trattamento del trauma con il farmaco

Trattamento del trauma con il farmaco

Nell’affrontare il tema del trattamento del Disturbo post-traumatico da stress (DPTS) è necessario prendere in considerazione, in primo luogo, le particolarità della presentazione sintomatologia del disturbo, nel quale troviamo, variamente mescolati, sintomi d’ansia, di panico, depressivi, dissociativi, evita menti, alterazioni mnesiche.

Le linee guida per il trattamento del DPTS, tracciate dalla International Society for Traumatic Stress Studies (ISTSS), indicano una seria di step, che vedono ai primi posti, nei criteri di scelta, il debriefing psicologico e la psicoterapia cognitivo-comportamentale, seguiti dal trattamento farmacologico e da altri approcci psicoterapeutici, riabilitativi, psicosociali (EMDR, ipnosi, terapia di coppia e di gruppo, psicoterapia psicoanalitica).[1] Appare evidente la preponderanza di trattamenti di tipo psicologico, di varie cornici epistemologiche; in particolare la psicoterapia cognitivo-comportamentale viene considerata di prima scelta rispetto al trattamento farmacologico, anche nella profilassi (trattamento delle prime fasi dell’Acute Stress Disorder, ASD).[2] Negli ultimi anni, in concomitanza con il rilievo particolare dato dalla dissociazione peritraumatica quale fattore di rischio per lo sviluppo di DPTS, l’EMDR e l’ipnosi stanno assumendo una posizione di maggior rilievo tra le scelte terapeutiche. Il razionale della scelta del trattamento farmacologico risiede nelle evidenze sempre più numerose, di una serie di anomalie a carico dei diversi sistemi psicobiologici. I dati più significativi in questo senso riguardano alterazioni dei meccanismi noradrenergici e dell’asse ipotalamo-ipofisi-adrenocorticale (HPA). Inoltre, determinante per la scelta del trattamento farmacologico è l’alto tasso di comorbilità del DPTS con altri disturbi psichiatrici che rispondono alla terapia farmacologica (depressione, disturbo di panico). Altro dato emergente è la necessità di iniziare la terapia (psicologica r farmacologica), entro le 72 ore successive all’evento traumatico, come profilassi per i soggetti che sviluppano un ASD.

Affrontare la questione del trattamento farmacologico del Disturbo post-traumatico da stress (DPTS) richiede il dover prendere in considerazione, in primo luogo le particolarità della presentazione sintomatologica del disturbo, nella quale troviamo, variamente mescolati, sintomi d’ansia, sintomi di panico ed evita menti, sintomi depressivi, sintomi dissociativi, alterazioni mnesiche. In relazione a tale multiformità sintomatologica si pongono questioni di “specificità diagnostica” del DPTS (trauma-spectrum psychiatric disorders), delle vaste aree di sovrapposizione con altri disturbi psichiatrici nei quali sono presenti questi stessi sintomi: i disturbi dissociativi, il disturbo di panico (DP), il disturbo borderline di personalità, la depressione maggiore.

L’International Society for Traumatic Stress Studies (ISTSS) ha provveduto, nel 1997, alla stesura di alcune linee guida per il trattamento del DPTS, pubblicate nel 1994 le quali si articolano fondamentalmente così:[3]

  • Debriefing psicologico,
  • Terapia cognitivo-comportamentale,
  • Farmacoterapia,
  • Trattamento del DPTS pediatrico,
  • EMDR ed altri approcci ateoretici al trattamento dei DPTS,
  • Psicoterapia di gruppo del DPTS,
  • Psicoterapia psicoanalitica del DPTS,
  • Trattamento in ambito lavorativo,
  • Tecniche di riabilitazione del DPTS,
  • Terapia di coppia e familiare,
  • Ipnosi,
  • Terapie artistiche e creative.

Appare evidente la preponderanza dei trattamenti di tipo psicologico, individuali, di coppia e familiari, di varie cornici epistemologiche; in particolare, la terapia cognitivo-comportamentale viene considerata di prima scelta rispetto al trattamento farmacologico.

In generale nella grande maggioranza degli studi sul trattamento del DPTS, le terapie psicologiche risultano avere una maggiore efficacia rispetto a quelle farmacologiche ed hanno un minor tasso di drop-out. Questi dati sono probabilmente in parte da attribuire sia al fatto che nel passato venivano utilizzati in prevalenza farmaci antidepressivi (TCA, IMAO) e ansiolitici (BDZ) con un basso profilo di tolleranza e con effetti collaterali pesanti, sia al fatto che questi agivano genericamente sugli aspetti depressivi e ansiosi del paziente con DPTS, senza intaccarne il nucleo specifico (iperarousal e/o dissociativo), sia al fatto che spesso soprattutto negli studi più datati, i pazienti selezionati come campione abusavano di droghe e/o alcool, con evidenti effetti di interazione negativa sull’efficacia del farmaco testato.

D’altro canto, le diverse psicoterapie indicate dalle linee-guida sembrano abbracciare, oltre agli aspetti più strettamente sintomatici e la struttura cognitivo-emozionale del soggetto con DPTS, tutti i settori della sua vita quotidiana, intaccati e spesso gravemente alterati dall’insorgenza del disturbo: la coppia, la famiglia, le relazioni sociali e professionali.

 

Utilità della terapia farmacologica

L’utilizzo della terapia farmacologica pertanto, secondo i membri della task force e diversi altri autori, non è ritenuto automatico né di scelta nel trattamento del DPTS, mentre vengono privilegiati gli approcci di tipo psicologico.

Tuttavia è evidente come in alcune circostanze il farmaco risulti di più facile somministrazione rispetto ad un trattamento psicologico, inoltre l’avvento degli SSRI, con la loro selettività di azione sia sulla serotonina sia su alcune dimensioni più “centrali” del DPTS (impulsività, aggressività), l’impiego di altre sostanze con obiettivi analoghi (anticonvulsivanti, litio, stabilizzatori dell’umore), e alcuni approfondimenti di tipo neurobiologico sui meccanismi di insorgenza del disturbo hanno ridefinito, in parte, la questione dell’impiego dei farmaci nel DPTS.

La decisione della scelta degli psicofarmaci sembrerebbe riporre sulle evidenze, sempre più numerose, di una serie di anomalie a carico di diversi sistemi psicobiologici in questi pazienti. I dati più significativi in questo senso riguardano alterazioni dei meccanismi adrenergici e dell’asse ipotalamo-ipofisario-adrenocorticale (HPA), l’aumento dell’attività fisiologica.

Un altro elemento che favorirebbe la scelta di un trattamento psicofarmacologico è il riscontro di una frequentissima comorbilità con altri disturbi psichiatrici che rispondono ai farmaci (depressione maggiore, DP).

Da un punto di vista strettamente clinico, un altro elemento a favore dell’utilizzo della terapia farmacologica sia nell’evidenza che, una volta ridotti i sintomi di iperarousal, il paziente risulta coinvolto con una maggiore efficacia nella psicoterapia.

L’insieme di questi dati farebbe del trattamento farmacologico una delle importanti opzioni della terapia del DPTS, il quale pertanto sembrerebbe più indicato in alcune situazioni: in combinazione con gli approcci psicologici, nei pazienti contemporaneamente depressi, nei pazienti ‘non responder’ alle terapie psicologiche e, più in generale, in tutte quelle situazioni in cui il trattamento psicoterapico non sia facilmente disponibile.

Nella pratica clinica, è importante definire con sufficiente esattezza che tipo di effetti ci si aspetta di ottenere con la terapia farmacologica, ovvero quali siano gli obiettivi dei singoli farmaci utilizzati. Secondo la maggior parte degli autori, i goal della terapia farmacologica del DPTS sono, nell’ordine:

  • Migliorare i sintomi principali del DPTS (re-experiencing, avoidance/emotional numbing, hyperarousal);
  • Migliorare il funzionamento,
  • Migliorare la sintomatologia dei disturbi psichiatrici (depressione, disturbo d’ansia, uso di sostanze) associati al DPTS
  • Prevenire le ricadute.

Recentemente sono stati proposti schemi di trattamento per la fase acuta dell’Acute Stress Disorder (ASD), considerati, allo stesso tempo, profilattici sullo sviluppo successivo del DPTS. Tali schemi, da applicare dalle primissime ore successive all’evento traumatico, prevedono interventi sia di tipo farmacologico sia psicoterapeutico.

Il trattamento psicoterapeutico prevede una seduta di psicoterapia cognitivo-comportamentale entro 72 ore dall’evento ( fase acuta); come profilassi si raccomanda di iniziare il trattamento entro 2-5 settimane dall’evento, con una frequenza di 3-4 sedute a settimana.

Il trattamento farmacologico viene suddiviso in step successivi, seguendo sia criteri temporali sia di presentazione clinica.  La somministrazione di un beta-bloccante (propanololo 40 mg/2-3-4 volte die) a partire da qualche ora dopo l’evento, per un periodo di 10-20 giorni, sembra ridurre il rischio di sviluppare sintomi di DPTS a distanza di un mese, e sembra produrre una riduzione della risposta fisiologica ai remender a tre mesi.

Due studi controllati, condotti in reparti di terapia intensiva su pazienti critici, evidenziano come la somministrazione prolungata di glucocorticoidi risulti in una riduzione statisticamente significativa del rischio di sviluppare DPTS. Questo effetto protettivo potrebbe essere spiegato con una menomazione indotta dal cortisolo sulla rievocazione delle memorie traumatiche.

Se sono presenti disturbi del sonno, si raccomanda l’aggiunta di basse dosi di tradozone (50-150 mg alla sera), mentre è sconsigliato l’impiego delle benzodiazepine.

Se i sintomi sono di particolare gravità e persistono per oltre un mese, si consiglia l’introduzione di un adrenergico ( 2-3 mg prima di dormire), mentre l’aggiunta di uno stabilizzatore è da prendere in considerazione nel caso siano presenti e persistenti sintomi di aggressività- rabbia.

Date le molteplicità delle alterazioni psicologiche e la ricchezza e multiformità delle manifestazioni sintomatologiche del DPTS (sintomi d’ansia, sintomi depressivi, sintomi somatoformi, sintomi dissociativi), diverse classi di psicofarmaci sono state utilizzate per il trattamento nel corso del tempo, con diversi target:

  • Antidepressivi, delle diverse classi: TCA, SSRI, IMAO, tradozone, nefazodone;
  • Antiadrenergici: alfa-2 agonisti (clonidina), beta- antagonisti (propanololo), alfa-1 antagonisti (prazosina);
  • Stabilizzatori dell’umore e anticonvulsivanti: litio, carbamazepina, valproato, lamotrigina;
  • Benzodiazepine;

La task force ha messo a punto una graduatoria di questi farmaci:

  1. SSRI (sertralina/fluoxetina – livello A; paroxetina/fluvoxamina – livello B): trattamento considerato di prima scelta; riducono sintomi DPTS, inducono un miglioramento globale; efficaci sulle sindromi di comorbilità; relativamente pochi effetti collaterali; sembrano meno efficaci sui veterani del Vietnam rispetto ad altri DPTS.
  2. IMAO (fenelzina – livello A; moclobemide – livello B): efficaci sui sintomi del cluster B (re-experiencing); qualche effetto sui sintomi del cluster C (avoidance), miglioramento globale; sembrano avere efficacia sovrapponibile sui veterani Vietnam e su altri DPTS; efficaci su sintomi di depressione e di panico; effetti collaterali pesanti, restrizioni dietetiche.
  3. TCA (impramina/amitriptilina – livello A; desipramina – livello B): target sovrapponibile agli IMAO, meno eficaci; meno effetti collaterali degli IMAO, più degli SSRI; maggiore efficacia degli SSRI sui veterani combattenti.
  4. ANTIADRENERGICI (clonidina/propanololo – livello C): riducono arousal, riesperienza del trauma, forse sintomi dissociativi; abbastanza sicuri (monitoraggio funzione cardiaca, pressione arteriosa).
  5. ANTICONVULSIVANTI (carbamazepina/valproato – livello B): riducono sintomi del cluster D (iperarousal) (vale per entrambi), sintomi del cluster B (solo carbamazepina), sintomi del cluster C (solo Valproato); effetti collaterali significativi;
  6. BENZODIAZEPINE (alprazolam – livello B; clonazepan – livello C): effetto anti-arousal tipico, senza ridurre i sintomi dei cluster B o C; controindicate in paziente con abuso presente o passato di alcool/farmaci; rallentamento motorio e sintomi depressivi; come ionoterapia nessun vantaggio rispetto alle altre classi di farmaci; efficaci come trattamento aggiuntivo sui disturbi del sonno o su sintomi d’ansia.
  7. ALTRI SEROTONINERGICI: nefazodone – livello B; tradozone – livello C; ciproeptadina/buspirone – livello F): nefazodone: sonno e aggressività; tradozone: in unione con SSRI per controllare l’insonnia indotta da questi.
  8. ANTIPSICOTICI (tioridazina/clozapina/risperidone – livello F): non farmaci di prima scelta (report aneddotici); utili nei ‘not-responders’ ai farmaci di prima scelta; effetti collaterali.[4]

[1] Effective Treatments for PTDS practice guidelines for the International Society for traumatic Stress Studies, II edition; editor: Edna B. Foa, Terence M. Keane, Matthew J. Friedman, Judith A. Cohen.

[2] Uniche differenza con il DPTS sono la durata dei sintomi e la presenza di sintomi dissociativi. L’Acute Stress Disorder (ASD) ha una durata che varia da pochi giorni ad un mese circa ed inoltre presenta sintomi dissociativi quali amnesia dissociativa, fuga dissociativa, depersonalizzazione e derealizzazione.

[3] Vedi nota n.10

[4] Trattamento farmacologico del disturbo post-traumatico da stress, A. Siracusano, C. Niolu, anno 2006

Articolo di Silvia Bartolomucci

 

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