Trauma Psicologico: cura, trattamento, terapia

Gli scopi delle terapie per il DPTS

Secondo Mardi Horowitz[1] -che è uno dei massimi esperti nella valutazione e nel trattamento del DPTS e in generale delle sindromi di stress post-traumatico nonché inventore di una modalità di trattamento integrato, basato sui modelli cognitivo-comportamentale, interpersonale e psicodinamico breve- gli scopi del trattamento delle sindromi di stress sono:

  • Stabilire un senso di sicurezza;
  • Migliorare le abilità decisionali e di fronteggia mento adattativo;
  • Stabilire un’idea realistica di sé, come persona stabile, coerente, competente e degna;
  • Migliorare la competenza per le funzioni sociali, familiari e personali;
  • Migliorare la preparazione razionale e la resilienza agli stressor futuri.

 

Il paziente con DPTS, data la sua condizione, deve essere protetto da una serie di pericoli: gli incidenti dovuti alla minore attenzione e ai tempi di reazione ridotti, le decisioni inadeguate e prese sulla base di convinzioni erronee o di ripetizioni compulsive, la stigmatizzazione sociale conseguente a perdite, ferite, colpa o vittimizzazione, la demoralizzazione o il suicidio (per menomazione del senso di identità e perdita di senso), la cattiva regolazione chimico-fisiologica dovuta a forte stanchezza, incremento degli ormoni dello stress,  abuso di sostanze o abuso  di farmaci. Donald Meichenbaum[2] è un altro psicoterapeuta che si è distinto nel campo delle teorie e del trattamento del DPTS. Dal punto di vista narrativo – prospettiva a cui l’autore si è avvicinato provenendo dalla cultura cognitivo-comportamentale – la psicoterapia può essere  considerata un metodo collaborativo di costruzione congiunta della realtà, in cui, con l’aiuto dello psicoterapeuta, il paziente arriva a “riscrivere” il suo racconto o a costruire una nuova narrazione. La letteratura scientifica sul DPTS è piena di descrizioni dei modi usati dagli psicoterapeuti per cercare di aiutare i loro pazienti a:

  • Assimilare le esperienze traumatiche
  • Inventare un nuovo significato
  • Sviluppare una teoria di guarigione
  • Rinarrare la loro vita
  • Ristrutturare e concludere la storia del trauma
  • Accettare o risolvere la loro ferita
  • Ricostruire gli assunti infranti
  • Sviluppare nuovi schemi mentali e cercare un completamento
  • Riconoscere ed elaborare i ricordi
  • Ricostruire il Sé e fornire nuove prospettive e riguardo al passato
  • Sviluppare una loro voce e non ripetere la voce del perpetratore

 

Che cosa hanno in comune tutti questi compiti psicoterapeutici?

La risposta è: la necessità che i pazienti narrino le loro storie in modo diverso. I pazienti arrivano in psicoterapia portando un racconto che riflette un senso di vittimizzazione, demoralizzazione, impotenza e disperazione.  Si sentono “vittimizzati” dalle circostanze, dai loro  stati d’animo e dai loro pensieri, e dalla mancanza di un sostegno da parte degli altri. Ciò è vero in modo particolare se hanno una storia di vittimizzazione.

Cosa possono fare gli psicoterapeutici per aiutare i pazienti a non raccontarsi più come “vittime” e a parlare invece di sé di “sopravissuti” o di persone che possono “stare bene”? Inoltre, cosa possono fare per aiutare i pazienti con DPTS a sviluppare le abilità di fronteggiamento interiori e interpersonali necessarie per gestire il DPTS e la sintomatologia associata, a gestire eventuali occasioni di ricaduta, nonché a sviluppare le abilità necessarie per ridurre la probabilità di una nuova vittimizzazione?[3]

Meichenbaum[4] ha fornito una descrizione dettagliata dei modi per compiere queste azioni terapeutiche. Gli elementi terapeutici principali possono essere indicati in un elenco di punti che costituiscono i compiti psicoterapeutici principali. In sintesi, la costruzione di una nuova narrazione emerge da ciò che il paziente farà concretamente per rimodellare la sua vita. I pazienti devono compiere degli “esperimenti personali” nella loro quotidianità; questi esperimenti forniranno loro delle nuove informazioni che potranno essere utilizzate per modificare assunti e convinzioni disfunzionali su di sé e sul mondo. Devono cominciare a raccontare a se stessi storie nuove che consentano loro di passare dal considerarsi “vittime” a considerarsi “sopravissuti”. Per esempio, in un caso clinico la paziente inizialmente si vedeva come una “vittima ostinata” e nel corso del trattamento giunse a considerarsi una “sopravissuta tenace”. Nel corso della terapia, le fu chiesto che cosa avesse fatto che giustificasse la sua osservazione di essere una “sopravissuta tenace”. Rispondendo non si limitò a fornire informazioni al terapeuta ma riuscì anche a convincersi della sua “tenacia”. Questo è un modello di cambiamento probativo che deriva dalla prospettiva costruttiva narrativa.

La psicoterapia fornisce l’ambiente sicuro e facilmente in cui i pazienti possono cominciare a sperimentare (“provare”) la loro nuova storia. A loro volta, i pazienti possono estendere la loro nuova sfida alle loro esperienze di vita quotidiana.

 

Le componenti comuni nei trattamenti per il DPTS

Secondo il National Center for Post-Traumatic Stress Disorder (NCPTSD 2006), la terapia del DPTS di solito inizia con un assessment accurato e con la formulazione di un piano di trattamento specifico per il DPTS viene iniziato soltanto quando la persona è uscita dalla situazione di crisi. Se la persona è ancora esposta alla fonte della sua sofferenza psicologica (è ancora oggetto di violenze o abusi, è ancora senza casa), se è gravemente depressa o ha idee di suicidio, ha crisi di panico o disorganizzazione del pensiero, oppure se ha bisogno di disintossicarsi dall’alcool o da altre droghe, è importante affrontare questi problemi urgenti nella prima fase del trattamento.

Gli elementi comuni sono i seguenti:

  1. È importante che nella prima fase del trattamento il paziente e i suoi familiari siano informati su come si sviluppa il DPTS, come il disturbo si ripercuote sulla persona che ne è affetta e sulle persone vicine e sulle caratteristiche degli altri problemi che di solito accompagnano il disturbo. Per l’efficacia del trattamento il paziente deve comprendere che il DPTS è un disturbo d’ansia riconosciuto che compare in persone normali quando si trovano in condizioni estremamente stressanti.
  2. Il paziente viene in qualche modo sollecitato a ripercorrere mentalmente l’episodio. Questo permette sia di riviverlo in un ambiente sicuro e controllato, sia di esaminare attentamente le reazioni e le convinzioni relative a tale evento. L’informazione e la ricostruzione dell’evento traumatico nelle sue componenti fattuali e soggettive sono due elementi comuni non solo delle psicoterapie per il DPTS ma anche degli interventi psicologici di “pronto soccorso” e di prevenzione dello stress post- traumatico per le vittime di disastri e per i soccorritori.
  3. Elaborazione del vissuto emozionale. Nella prima fase del trattamento inoltre il paziente viene sollecitato ad analizzare e risolvere i suoi sentimenti di rabbia, vergogna o colpa, che sono molto comuni nelle persone che hanno subito un trauma.
  4. Abilità di fronteggiamento. Il paziente impara a fronteggiare meglio i ricordi, le reazioni e i sentimenti post-traumatici in modo da non lasciarsi sconvolgere da tutto ciò, da un lato, e dall’altro evitando appiattimento affettivo. In genere con la psicoterapia i ricordi traumatici non spariscono ma diventano più gestibili grazie all’uso di nuove abilità di fronteggiamento.

 

Secondo Friedman[5], vari psicoterapeuti che hanno lavorato con persone che hanno subìto eventi traumatici di vario genere (guerra, disastri naturali, ecc.) in genere concordano sul fatto che la terapia può essere divisa in tre fasi:

  • Si crea un rapporto di fiducia e un ambiente sicuro e si “conquista il diritto di accedere” al materiale traumatico che il paziente tiene molto riservato,
  • La terapia si focalizza sul trauma: esplorazione in profondità del materiale traumatico, esame dei ricordi intrusivi e dei sintomi di evitamento/ottundimento
  • Il paziente viene aiutato ad allontanarsi dal trauma e a riconnettersi alla famiglia, agli amici e alla società.

Friedman osserva che i pazienti che raggiungono la terza fase hanno integrato gli eventi post-traumatici e sono pronti a concentrarsi, quasi esclusivamente, sui problemi del hic et nuc che riguardano il matrimonio, la famiglia e altre questioni attuali.

[1] Horowitz M. Stress response sindrome. Personality styles and interventions. Aronson, Northvale, 2001

[2] Meichenbaum D. Treating Ptsd. Wiley & Sons, 1994

[3] Vedi nota 79

[4] Meichenbaum D. Treating Ptsd. Wiley & Sons, 1994

[5] Friedman M. Interrelationships between biological mechanism and pharmacotherapy of Ptsd. In Wolf M e Mosnaim D (editors). Ptsd: Etiology, Phenomenology, and Treatment. American Psychiatric Press, Washington, 1990

Articolo di Silvia Bartolomucci

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