Teoria del Regret di Loomes e Sugden

TEORIA DEL REGRET di Loomes e Sugden

Di Ilaria Polidori

La teoria del regret fu proposta in maniera indipendente da Bell (1982) e da Loomes e Sugden (1982), negli anni ottanta.

Essa nasce, come le precedenti, dall’inadeguatezza della teoria dell’utilità attesa a spiegare determinati comportamenti degli individui – comportamenti comunemente assunti come irrazionali,

perché in contrasto con quel corpus di assiomi che si ritiene rappresentino l’essenza del comportamento razionale in situazioni di incertezza. Tuttavia, la novità vera di questa teoria, rispetto alle altre che nascono dal medesimo intento, è di non considerare le violazioni a quelli che sono gli assiomi convenzionali come espressione di irrazionalità. Dicono a tal proposito Loomes e

Sugden (1982): “…la teoria del regret fa più che predire determinate sistematiche violazioni alla teoria dell’utilità attesa: indica che un comportamento di questo genere non è del tutto irrazionale…” e aggiungono “…non è meno razionale agire in conformità della teoria del regret e la convenzionale teoria dell’utilità attesa, mostra una nozione restrittiva di razionalità…”

Ma come e perché Loomes e Sugden giungono a questa conclusione? Per capirlo dobbiamo illustrare la loro teoria nei suoi punti fondamentali. Essi partono da alcune ipotesi.

Anzitutto che le probabilità (che uno stato del mondo possa accadere) siano date a priori, proprio come nel modello di Von Neumann e Morgestern.

In secondo luogo, che ogni individuo abbia una funzione di utilità choiceless (priva di scelta); essa rappresenta l’utilità che deriverebbe ad un individuo da un determinato effetto X, se questi

lo avesse subìto senza aver avuto la possibilità di sceglierlo. Per esempio potrebbe essere stato costretto dalle forze della natura a subire l’effetto X, o gli potrebbe essere stato imposto da un governo dittatoriale.

In terzo luogo, una funzione di utilità che sia frutto di una libera scelta. Quest’ultima funzione è centrale nella struttura della teoria, infatti essa non è analoga alla funzione di utilità di Von Neumann e Morgestern, poiché essa incorpora al suo interno i due concetti di regret e rejoicing ed in quanto tale essa viene ad essere una funzione di utilità modificata.

Per capire meglio il significato della funzione di utilità modificata, supponiamo che un individuo debba scegliere tra il compiere l’azione A1 o l’azione A2, alle quali sono associati gli effetti, rispettivamente, X1 e X2. Sceglie A1 e allora si verifica l’effetto X1. Ora sa che se avesse invece scelto A2, starebbe provando X2. Quello che si assume in questa teoria, è che il piacere psicologico associato con l’effetto X1, in queste circostanze, non dipende solo dalla natura di X1, ma anche dalla natura di X2: se X2 è un effetto più desiderabile di X1, l’individuo molto probabilmente

proverà rammarico (regret): potrebbe riflettere su quanto migliore sarebbe stata la sua posizione se avesse scelto diversamente, e questa riflessione potrebbe ridurre il piacere derivante da X1. Al contrario, se X1 fosse la conseguenza più desiderabile, potrebbe provare quello che in questa teoria viene chiamato rallegramento (rejoicing), cioè l’extra-piacere associato con la consapevolezza che, per come sono andate le cose, ha preso la decisione migliore.

La maggior parte delle persone hanno provato e provano quotidianamente, questo tipo di esperienza. Per dimostrarlo, Loomes e Sugden invitano a mettere a confronto determinate

sensazioni derivanti da situazioni differenti. Dicono gli Autori: si metta a confronto la sensazione di una perdita di 100 sterline, derivante da un aumento delle aliquote d’imposta sul reddito – perdita che non si può far nulla per evitare – con la sensazione di una stessa perdita (100 sterline) dovuta ad una scommessa sulle corse dei cavalli.

L’ipotesi propugnata dalla teoria è che la maggior parte delle persone considereranno la seconda esperienza più dolorosa, perché ispira il regret.

Al contrario, se si paragona l’esperienza di un guadagno di 100 sterline derivante da una riduzione delle imposte sul reddito, con quella di una vincita di 100 sterline ad una scommessa, risulterà che la maggior parte delle persone considerano la seconda esperienza più piacevole.

Alla luce di queste considerazioni, Loomes e Sugden ritengono che, una volta che gli individui hanno provato le sensazioni di regret e rejoicing essi agiranno sempre tenendole in debita considerazione: tenteranno di anticipare queste sensazioni e tenerle in conto quando dovranno prendere una decisione in condizioni di incertezza. Ed è in questo modo che si spiega la

posizione di Loomes e Sugden illustrata all’inizio: comportamenti assunti come irrazionali dalla teoria dell’utilità attesa, sono in realtà perfettamente razionali (o almeno hanno una loro razionalità), in quanto gli individui agiscono, in determinate circostanze in modo da massimizzare le previsioni legate alla funzione di utilità modificata.

Quest’assunzione, spiegano gli Autori, è in grado di produrre implicazioni coerenti con l’evidenza empirica, purtuttavia essa non è in grado di spiegare in toto, neanche lontanamente l’enorme quantità di prove accumulate dai vari ricercatori nell’ambito dell’indagine sulla scelta in condizioni di incertezza. E così, sebbene la Regret Theory abbia un’indubbia rilevanza nel quadro di un approccio comportamentista alla teoria microeconomica della domanda, purtuttavia essa incontra il grande limite di non poter essere considerata una reale alternativa, completa ed esaustiva alla teoria dell’utilità attesa[1]

 

 

 


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[1] Per la verità questo è il limite di tutte le teorie alternative a quella dell’utilità attesa, che è poi il motivo per cui esse, pur godendo di un indubbio successo, non sono riuscite però a soppiantarla.

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