Tipi di Cyberbullismo: Statistiche e Numeri in Italia

Per la comprensione del  fenomeno del cyberbullismo nascono gruppi di ricerca italiani ed internazionali finalizzati allo studio, il monitoraggio e il confronto dei dati utili a poter intervenire su questa problematica sociale. Nel 2012 Mensini, Nocentini et. al. (2012) prendono in considerazione in base al sesso di appartenenza, le diverse tipologie di attacco cyber.

Modalità Cyber  Maschi Femmine
flamming 17% 8,7%
denigration 10,2% 6,2%
esclusion 8,4% 3,8%
impersonation 6,2% 4,1%

I dati riportati in tabella, mostrano chiaramente che le modalità di attacco mutano linearmente  nelle due categorie. I ricercatori  del cyberbullismo concordano nell’affermare che i nuovi i cyberbulli prediligono canali che offrono forme di comunicazione immediata e veloce, e che internet e i cellulari possiedano queste caratteristiche a pari merito, ma i dati appaiono discordanti su quali dei due sia il mezzo più diffuso (Ortega, Calamestra, Merchan, 2008). Slonje e Smith, (2008) hanno riscontrato che vi è un sostanziale equilibrio nell’uso dei mezzi, mentre i dati della ricerca di Ortega et al. mostrano, come gli episodi di cyberbullismo effettuati tramite il cellulare, siano nettamente superiori rispetto a internet.

Slonje&Smith Ortega
internet 8,6% internet 6,8%
cellulare 8,6% cellulare 9,1%

Un maggiore accordo, si riscontra invece sulla differenza dell’impatto emotivo che questi due mezzi hanno nella vittima. Sia Slonje e Smith (2008) che Ortega et al. (2009)  rilevano che, gli episodi di cyberbullismo effettuati con il telefonino sono generalmente collegati a più alti tassi di preoccupazione. Risulta opportuno evidenziare che la diffusione degli smartphone, con la possibilità di navigare in rete direttamente dal cellulare, ha di fatto azzerato la distanza tra i due media, rendendo meno rilevante la distinzione sopraesposta. Prendendo in considerazione la variabile dell’età, si assiste a un incremento sostanziale di episodi cyber nel passaggio dalla scuola media inferiore a quella superiore, evidenziando come il fenomeno sia prerogativa dell’ età adolescenziale. Ybarra e Mitchell (2004) in un’ indagine con campione composto da minorenni di fascia compresa fra i 10 e i 17 anni, segnalano  che con l’aumento dell’età si registra un progressivo incremento di episodi di cyberbullismo (Ybarra, Mitchell, 2004).

 

cyberbullismo 10-12 anni 13-14 anni 15-17 anni
cybervittime 22% 31% 47 %
cyberbulli 7,8% 27,4% 64,8%

In linea con la ricerca di Ybarra e Mitchell, i dati italiani raccolti attraverso il progetto An investigation into forms of peer-peer bullyng at school in pre-adolescent groups:new instruments and preventing strategies finanziato all’ interno del Progetto DAPHANE II[1], dimostrano come la variabile di età, sia incisiva nel ruolo del bullo ma non altrettanto rilevante nel ruolo della vittima.

Atti cyber 12-13 anni 14-15 anni 16-17 anni
cellulare 26,3%% 45,8% 27,9%
internet 20,5% 42,4% 37,1%

Inchieste più recenti confermano che la fascia di età maggiormente coinvolta in questo fenomeno è quella che va dai 13 ai 15 anni (Slonje, et al. 2012). Un’altra variabile studiata, nelle ricerche volte allo studio cyber è il sesso di appartenenza, ma i risultati emersi non appaiono completamente concordi.

Un primo gruppo di ricerche (Hinduja, Patchin, 2008; Smith et al. 2008; Williams, Guerra, 2007) mostrano che non vi sia differenza di genere, mentre da un secondo filone di studi emerge che siano le ragazze le più coinvolte nel cyberbullismo. In riferimento a questo  Kowalski e Limber (2007) rilevano un coinvolgimento maggiore del genere femminile sia nel ruolo dei bulli che di vittime, mentre Lì (2007) osserva una maggiore rappresentazione delle ragazze nel ruolo di vittima. Ortega, Clamestra e Merchan (2008) motivano che questi dati discordanti  sono dovuti al fatto  di aver preso in considerazione il cluster  del mezzo elettronico accanto alla variabile di genere; le ragazze infatti risultano essere in misura maggiore vittime attraverso il cellulare. Non emergono invece differenze di genere  se si considera l’utilizzo di internet.

Dai dati acquisiti, nonostante le varie ricerche evidenziano alcune differenze, i risultati appaiono concordi nel delineare il cyberbullismo come un fenomeno che coinvolge in maniera omogenea l’intera popolazione adolescenziale (Genta, Brighi, Guarini, 2014). Un elemento distintivo del cyber bullismo, considerato un cluster, è l’anonimato. Nello studio condotto da Li (2007) si evidenzia che circa la metà delle vittime ignora l’identità dell’aggressore, percentuale che sale al 69% se si prende in considerazione il cyber perpetuato solo attraverso internet. In riferimento al bullismo elettronico condotto esclusivamente attraverso il cellulare, i dati italiani mostrano come le percentuali di anonimato siano più basse  (28,9%) e che spesso il bullo frequenta la stessa scuola della vittima; dato indicativo che mostra  che l’attacco cyber tramite cellulare sia più congiunto al mondo scolastico, mentre il bullismo in rete è riferito ad un pubblico vasto ed eterogeneo: distinzione che appare rilevante per le politiche di prevenzione ed intervento.  (Genta, Brighi, Guarini, 2014) Un altro elemento, rilevato nell’analisi della letteratura scientifica, riguarda il silenzio delle vittime del bullismo elettronico. Nello studio di Slonje e Smith (2008)  volto ad indagare i confidenti scelti dalla vittime affiora, che

 

Le vittime si sono confidate con
nessuno 43,7%
un amico 26,8%
un genitore 15,5%
un adulto di riferimento 8,5%

L’elemento eloquente di questa ricerca è che nessuna vittima abbia scelto l’insegnate come confidente, mentre questa figura viene invece utilizzata come supporto dal 9,6% dei ragazzi  italiani che subiscono atti di cyberbullismo mediante il cellulare (Genta, Brighi, Guarini, 2014). Secondo questi autori la discordanza dei dati, è dovuta alla variabile tecnologica presa in considerazione, come evidenziato precedentemente le molestie tramite cellulare sono legate al mondo scolastico, contesto che rende le vittime più propense a parlarne con i loro insegnanti. L’impatto che l’aggressione cyber ha sulla psiche della vittima varia a seconda dell’ intensità e della frequenza degli atti di sopruso; negli Stati Uniti si sono verificati molti casi in cui le vittime di aggressioni elettroniche, subendo pressioni psicologiche estreme, sono arrivate al suicidio. Gli episodi sono così frequenti e numerosi che hanno dato origine a un nuovo termine: il Cyberbullicide  (Hinduja, Patchin, 2009). Hinduja e Patchin approfondirono lo studio degli stati emotivi derivati dagli attacchi cyber.

 

Sentimenti cybervittime elementari medie superiori
rabbia 33% 34,4% 32,4%
frustrazione 33,3% 31,6% 30%
tristezza 33,3% 24,6% 18,8%

Dalla ricerca effettuata emerge che rabbia e frustrazione siano due sentimenti provati in maniera omogenea nelle diverse fasce di età, la tristezza è predominante nei bambini delle elementari, sentimento che decresce avanzando con l’età. Analizzando questi dati rispetto alla differenza di genere, le ragazze vittimizzate, dichiarano maggiormente rabbia e frustrazione per l’accaduto, mentre i ragazzi manifestano più sentimenti di imbarazzo e preoccupazione per la loro immagine sociale. Secondo questi autori, inoltre, gli effetti del bullismo elettronico non si ripercuotono solo sui sentimenti delle vittime, ma vanno ad intaccare anche il benessere psicologico. Da una ricerca pubblicata su Jama Pedriatrics nel marzo del 2014, emerge che il cyberbullismo è fortemente correlato a condotte suicide. Il rapporto tra cyberbullismo e suicidio non è  ancora stato esplorato ampiamente, ma casi di cronaca suggeriscono che sia un alto fattore di rischio. Una nuova analisi proveniente dai paesi bassi ha verificato la consistenza di questa ipotesi, esplorando la letteratura medica disponibile sull’argomento. Questa meta-analisi ha esaminato 34 studi incentrati sul rapporto tra bullismo e tentativi di suicidio; sono stati presi in considerazione 284.375 casi di suicidio e si è trovata un’associazione tra bullismo e ideazione di suicidio in 70.102 ragazzi tra i 9 e i 21 anni, sebbene i ricercatori ribadiscono che questi dati provengono da studi esigui, sembra esserci conferma che in generale la vittimizzazione può esser considerata un fattore di rischio. Un preoccupante studio, riportato da Shaheen Shariff e Dianne Hoff  (2007) ha rilevato che la conoscenza di cyberbullismo da parte del caregivers è minima. L’indagine ha mostrato che il 56% dei genitori non sono preoccupati che i loro figli possano essere vittime di bullismo elettronico, minimizzando l’impatto che può avere questo fenomeno nella vita dei ragazzi, e che il 19% ritiene tali episodi rari e quindi irrilevanti. La mancanza di percezione della gravità del fenomeno, porta ad un’assenza di supervisione e monitoraggio da parte dell’adulto.

[1] Daphne II 2004-08 è un progetto promosso dall’Unione Europea con lo scopo di sollecitare una sensibilità diffusa contro la violenza, in particolare verso donne, bambini e immigrati considerati soggetti a rischio di marginalizzazione e attuare interventi di ricerca e politiche di contrasto.

di Alice Maggini

Scrivi a Igor Vitale