenere soltanto attraverso lunghi interrogatori, utilizzando tattiche di persuasione. Per poter ottenere una confessione è necessario superare la resistenza del sospettato (Caso e Vrij, 2009). A seconda della personalità i sospettati vengono distinti in due categorie: i «sospettati emotivi», dai quali ci si aspetta provino sentimenti di stress, angoscia e rimorso in
relazione ai crimini commesso, ad essi è rivolto un approccio comprensivo.

I «sospettati razionali», invece, normalmente non provano rimorso per l’offesa commessa e non si lasciano coinvolgere emotivamente, a costoro è riservato un approccio basato esclusivamente sullo studio dei fatti (Caso e Vrij, 2009).

Articolo di Rossella Cataleta

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